Piccola deroga Ue sui terreni incolti
I trattori europei spingono la Commissione ad un cambiamento di rotta limitato però a quest’anno. Insoddisfatte le organizzazioni agricole. Domani manifestazione davanti al Parlamento europeo a Bruxelles durante il Vertice straordinario sul bilancio comunitario
Le carovane di trattori sulle strade di mezza Europa, i rallentamenti e i blocchi del traffico provocati negli snodi cruciali della viabilità, come si è visto negli ultimi giorni anche in varie regioni italiane, sembrano aver scosso – pur se in minima parte – i palazzi di Bruxelles dove, peraltro, domani giovedì 1° febbraio gli agricoltori provenienti dal sud e dal nord dell’Unione, per la prima volta insieme attueranno una gigantesca manifestazione di protesta in Place du Luxembourg, di fronte al Parlamento europeo in occasione del Vertice straordinario sul bilancio dell’Ue.
Non basta, infatti, agli operatori del settore – come sottolineano i rappresentanti di tutte le organizzazioni agricole – il “contentino” che la Commissione ha deciso di offrire in extremis nelle ultime ore (vedi il comunicato ufficiale), secondo cui ci sarebbe una deroga all’obbligo di mantenere il 4% di terreni incolti, ma limitata al 2024 e condizionata a ulteriori impegni ambientali, potendo accedere allo stop solo chi coltiva colture azoto-fissatrici (come lenticchie, piselli o fave) e/o colture intercalari sul 7% dei propri seminativi con anche il divieto di usare prodotti fitosanitari. In aggiunta, per le intercalari è previsto un coefficiente di ponderazione dello 0,3 per cento. In pratica, ogni ettaro reale sarebbe equiparato a 0,3 ettari.
È “una proposta con un sovraccarico di condizioni tale da limitare in modo significativo l’efficacia della misura. Il testo va modificato per aumentare effettivamente le produzioni di cereali e semi oleosi” afferma da parte sua Massimiliano Giansanti, presidente della Confagricoltura, sottolineando che “con queste condizioni, la deroga risulta poco attuabile e, quindi, poco utile” mentre andrebbe accordata “sulla falsariga del provvedimento già varato nel luglio 2022, per reagire all’instabilità dei mercati provocata dal conflitto in Ucraina. L’incertezza sullo scenario internazionale resta invariata”.
Anche per la Coldiretti la proposta della Commissione, che deve andare ora all’esame degli Stati membri, rappresenta solo un minimo passo verso l’obiettivo per il quale l’organizzazione si è battuta negli ultimi anni. Un obiettivo, ricorda il presidente Ettore Prandini, che risponde alla lunga battaglia della Coldiretti insieme alle altre grandi organizzazioni agricole europee a partire dalla francese Fnsea con la quale è stato costruito un fronte comune. “Va cancellato definitivamente l’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica agricola comune (Pac). È una scelta sbagliata come sosteniamo da anni, eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia. Non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare”.
“Domani a Bruxelles insieme alla Coldiretti ci saranno dagli spagnoli di Asaja ai portoghesi di Cap, dai belgi dell’Fwa fino ai giovani dell’FJA e molti altri che invadono la capitale dell’Unione per trasformare le proteste in risultati concreti. Coldiretti chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione europea davanti al blocco del commercio mondiale. Anche per questo – conclude Prandini – serve una decisa svolta nelle politiche Europee per valorizzare le proprie terre fertili e fermare le importazioni sleali per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno”.
A commentare la proposta della Commissione, ovviamente anche in chiave elettorale, non sono mancate poi le recriminazioni dell’ex ministro Gian Marco Centinaio, oggi responsabile del dipartimento Agricoltura e Turismo della Lega: “Nel 2018, da ministro mi opposi alla proposta di Pac che era stata presentata da Bruxelles. Poi il governo cambiò e il fascicolo passò in mano ad altri – ricorda Centinaio – Ora la presidente Von der Leyen spera di ricostruire un rapporto con gli agricoltori, ma ormai è troppo tardi per essere credibile. Mi auguro che la nuova Commissione che si insedierà quest’anno sia sostenuta da una maggioranza diversa, che capisca finalmente che l’agricoltura è un’alleata e non una nemica della transizione ambientale e che devono andare avanti insieme”.