venerdì, Maggio 17, 2024
Agricoltura

In tutta Italia proteste degli allevatori

Manifestazioni organizzate dalla Coldiretti nelle principali piazze del Paese. Chiesto aiuto al Governo contro il caro energia e i costi crescenti delle materie prime. Qualche spiraglio dalle previsioni a breve-medio termine. Assocarni contro le fake-news che penalizzano il settore

Il settore zootecnico italiano è in piena fibrillazione: l’aumento dei costi energetici, con tutto ciò che ne discende (trasporti in primis, ma anche tutto il resto degli approvvigionamenti necessari al mantenimento degli allevamenti) sta provocando un insostenibile aumento dei costi, a fronte dei quali non si registrano analoghi aumenti dei ricavi, anche se è previsto qualche leggero miglioramento della situazione nel breve-medio periodo.

Oggi intanto c’è stata l’ennesima protesta degli allevatori, scesi in piazza in varie città d’Italia cooptati dalla Coldiretti, per chiedere al Governo interventi urgenti e straordinari per il settore. Un settore peraltro bistrattato anche da alcuni male informati sostenitori della lotta ai cambiamenti climatici che, grazie a notizie fasulle sulla pericolosità delle emissioni di CO2 di cui sarebbero responsabili i bovini, conducono campagne denigratorie contro questo tipo di attività su cui si basa buona parte della economia agricola in Italia ed in Europa.

Fake news sulle emissioni

Una sequela di fake news cui, sempre quest’oggi, si è data una inequivoca risposta scientifica durante un webinar organizzato da Assocarni, Coldiretti ed MSD-Animal Health. Il metano (CO4, perché della emissione di questo idrocarburo si parla) prodotto dai bovini e dagli altri ruminanti non accresce la quantità di anidride carbonica già presente nell’atmosfera: essi non fanno altro che reimmettere in circolo quella raccolta con la fotosintesi dalle piante di cui si nutrono.

Ben altra cosa, invece, è l’anidride carbonica prodotta con l’utilizzo dei combustibili fossili, cioè di riserve energetiche prodottesi nel corso di millenni e fino a un paio di secoli fa nascoste sottoterra, che l’uomo ha sfruttato e sta sfruttando in maniera sempre più massiccia negli ultimi decenni liberando così nell’atmosfera nuove pericolose quantità di CO2.

Aspettative migliori

Oltre che riporre la speranza in un intervento del Governo, per gli allevatori italiani qualche buona aspettativa si presenta proprio grazie a quanto accaduto nei mesi scorsi negli altri principali Paesi europei produttori. Secondo un’analisi svolta sulla base dei dati di Clal.it, principale portale di riferimento del settore lattiero caseario da Fieragricola (la cui 115° edizione si svolgerà a Veronafiere dal 2 al 5 marzo prossimo), Germania e Francia lo scorso anno hanno ridotto le consegne rispettivamente dell’1,8 e dell’1,4 per cento, e la ridotta produzione dovrebbe comunque spingere al rialzo il prezzo del latte già a partire dai prossimi mesi.

Alla vigilia della stagione primaverile che, solitamente, spinge verso l’alto le produzioni di latte nell’Emisfero Nord, l’Unione europea potrebbe registrare un’accelerazione molto meno vivace rispetto agli anni precedenti, per una concomitanza di fattori che spingerebbero le stalle a rallentare la corsa, con beneficio chiaramente sui prezzi di latte, formaggi (le quotazioni delle principali Dop europee sono in crescita), burro e polveri.

 Il boom dell’energia

I dati elaborati da Teseo.Clal.it dicono che nei primi 14 giorni di febbraio i prezzi dell’elettricità sono cresciuti del 238% sullo stesso periodo del 2021, il gas naturale vale il 327% in più, il petrolio il 50% in più, i costi dei trasporti sono aumentati del 115% rispetto a febbraio di un anno fa. Una corsa insostenibile per la catena di approvvigionamento, che colpisce tutti gli anelli della filiera.

Le stalle, in aggiunta, devono fronteggiare anche i rincari legati alla mangimistica. Il prezzo del mais a uso zootecnico costava a gennaio il 32% in più rispetto a gennaio 2021 (e il 67% in più rispetto a dicembre 2019); la soia è passata dai 328 €/ton di maggio 2019 a 621,5 €/ton di media nell’ultimo mese (+89%, con una crescita del 23,3% rispetto a febbraio 2021); il fieno di erba medica pressato è quotato su valori più elevati del 36% in più al confronto con febbraio 2021 e l’erba medica disidratata in balloni è proiettata a raggiungere il prezzo record degli ultimi 22 anni (solo nel 2014 raggiunse un valore più elevato, 268 € alla tonnellata).

La questione energetica, insomma, riguarda da vicinissimo tutta la filiera agricola e in particolare quella lattiero-casearia. Tanto più che il prezzo del latte alla stalla, in Italia, continua ad essere ad un livello bassissimo (circa 40 centesimi di euro al litro) non solo riguardo al prezzo del prodotto per così dire “finito”, in latteria o sui banchi del supermercato, ma anche rispetto ai ricavi riconosciuti agli altri allevatori europei.

Bene anche l’Italia

Le proiezioni degli analisti di Clal.it ipotizzano un rafforzamento del mercato italiano nelle prossime settimane dalla quota attuale di 40,50 €/100 litri, contro una media Ue-27 dello scorso gennaio di 41,79 €/100 chilogrammi.

Anche il prezzo del latte «spot» (cioè il latte in cisterna, soggetto cioè a contratti di fornitura per un tempo non superiore ai tre mesi, il cui prezzo è rilevato settimanalmente nelle Borse merci di Verona e Milano, ndr), che già oggi si colloca su valori di 45 e 46 €/100 kg (il 22,5% in più circa rispetto ai valori di 12 mesi fa), dovrebbe mantenersi su quotazioni vivaci.

«Lo scenario di mercato non è completamente inedito, ma si potrebbe definire insolito – spiega Angelo Rossi, fondatore e direttore del sito Clal.it – I prezzi del latte spot in Italia sono più bassi rispetto a quelli rilevati in Germania, con la conseguenza che, anziché importare latte dall’estero, è l’Italia che esporta». In particolare, a trarre beneficio di mercato dall’alleggerimento dei volumi di latte prodotti in Italia ed esportati all’estero, sarebbe il circuito del Grana Padano Dop, la cui minore produzione (-2,1% a gennaio rispetto allo stesso mese del 2021) consentirebbe di alleggerire gli stock, mantenendo i prezzi di vendita soddisfacenti e trascinando su un quadrante positivo l’intero settore lattiero caseario, alla luce del fatto che il Grana Padano assorbe circa il 24% del latte prodotto in Italia.

Per il nostro Paese, dunque, potrebbe esserci ancora qualche margine di crescita delle produzioni interne di latte, dopo due anni di consegne sostenute (+4,5% nel 2020 sul 2019 e +3% nel 2021 sul 2020), anche se sarebbe prudente non eccedere. «Siamo in una fase in cui l’inflazione è aumentata e, insieme all’incognita della pandemia, potrebbe avere qualche ripercussione negativa sui consumi», spiegano dal Team di Clal.it.

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