martedì, Maggio 7, 2024
Alimentazione

Un monito dalla “9^ Giornata Nazionale”: non sprecare cibo

Due miliardi di esseri umani. Tante sono le persone che potrebbero essere nutrite con gli alimenti che ogni anno si gettano nella spazzatura o si mandano al macero in tutto il mondo. Per contrastare questa condotta e per sensibilizzare le persone ad un uso corretto del cibo, nel 2014 è stata istituita la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market con l’Università di Bologna – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari e con il Ministero dell’Ambiente (lo ricorda in un’intervista al nostro magazine il prof. Andrea Segré). In quell’occasione, il 5 febbraio 2014, furono convocati gli Stati generali della filiera agroalimentare italiana. Dal 2014 ad oggi la Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare (siamo arrivati alla sua 9.a edizione) è l’oc­casione per sensibilizzare su una questione centrale del nostro tempo e mediaquattro.it ha voluto collaborare a questa azione informativa con una pagina speciale, mostrando alcuni esempi di cosa gli operatori del settore, ma anche ciascuno di noi, può fare per raggiungere lo “spreco zero”.

Occhio all’etichetta!

Un primo passo, forse quello più importante, che ciascuno di noi può fare per contribuire a ridurre lo spreco di cibo, comincia proprio dentro la nostra abitazione e, per essere più precisi, dentro la nostra dispensa e il nostro frigorifero. Spesso, infatti (e forse più spesso di quanto ci si possa immaginare), trascuriamo di controllare la scadenza delle confezioni e in generale del cibo che abbiamo in casa, con il risultato che – quando pensiamo di poter utilizzare un prodotto qualsiasi rimasto in giacenza per un po’ di tempo – ci accorgiamo dell’inesorabile trascorrere del tempo e decidiamo che ormai quel cibo…è da buttar via. Ma è davvero così? Sappiamo veramente cosa significa tutto quel che è scritto in proposito sull’etichetta? Per sciogliere qualche dubbio mediaquattro.it si è fatta spiegare dalla dottoressa Tiziana Zottola, referente dell’Area alimentare dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana, l’esatto significato di date e diciture. E attenzione anche in occasione degli acquisti: solo se si è certi di consumare in tempi rapidi l’alimento che si sta per comprare possiamo accettare una data prossima di scadenza (il che, a volte, significa anche poter risparmiare sullo stesso prezzo di acquisto). Ma sempre, occhio all’etichetta!

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Cura e attenzione in cucina

Molta parte del cibo che viene destinato alla spazzatura proviene dalle abitazioni private. Ristoranti, mense ed in genere i professionisti del settore, compresi i pubblici esercizi e più ancora la Grande Distribuzione Organizzata (guarda in proposito la dichiarazione di Edoardo Ribeca, Consigliere e Amministratore Delegato Gruppo CR SpA), riescono a gestire con molta più accuratezza (sono le statistiche a dirlo) il carico di prodotti alimentari a disposizione. Senza contare che, in caso di rimanenze, grazie ad apposite disposizioni di legge (ultima la legge Gadda n.166 del 2016) è possibile per questi soggetti donare il sovrappiù agli organismi che operano a favore dei più bisognosi. In Europa, è stato calcolato, ogni anno è di circa 21 kg a persona il carico di prodotti alimentari che finisce in discarica: solo il 12% del totale, ad oggi, deriva dal settore della ristorazione, ma già da qualche tempo le associazioni degli chef europei si stanno impegnando per ridurre drasticamente tale incidenza sul totale. Il Presidente della Federazione Italiana Cuochi, Rocco Pozzulo, è stato molto chiaro in proposito nell’intervista rilasciata a mediaquattro.it: cura e attenzione sono gli ingredienti che ogni chef di qualità utilizza nel proprio lavoro, contribuendo così al raggiungimento dell’obiettivo.

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Industria e agricoltura, per un reciproco vantaggio

La lotta allo spreco alimentare non si fa soltanto in cucina o nei negozi: è un’attività che deve cominciare molto prima, alla base della catena di approvvigionamento, nella fase stessa di produzione. Una attenta gestione da parte dei produttori può contribuire quasi per il cento per cento all’ottenimento dell’obiettivo anti-spreco. Però, anche cercando di prevedere la maggior parte delle alee del mercato, possono verificarsi eventi negativi che vanificano gli sforzi di agricoltori e allevatori, nonché quelli degli imprenditori che si occupano della trasformazione dei loro prodotti. Ecco perché è importante che tra questi settori si instauri e si mantenga una sinergia operativa capace di limitare, se non altro, i danni derivanti dagli scompensi di programmazione. Un esempio tipico di quanto sia difficile fare previsioni esatte si è avuto in occasione della pandemia da Covid 19 che, purtroppo, da un paio d’anni sta sconvolgendo il pianeta e i mercati mondiali. Un colpo all’economia di molti territori vocati all’agricoltura, al quale solo qualche imprenditore più coraggioso e intraprendente, come Americo Quattrociocchi, titolare di un’azienda oleicola da poco trasferitasi in provincia di Latina, sta cercando di rispondere in modo efficace.

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Ma quanto sprechiamo?

Le cifre che da qualche anno vengono rese note, come in tutte le statistiche di difficile realizzazione, non sono univoche, ma di certo sono impressionanti. L’organizzazione che possiamo ritenere senz’altro più importante in proposito, a livello mondiale, è quella che si occupa di agricoltura e alimentazione in seno alle Nazioni Unite, la FAO. Secondo i dati da questa diffusi nel 2021, erano 1.6 miliardi le tonnellate di cibo sprecate ogni anno, pari circa ad un terzo della produzione alimentare globale. Gli sprechi alimentari. sempre in base al rapporto 2021, sono responsabili del 6% delle emissioni di gas serra, della dispersione di 253 Kmdi acqua potabile solo in agricoltura, escludendo quindi l’allevamento. E contro questo “mostro”, lo spreco alimentare, sono molte le organizzazioni che si stanno muovendo in tutto il pianeta. Con idee, azioni, promozioni che – si spera – con il tempo potrebbero riuscire a far cambiare la mentalità di quanti oggi, forse anche inconsapevolmente, sono responsabili di quello che può paragonarsi ad un vero disastro. Qualche tentativo si sta cercando di fare anche grazie alle nuove tecnologie: sono ormai moltissime, nel mondo, le app che promuovono l’acquisto di cibo in surplus a prezzi “stracciati”, evitando così a bar, ristoranti e negozi di alimentari di buttarlo nella spazzatura. Un sistema che sta prendendo sempre più piede, specie tra le nuove generazioni (forse anche per motivi economici), e che dimostra come – in fondo – stia cambiando l’approccio al problema complessivo. Tant’è che – secondo i dati resi noti alla vigilia della 9.a Giornata Nazionale – i consumatori sembrano essere orientati sempre più all’acquisto di cibo più sano e, cosa non di secondo piano, con un packaging più rispettoso dell’ambiente.

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Le ricette della nonna, per riciclare avanzi

Potremmo dire che il benessere economico – almeno nei Paesi occidentali, dove il consumismo negli ultimi 60/70 anni la sta facendo un po’ da padrone – sia all’origine del fenomeno dello spreco alimentare (e non solo). “Una volta – raccontano oggi le persone più anziane – non si buttava via quasi nulla. Quello che era avanzato dal pranzo o dalla cena si riutilizzava il giorno dopo con ricette che spesso rendevano il cibo più buono del piatto originale”. Certo, le ricette “della nonna”, buttate via insieme ad altri rimedi casalinghi dalle aule scolastiche dove l'”economia domestica” non è più di casa (così come la “educazione civica”) riempiono ormai i canali televisivi, le pagine internet e le chat sui social. Proprio il 5 febbraio, in occasione della Giornata nazionale anti-spreco, per iniziativa di una delle maggiori associazioni agricole si è organizzata una grande dimostrazione di “arte del riciclo alimentare” in vari mercati. E poi c’è anche chi, forte delle tradizioni culinarie del territorio, prova a rivisitare in chiave moderna le vecchie ricette, come lo chef Matteo Ballarini con la sua “frittata di patate”.

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