martedì, Maggio 21, 2024
Ambiente

Poca acqua in futuro per la popolazione mondiale

di Gianluca De Angelis

Prospettive nere per quanto riguarda, in futuro, la disponibilità di acqua per la popolazione del pianeta. Secondo recenti studi, nel 2050 avremo bisogno di circa il 60% in più di acqua rispetto ad oggi a causa dell’aumento progressivo della popolazione mondiale. Le risorse idriche limitate stanno diventando sempre più un problema preoccupante se consideriamo anche i cambiamenti climatici, che causano siccità durature sia nel nord che nel sud del pianeta. A livello mondiale, infatti, ci sono 1,4 miliardi di km cubi di acqua, ma solo lo 0,001% del totale è effettivamente disponibile per l’utilizzo dell’uomo.
Il problema del consumo dell’acqua è evidente quando pensiamo che se in Europa ogni giorno, in media, una persona beve due litri d’acqua, per alimentarsi in un anno ne arriverà a consumare in totale fino a cinquemila litri, per quella quantità che è in realtà “nascosta” nel cibo: la cosiddetta “impronta idrica”, cioè il totale di acqua utilizzata in tutte le fasi di produzione di un bene, non solo alimentare. La maggior parte di questa quantità d’acqua è infatti usata per la produzione di cibo, dall’agricoltura all’allevamento e all’industria dell’alimentazione, un grandissimo consumo d’acqua del quale non ci accorgiamo, ma che è effettivo.
L’impronta idrica globale ammonta infatti a 7.452 miliardi di metri cubi di acqua dolce l’anno, pari a 1.243 metri cubi pro-capite, ossia più del doppio della portata annuale del fiume Mississipi, una quantità enorme.
Un gruppo di ricercatori della Aalto University (Finlandia) ha trovato un modo semplice per comunicare al meglio le questioni legate all’acqua: il Water Scarcity Atlas, un sito web interattivo che permette di capire l’entità del problema posto dalla scarsità di acqua nelle varie regioni del mondo e cosa si potrebbe fare per limitare i danni. Questo atlante mostra l’andamento della disponibilità e della scarsità di acqua negli ultimi cento anni e i potenziali scenari per il resto del secolo. Analizzando le varie scelte disponibili si possono esplorare vari scenari e verificare come diverse diete alimentari possano incidere in modo significativo sulle risorse idriche dell’intero pianeta.
Uno dei ricercatori, Joseph Guillaume, sottolinea una verità ovvia, ma ignorata: «Le scelte che le popolazioni del nord del pianeta fanno quotidianamente hanno ripercussioni importanti sull’altra parte del mondo. Comprendere quale impatto l’azione di ciascuno di noi ha sulla scarsità d’acqua è il primo fondamentale passo per dare una forma al futuro…Mangiare meno carne e ridurre a zero lo spreco alimentare può ridurre di molto il consumo di acqua pro capite giornaliero».
Guardando al nostro Paese vediamo per esempio, che, secondo i dati elaborati dal Food Sustainability Index lo scorso anno, in Italia l’impronta idrica agricola, relativa cioè al cibo che mangiamo, contribuisce per l’89% alla nostra impronta idrica totale, posizionandoci all’ultimo posto in Europa per impronta idrica pro-capite, con un valore di 2.232 metri cubi di acqua dolce l’anno consumata da ciascuno. In una classifica mondiale dei consumi idrici l’Italia è sesta per “disponibilità di acqua”, ma nonostante ciò continuiamo a consumarne una quantità molto ingente. Germania, Colombia e Regno Unito sono invece i tre Paesi che si piazzano sul podio di quelli più virtuosi nel consumo di acqua; all’altra estremità della classifica troviamo Arabia Saudita, l’Egitto e India, nazioni che hanno particolari problemi dal punto di vista climatico e idrogeologico.
Questo consumo generale potrebbe essere drasticamente ridotto nei Paesi economicamente più avanzati – certamente non nei Paesi del Terzo Mondo -intervenendo anche sulle scelte alimentari: infatti, adottando una dieta vegetariana, il consumo di acqua virtuale oscilla in un anno tra i 1.500 e i 2.600 litri, mentre una dieta ricca di carne ne consuma dai 4.000 ai 5.400.
Ma tra agricoltura, industrie e famiglie, è il settore agricolo a consumare più acqua, infatti in media il 70% del prelievo totale di acqua dolce è destinato all’irrigazione, mentre l’industria ne consuma il 22%; il restante 8% è dedicato invece all’uso domestico. Il peso dell’agricoltura è ancora più alto nei Paesi a medio e basso reddito, dove il consumo raggiunge anche il 95% del totale, risentendo anche di molte inefficienze nella gestione delle risorse.

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