Più scuro il futuro per i produttori di vino e spiriti
All’assemblea Federvini preoccupazioni per la congiuntura economica e apprezzamento per le promesse di miglioramenti sul fronte fiscale e burocratico
Oscura la congiuntura economica, schiarite sull’orizzonte politico delle riforme: questo, in estrema sintesi, il colpo d’occhio sull’Assemblea Generale di Federvini tenutasi l’8 giugno a Roma.
L’anno 2022 dell’Italia enologica si è aperto con il primo quadrimestre in rialzo molto buono per le esportazioni dei vini, ed eccezionalmente buono per gli spiriti, mentre il mercato interno accusa una flessione rispetto al primo quadrimestre dell’anno scorso, anche perché comincia a risentire del peggioramento della situazione economica generale. Sono i dati rivelati all’Assemblea dall’Osservatorio Federvini-Nomisma, dati dai quali emergono anche tensioni inflazionistiche attribuibili solo in parte alla crisi geopolitica in atto nell’Europa orientale.
Ma emerge, soprattutto, un problema nuovo e paradossale: i produttori di vini e spiriti si trovano aumenti inaspettati dei costi di confezionamento e spedizione, e si dibattono spesso nell’impossibilità di evadere gli ordinativi a causa della scarsità di bottiglie, la cui produzione si è bloccata per il mancato afflusso della materia prima, che sovente è di provenienza ucraina.
Le cifre: supera il 30% il rincaro delle bottiglie di vetro da un anno all’altro, e va oltre il 20% quello dei tappi in sughero e il 40% per i tappi di altri materiali; le gabbiette per i tappi degli spumanti sono rincarate del 20%, e le etichette e i cartoni di imballaggio, rispettivamente, del 35% e del 45%. E ancora: il costo del trasporto su strada è cresciuto del 25%, mentre l’aumento del prezzo di container e noli marittimi è dell’ordine dal 400% al 1000%. Il rincaro dell’energia arriva al 35%, e tutti sanno quanto sia energivora l’industria distillatoria.
I produttori associati in Federvini lamentano il fatto che non riescono a scaricare tutti i rincari sui prezzi di vendita: il prezzo medio del vino è aumentato al dettaglio di appena il 2,5% a maggio, e nei primi quattro mesi dell’anno le vendite interne sono diminuite del 9,6%, anche se è cresciuto del 12% l’export. Per gli spiriti, la flessione sul mercato interno è stata del 5%, mentre le esportazioni sono cresciute del 45%.
Nelle vendite al dettaglio, secondo l’Osservatorio Federvini-Nomisma, soffrono attualmente i vini a denominazione di origine protetta (DOP), i vini generici e gli aperitivi, mentre tra i distillati la domanda cresce solo per gin, tequila e vodka (che, nel mondo degli spiriti, sono quelli che meglio si prestano al confezionamento di cocktail).
Eppure, l’Assemblea Federvini era cominciata bene, sull’onda dell’ottimismo innescato dalla relazione del ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta che ha aperto i lavori con alcune risposte da lungo tempo attese. Brunetta, che da una decina di anni è diventato anche lui un produttore di vino, ha promesso di collegare lo schedario viticolo al registro telematico; di abolire il contrassegno fiscale sulle confezioni dei prodotti; e di programmare i controlli in cantina.
“Abbiamo bisogno di un sistema semplificato” ha detto Brunetta, rivendicando la propria comprensione dei problemi in quanto lui stesso produttore di vino. “Cercherò di portare a casa questa riforma entro l’autunno – ha ribadito – perché non è accettabile dover compilare due volte i moduli con le stesse dichiarazioni di vendemmia”. E nel profferire questo secondo impegno è tornato a indossare la veste di ministro della Pubblica Amministrazione.
“Sulle semplificazioni – ha commentato la presidente del Gruppo Vini della Federazione, Albiera Antinori – dovremmo completare il processo di digitalizzazione, collegando lo schedario viticolo al registro telematico, mentre in Europa occorre completare l’armonizzazione del mercato interno sulle vendite a distanza”.
Sui controlli imposti dalla legge, la proposta è quella di un modello comportamentale cooperativo, e “non come sistema vessatorio. Per questo – ha detto Brunetta – è importante poterli programmare, in modo che non creino problemi durante le fasi di lavoro”.
La promessa che ha meritato a Brunetta un applauso a scena aperta è stata l’abolizione del contrassegno sui prodotti destinati al mercato nazionale: una riforma ampiamente e lungamente invocata dal settore, Federvini in testa, che chiama in causa anche l’Agenzia delle Entrate e dovrebbe prevedere la possibilità di digitalizzare completamente i dati delle aziende.
Dall’Assemblea è partita la richiesta di attenzione delle istituzioni anche per la sostenibilità economica, sociale e ambientale, e contro la demonizzazione del consumo alcolico. La tutela del Made in Italy e la lotta contro l’Italian Sounding, che attacca subdolamente i nostri prodotti di eccellenza sui mercati internazionali, è stata invocata dal presidente Gruppo Spiriti di Federvini, Giuseppe D’Avino: “La lotta contro ogni forma di abuso dei nostri prodotti deve abbinarsi con la difesa di un consumo moderato e responsabile, in linea con la tradizione italiana basata sulla dieta mediterranea e su uno stile di vita improntato alla sana socialità e convivialità”, ha detto D’Avino.
Particolarmente vivace si è alzata la richiesta dell’Assemblea al governo di tutelare le indicazioni geografiche dei nostri prodotti di eccellenza, dopo i clamorosi tentativi di introdurre Prosek e aceto balsamico dalla Slovenia: il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, ha assicurato il massimo impegno per sostenere la filiera vitivinicola nazionale nei consessi europei.
“E’ un momento di grande incertezza”, ha concluso la presidente di Federvini, Micaela Pallini; “Da mesi segnalavamo il peggioramento della situazione e oggi cominciamo a trarne le prime conseguenze. È necessario un confronto aperto e trasparente con il Governo e le filiere produttive: nessun settore si salva da solo. Noi chiediamo interventi di struttura e misure di mercato, in termini di semplificazioni, promozione e supporto a lungo termine per il nostro export”.