Medio Evo svelato
A Bologna, dal 17 febbraio, una mostra racconta le fitte vicende con cui Goti, Longobardi, Bizantini e i nuovi centri di potere, riscrissero la storia dell’intera regione dal IV-V secolo agli inizi del XIV. Un’ottima occasione per fare un viaggio culturale in una regione in cui, ancora oggi, sono profondamente radicati i confini fisici e persino gastronomici tra l’Emilia longobarda e la Romagna bizantina.
di Barbara Civinini
Le due anime antiche dell’Emilia Romagna non hanno più segreti. Le svela la Soprintendenza Archeologia petroniana con la mostra Medioevo svelato realizzata con il contributo delle province locali e dell’Istituzione Bologna Musei, nell’ambito del progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”.
Ospitata nel capoluogo felsineo e allestita nel Lapidario del Museo Civico Medievale, ripercorre la Storia dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia. Un viaggio nel tempo di quasi un Millennio in una regione in cui ancora oggi sono profondamente radicati i confini fisici e persino gastronomici tra l’Emilia longobarda e la Romagna bizantina, la prima tradizionalmente legata alla lavorazione e consumo della carne suina, l’altra nota per la cucina a base di carni ovine, in particolare del castrato.
Medioevo svelato racconta le trasformazioni delle città e del territorio e l’affermarsi dei nuovi ceti dirigenti. Da una parte l’Emilia, tributo alla strada romana costruita nel 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido; dall’altra la Romagna, dove Ravenna assurge al rango di ultima capitale dell’Impero Romano d’Occidente (402-476 d.C.).
Questa regione, dunque, fornisce una prospettiva di ricerca privilegiata per la comprensione di fenomeni complessi che investono non solo gli aspetti politici, sociali ed economici, ma la stessa identità culturale del mondo classico nella delicata fase di passaggio al Medioevo.
Grazie alle scoperte archeologiche degli ultimi 40 anni, la mostra ricostruisce il fitto groviglio di vicende con cui Goti, Longobardi, Bizantini e i nuovi centri di potere (castelli, monasteri, edifici di culto e Comuni) riscrissero la storia dell’intera regione dal IV-V secolo agli inizi del XIV.
Il racconto si dipana dalle trasformazioni delle città tardoantiche all’evoluzione degli insediamenti rurali, evidenziando il potere dei nuovi ceti dirigenti attraverso la ritualità funeraria. Dopo un’istantanea sulle città nell’alto Medioevo, profondamente ridimensionate rispetto alla vitalità dei secoli precedenti e contrapposte al dinamismo dei nuovi empori commerciali quali ad esempio Comacchio (FE), lo sguardo si allarga alla riorganizzazione delle campagne che videro crescere villaggi, castelli, borghi franchi, pievi e monasteri.
La mostra, curata da Sauro Gelichi ordinario di Archeologia Medievale della Ca’ Foscari di Venezia e dal Soprintendente Archeologia di Bologna, Luigi Malnati, in sei sezioni espone più di 300 reperti, tracciando il quadro di una narrazione che va dalla Tardantichità (IV-V secolo) al Medioevo (inizi del Trecento).
Tra i reperti più importanti il missorium d’argento cesenate (piatto di uso simbolico-celebrativo) che testimonia la vita agiata di un possidente terriero nella tarda antichità, le fibule di età Gota rinvenute a Imola, il servizio liturgico in argento di età bizantina proveniente da Classe, i bicchieri in legno rinvenuti a Parma, e il bacino (piatto) in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di S. Giacomo Maggiore a Bologna.
La mostra, inaugurata il prossimo 17 febbraio, si potrà visitare sino al 17 giugno.