giovedì, Novembre 21, 2024
Alimentazione

In agguato nel mondo il rischio di carestia

Preoccupante la situazione in Burkina Faso, Nigeria nordorientale, Sudan del Sud e Yemen, ma la fame acuta è in crescita in tutto il pianeta

Burkina Faso, Nigeria, Sudan del Sud e Yemen: in alcune zone o nell’intero territorio di questi quattro Paesi si è in procinto di precipitare in una grave carestia se le condizioni dovessero “ulteriormente deteriorarsi nei prossimi mesi”. È quanto denunciano, nel loro ultimo rapporto, le due agenzie della Nazioni Unite (FAO, Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura e WFP, Programma alimentare mondiale).

L’Analisi di allarme rapido dei territori critici colpiti da insicurezza alimentare acuta, pubblicata oggi, descrive una combinazione incendiaria di conflitti, recessione economica, fenomeni meteorologici estremi e pandemia COVID-19, che sta precipitando la popolazione a uno stadio emergenziale di insicurezza alimentare.

Nei quattro territori che versano in condizioni più critiche, alcune fasce della popolazione stanno già vivendo una situazione di fame preoccupante, al punto che, stando al rapporto, un’escalation dei conflitti associata a un’ulteriore limitazione dell’accesso agli aiuti umanitari potrebbe esporre queste zone a un rischio di carestia.

Il rapporto precisa, tuttavia, che i quattro paesi sono lungi dall’essere le uniche zone rosse in una mappa del pianeta in cui l’insicurezza alimentare acuta sta raggiungendo ovunque livelli sempre più elevati, trainata da una combinazione di fattori diversi. Sono altri 16, infatti, i paesi interessati da un elevato rischio di diffusione della fame acuta.

Lo scopo del rapporto sui territori critici colpiti da insicurezza alimentare è stimolare un’azione urgente che possa essere intrapresa nell’immediato per evitare un’emergenza di proporzioni drammatiche, o una serie di emergenze, nei prossimi tre fino a sei mesi.

L’evolversi della situazione nei paesi a rischio più elevato dipenderà dalla dinamica dei conflitti, dall’andamento dei prezzi dei generi alimentari e dalla miriade di possibili conseguenze della pandemia COVID-19 sui loro sistemi alimentari, dalle precipitazioni e dall’esito dei raccolti, dall’accesso agli aiuti umanitari e dalla disponibilità dei donatori a continuare a finanziare le operazioni umanitarie.

“Il rapporto è un chiaro appello ad avviare un’azione tempestiva”, ha precisato Dominique Burgeon, Direttore dell’Ufficio per le emergenze e la resilienza della FAO. “Siamo profondamente turbati dall’effetto combinato di una sequela di crisi che stanno erodendo la capacità delle persone di produrre cibo e di avere accesso ai generi alimentari, abbandonandole sempre più al rischio della fame più estrema. Dobbiamo raggiungere queste popolazioni per sincerarci che abbiano cibo e i mezzi per produrne a sufficienza e che migliorino le proprie condizioni di vita, in modo da evitare lo scenario di caso peggiore”.

Dominique Burgeon

“Ci troviamo a un punto di svolta drammaticamente critico. Ancora una volta siamo di fronte al rischio che quattro diverse aree del mondo precipitino contemporaneamente nella carestia. Quando viene dichiarata una carestia, significa che molte vite sono già andate perse. Se aspettiamo di avere la certezza di questa situazione, molte persone saranno già morte” ha rammentato Margot van der Velden, Direttrice della Divisione Emergenze del WFP.

“Nel 2011 la Somalia è stata colpita da una carestia che ha ucciso 260.000 persone. Lo stato di emergenza è stato dichiarato in luglio, ma la maggior parte delle persone aveva già perso la vita prima di maggio. Non possiamo lasciare che questo dramma si ripeta una seconda volta. Siamo di fronte a una scelta estrema: o avviamo un’azione urgente fin da subito, oppure a breve conteremo un incalcolabile numero di vittime” ha ammonito Margot van der Velden.

Situazioni critiche in varie aree del pianeta

Tenendo in considerazione tutti gli aspetti, il rapporto congiunto menziona un totale di 20 paesi e contesti che sono a “ulteriore rischio di peggioramento del quadro di insicurezza alimentare acuta”, annoverando tra i fattori trainanti della fame il dilagare e l’intensificarsi della violenza, le crisi economiche esacerbate dall’impatto socioeconomico della pandemia COVID-19, i fenomeni meteorologici estremi, le minacce di portata transfrontaliera come le invasioni di locuste del deserto e il mancato accesso agli aiuti umanitari.

Il rapporto rileva che nella Repubblica democratica del Congo ben 22 milioni di persone versano attualmente in condizioni di insicurezza alimentare acuta, il numero più alto mai registrato in un singolo paese. Nel Burkina Faso si è assistito a una vera e propria esplosione di casi, con un numero di individui afflitti dalla fame che è quasi triplicato rispetto al 2019, in conseguenza dell’aumento dei conflitti, degli sfollamenti forzati e delle ripercussioni dell’emergenza COVID sull’occupazione e sull’accesso al cibo.

Altrettanto disperata la situazione nello Yemen, dove l’attuale quadro di insicurezza alimentare, associato al conflitto in corso e all’aggravamento della crisi economica, potrebbe determinare un ulteriore deterioramento di un quadro di sicurezza alimentare di per sé già alquanto critico.

Lo stadio “Carestia/catastrofe umanitaria” è il più grave dei cinque previsti dal sistema IPC (Quadro integrato di classificazione) per classificare stadi crescenti di insicurezza alimentare. Quando viene dichiarata questa fase estrema, significa che si contano già vittime per fame tra la popolazione. Il rapporto ammonisce che, in assenza di interventi urgenti a partire da oggi, il mondo potrebbe assistere a una nuova carestia dall’ultima volta in cui, nel 2017, la catastrofe umanitaria è stata dichiarata in alcune aree del Sudan del Sud.

Il nuovo rapporto è stato elaborato nell’ambito della Rete mondiale contro le crisi alimentari (Global Network Against Food Crises, GNAFC), un’alleanza di operatori del settore umanitario e dello sviluppo creata nel 2016 dall’Unione europea, dalla FAO e dal WFP per agire sulle cause profonde delle crisi alimentari, attraverso la condivisione di analisi e conoscenze, un coordinamento ottimizzato delle risposte basate su riscontri scientifici e interventi collettivi per rafforzare il nesso aiuti umanitari-sviluppo-pace.

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