Il sale della vita? Non più di 5 gr al giorno
Gli esperti sollecitano a ridurne il consumo, ma nella nostra dieta c’è ne è ancora troppo. I consigli per ridurlo
Se nel passato alcune patologie come il cretinismo erano legate ad una dieta troppo povera di sodio (la malattia era molto diffusa soprattutto nelle aree montane dove il prezioso cristallo era spesso assente e le acque più povere di questa sostanza rispetto ad altre zone) ci troviamo adesso nella situazione inversa, che ci confronta con un’alimentazione eccessivamente ricca di sale che mette a repentaglio la nostra salute. Un consumo esagerato di questo elemento determina infatti un aumento della pressione arteriosa – affaticando automaticamente tutto il nostro sistema cardiocircolatorio e cerebrovascolare – e ci espone così a rischi maggiori di incorrere in patologie spesso fatali, come l’infarto del miocardio o l’ictus. Ma anche altre malattie croniche degenerative, come alcuni tumori dell’apparato digerente, l’osteoporosi e quelle renali sono spesso associate ad un uso squilibrato di sale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di non usarne più di 5 gr al giorno, ma in molte nazioni le dosi di questo ingrediente sono molto spesso doppie rispetto a quanto suggerito per la comune alimentazione quotidiana. Raccomandazioni che non interessano solo alcune fasce di popolazione (anziani o ipertesi) ma che vengono invece estese a tutti – in qualsiasi età – proprio per prevenire l’insorgenza delle patologie correlate ad un suo abuso.
E in Italia? Come stiamo messi?
Non troppo bene visto che un’indagine condotta dal Ministero della Salute in collaborazione con il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle malattie su un campione rappresentativo della popolazione italiana ha fatto emergere che il consumo medio giornaliero di sale fra gli individui adulti del nostro Paese è risultato superiore a 10 g negli uomini e 8 g nelle donne, mentre fra i soggetti di età compresa tra 6 e 18 anni i consumi si attestano a 7,4 g di sale al giorno tra i ragazzi e 6,7 g tra le ragazze.
Perché così salato?
Molto spesso le persone non realizzano di mangiare così sapido. Questo anche perché la maggior parte di quello che ingeriamo non lo aggiungiamo direttamente sugli ingredienti che portiamo in tavola, ma lo troviamo già inserito in molti dei prodotti che compriamo, come il pane, la pizza, i biscotti, gli insaccati o in molti dei confezionati che arricchiscono il nostro carrello della spesa.
Per cercare di orientare meglio i consumatori in molti prodotti è stato inserito l’obbligo di riportare in etichetta l’esatto quantitativo di sale contenuto nell’alimento, con il proposito di guidare le persone ad una scelta più ragionata negli acquisti.
Come fare per ridurre?
Ecco alcune indicazioni per aiutarci ad abbassarne il consumo
- Leggiamo attentamente l’etichetta nutrizionale per scegliere, in ciascuna categoria, i prodotti a minore contenuto di sodio e preferire i prodotti a basso contenuto, cioè inferiore a 0.3 grammi per 100 g.
- Riduciamo l’uso di sale aggiunto in cucina, prediligendo comunque minime quantità di sale iodato.
- Limitiamo l’uso di altri condimenti contenenti sodio (dadi da brodo, maionese, salse, ecc.) e utilizziamo in alternativa spezie, erbe aromatiche, succo di limone o aceto per insaporire ed esaltare il sapore dei cibi.
- Non portiamo in tavola sale o salse salate, in modo che non si acquisisca l’abitudine di aggiungerne automaticamente sui cibi, soprattutto tra i più giovani della famiglia.
- Riduciamo il consumo di alimenti trasformati ricchi di questa sostanza (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola).
- Scoliamo e risciacquiamo prima di consumarli verdure e legumi in scatola.
- Evitiamo l’aggiunta di sale nelle pappe dei bambini, almeno per il primo anno di vita.
Cristiana Persia