lunedì, Maggio 20, 2024
Agricoltura

Il rebus delle Università Agrarie

L’Università Agraria di Bassano Romano fa il punto della situazione sugli usi civici del territorio e presenta una proposta di modifica e integrazione alla legge 168/17 di riordino dei domini collettivi. Il problema più urgente è l’impossibilità di rimuovere il vincolo di uso civico sui terreni di pertinenza delle abitazioni, che non possono più essere vendute.

L’Università Agraria di Bassano, insieme all’ARUAL, l’associazione delle Agrarie del Lazio, ha chiamato a raccolta i cittadini coinvolti negli usi civici per affrontare e risolvere i problemi legati alla gestione del vecchio patrimonio terriero e boschivo ereditato dalle ex provincie pontificie alla fine dell’800 (L. 397/1894) e che non sono stati risolti dalla legge 168/2017, che ne ha cambiato il profilo giuridico. Il convegno si è svolto nei giorni scorsi, presso il Monastero di San Vincenzo, a Bassano Romano.

L’ingresso del monastero di San Vincenzo, a Bassano Romano, che ha ospitato l’incontro – Archivio © Civinini

Le Università Agrarie sono delle antiche forme associative nate dagli usi civici, retaggio dell’antica proprietà collettiva, ereditati dai municipi romani, che si sono avvicendati nel tempo passando dal feudalesimo, ai Comuni sino all’unità d’Italia, per essere poi riordinati dalla legge 1766/1927, mai abrogata.

Antico abbeveratoio – Università Agraria di Manziana

Il problema più gravoso secondo Gratiliano Capece, presidente dell’Università Agraria di Bassano – una delle più estese con i suoi 580 ettari di bosco – è rappresentato dalle abitazioni costruite su terreni gravati da Uso Civico. Nella gestione dell’antico patrimonio, che una volta, con i diritti di pascolo, legnatico e raccolta, costituiva un elemento importante per la sopravvivenza dei più poveri, si è intromessa la Corte Costituzionale.

Il presidente dell’Agraria di Bassano mentre interviene al recente convegno sulla legge 168/2017 – Archivio © Civinini

La Sentenza 113/2018, di fatto, ha cassato la modifica della precedente normativa regionale (L.R. 1/1986), sancendo l’illegittimità degli atti adottati dalla Regione in materia di liquidazione degli usi civici, come le alienazioni dei terreni demaniali, sui quali erano stati anche edificati dei fabbricati, prevalentemente a uso abitativo, rendendoli tutti nulli.

ll Palazzo della Consulta, sede della Corte – Sito Corte costituzionale

Non si tratta di una questione di poco conto se consideriamo che le universitates hominum, secondo i dati del penultimo censimento generale dell’agricoltura, avevano oltre un milione e mezzo di ettari. In base all’articolo 3 della legge di riforma (168/2017), le Regioni, entro dodici mesi dall’entrata in vigore, avrebbero dovuto disciplinare in dettaglio i beni collettivi definendone proprietà e utilizzo, ferma restando inalienabilità’, indivisibilità’, inusucapibilità e perpetua destinazione agro-silvo-pastorale.

Il legnatico, una risorsa degli usi collettivi – Università Agraria di Bassano Romano

La regolamentazione però non è arrivata e ad alcune Agrarie è stata addebitata l’IMU, dopo un sapiente cambio di destinazione d’uso di frazioni dei terreni agricoli, inseriti nel PRG. La proposta ARUAL – condivisa anche dalla Consulta Nazionale degli Usi Collettivi – invece chiede di modificare il 3° comma dell’art. 3, prevedendo la possibilità di alienare a terzi i terreni, ferma restando la destinazione degli usi civici e l’interesse paesaggistico, e i commi 8 bis e ter consentendo la convalida delle acquisizioni di singole parti con atti regolarmente registrati, in conseguenza dell’avvenuta sclassificazione. Anche il mutamento della destinazione d’uso di singole porzioni di beni collettivi, secondo la proposta ARUAL, dovrebbe essere autorizzato dall’Ente gestore in base all’utilità per la comunità titolare dei beni.

Bestiame al pascolo con butteri – Università Agraria di Manziana

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