giovedì, Maggio 9, 2024
Ambiente

I passi lenti della COP 27 e la rapidità dei cambiamenti climatici

Bilancio in chiaro-scuro per la COP 27. Trova l’accordo formale per un fondo per i ristori per i paesi più danneggiati ma si ferma lì. Come finanziarlo compito della Conferenza di Dubai nel 2023. UN e UE deluse. Ambientalisti scontenti

I 197 Paesi riuniti dalle Nazioni Unite in Egitto a Sharm el-Sheikh, per la COP 27, avevano l’obiettivo di tradurre in fatti concreti l’Accordo di Parigi del 2015 che chiedeva di contenere entro 1,5° C l’aumento della temperatura media del pianeta con piani d’azione e politiche di contrasto alle emissioni climalteranti e inquinanti. Dopo due settimane di dibattito e dichiarazioni è stato laborioso e difficile trovare un accordo e sono dovuti ricorrere ai tempi supplementari per ottenere il consenso su un documento che evitasse il fallimento della Conferenza sul clima organizzata dall’ONU.

Si è arrivati a un passo dalla rottura e solo extremis è stato trovato un accordo su un testo finale. Il suo punto più significativo è l’istituzione di un fondo (Loss and Damage) per rimediare alle perdite e ai danni che i Paesi più vulnerabili (che sono anche quelli meno inquinanti) sono costretti ad affrontare a causa dei repentini e catastrofici cambiamenti climatici che mettono a rischio addirittura la sopravvivenza stessa di alcuni di loro. Accordo non facile tra i paesi ricchi, guidati da USA e UE, e quelli emergenti capeggiati dalla Cina ma che dopo trent’anni di discussioni si è finalmente raggiunto. Trenta appunto sono gli anni trascorsi dal Summit per la Terra che si tenne a Rio de Janeiro nel 1992, prima storica Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo, che segnò il primo passo della riflessione globale sulle emergenze del pianeta.

Punto cruciale del fondo Loss and Damage è quello dei donatori: USA, Europa, Canada, Australia, Giappone non vogliono essere i soli a mettere i soldi e chiedono che lo facciano pure altre potenze economiche a cominciare dalla Cina. A decidere quali saranno i Paesi vulnerabili che potranno utilizzare il fondo e quali quelli che dovranno contribuirvi sarà un comitato istituito durante la Cop27 che dovrà riferire alla Cop28 di Dubai dell’anno prossimo. E questo è stato un passo in avanti positivo, da molti definito storico, restano molti nodi irrisolti e anzi anche qualche passo indietro.

Gli accordi di questa Cop27 sono stati l’estensione di quelli proposti nelle precedenti edizioni ma la situazione climatica non è la stessa in cui si erano prese quelle decisioni. Il 2022 è l’anno che si classifica fino a ora al sesto posto tra i più caldi mai registrati nel pianeta con la temperatura sulla superficie della terra e degli oceani addirittura superiore di 0,87 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo, con i livelli record di gas serra, le ondate di calore estreme e continue, la perdita di biodiversità, temi che sono apparsi evidenti nei tanti rapporti presentati durante la Conferenza e che hanno mostrato in maniera chiara la dimensione del peggioramento della crisi climatica globale.

Anche la parte sulla riduzione delle emissioni è stata aspramente contestata, in molti la considerano un passo indietro rispetto alle ambizioni definite nelle precedenti conferenze concentrate nel mantenere il riscaldamento globale entro i 1,5° C. Gli attuali impegni dei Paesi firmatari non consentono però di raggiungere questo obiettivo e nemmeno quello di contenere l’innalzamento della temperatura a 2°C. Questi impegni, ammesso che siano pienamente rispettati, porterebbero il pianeta nella migliore delle ipotesi a +2,4°C entro la fine del secolo e, all’attuale tasso di emissioni, a quello di un catastrofico +2,8°C.

Insomma, si è trovato un accordo, ancora da rendere concreto, per gli aiuti per i Paesi vulnerabili colpiti dal cambiamento climatico ma nessuna nuova ambizione per la riduzione dei gas serra climalteranti causa della rapida velocizzazione dei fenomeni più devastanti.
Le reazioni dei rappresentanti non sono stati giudizi positivi

Antonio Guterres «Il pianeta è ancora in rianimazione, investire sulle rinnovabili».
Sono state le parole del segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, a conclusione del vertice che lasciano trasparire la sua delusione. «Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora e questo è un problema che questa Cop non ha affrontato» ha aggiunto Guterres «Il fondo per le perdite e i danni è essenziale ma non è una risposta se la crisi climatica cancella dalla mappa un piccolo stato insulare o trasforma un intero Paese africano nel deserto». «La linea rossa che non dobbiamo superare è la linea che porta il nostro pianeta oltre il limite di 1,5 gradi di temperatura» che ha ribadito che bisogna investire massicciamente sulle rinnovabili e porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili. «Dobbiamo evitare una lotta per l’energia nella quale i paesi in via di sviluppo finiscono ultimi come è successo nella gara per i vaccini al Covid-19. Raddoppiare i combustibili fossili è raddoppiare il problema».

Frans Timmermans «Accordo privo di ambizioni».
Negativo il giudizio dell’UE sull’accordo finale. «Quello che abbiamo davanti non è abbastanza da costituire un passo in avanti per la popolazione del pianeta. Non porta sufficienti sforzi aggiuntivi da parte degli inquinatori maggiori per un incremento e un’accelerazione delle loro emissioni» ha dichiarato il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans.

Von der Leyen «Abbiamo trattato alcuni sintomi ma non curato il paziente».
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in un comunicato dopo l’approvazione del documento finale alla conferenza di Sharmel-Sheikh, ha dichiarato: «La Cop27 segna un piccolo passo verso la giustizia climatica ma serve molto di più per il pianeta. Abbiamo trattato alcuni sintomi ma non curato il paziente dalla febbre non è arrivato un impegno sulle emissioni o sul clima».

Stafano Ciafani (presidente Legambiente) «Positivo Loss and Damage male tralasciare dipendenza da fossili».
«La COP27 ha affrontato positivamente le conseguenze della crisi climatica con l’Istituzione del fondo Loss and Damage, però non è riuscita ad affrontare la causa principale della crisi: la dipendenza dai combustibili fossili. Per mantenere concretamente vivo l’obiettivo di 1.5°C, è cruciale concordare al più presto il phasing-out sia dei sussidi alle fossili che del loro utilizzo».

Greenpeace «Eliminare i combustibili fossili, nessuna somma potrà coprire i danni che provocano».
«E’ incoraggiante che un gran numero di Paesi del nord e del sud abbia espresso alla COP27 il proprio forte sostegno all’eliminazione graduale di tutti i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas – che è ciò che richiede l’attuazione dell’Accordo di Parigi ma sono stati ignorati dalla presidenza egiziana della COP27. Gli Stati petroliferi e un piccolo esercito di lobbisti dei combustibili fossili erano presenti in forze a Sharm el-Sheikh per assicurarsi che ciò non avvenisse. Alla fine, se non si eliminano rapidamente tutti i combustibili fossili, nessuna somma di denaro sarà in grado di coprire il costo delle perdite e dei danni che ne deriveranno». 

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