mercoledì, Maggio 8, 2024
Fitoterapia

Fitoterapia, prezioso aiuto contro il Covid-19

I risultati di tre studi internazionali (Arabia Saudita, Iran, Cina) dimostrano scientificamente la validità del supporto dato dalla etnomedicina

Conosciamo tutti la pandemia causata dal SARS-Cov2, con la sua storia e i suoi grandi numeri che, al 3 maggio 2022, possiamo così sintetizzare:

  • 514.269.025 casi nel mondo (463.242 nuovi casi in un giorno)
  • 6.238.328 decessi accertati
  • 15 milioni probabili decessi secondo l’OMS
  • 16.523.859 casi in Italia (con 19.068 nuovi casi in un giorno)
  • 163.736 decessi accertati

Probabilmente conosciamo meno la fitoterapia (herbal medicine, termine in lingua inglese maggiormente usato nella letteratura medica internazionale). Si chiama fitoterapia, dal greco phytón (pianta) e therapéia (cura), la pratica basata sull’utilizzo di piante o estratti di piante per la cura delle malattie o per il mantenimento del benessere psicofisico.

Il termine compare per la prima volta nel XX secolo, nel trattato «Lineamenti di fitoterapia» di Henri Leclerc. Prima del XX secolo questo termine non era necessario: tutta la medicina era basata, infatti, sull’uso delle piante medicinali. È un termine moderno, paradossalmente usato per indicare una pratica antica come l’uomo.

Nel corso del XX secolo la medicina “main stream” ha cominciato a separarsi dalla fitoterapia, relegandola al ruolo di medicina complementare. Data simbolo di tale processo è il 1897, quando la Bayer sintetizzò l’aspirina, che fu il primo farmaco di sintesi a larga diffusione.

Va sottolineato, però, che In molte aree geografiche, le pratiche fitoterapiche tradizionali sono rimaste vive, per diversi motivi culturali, sociali ed economici. Gli esempi più noti sono la medicina tradizionale cinese e la medicina ayurvedica, ma molte altre tradizioni (popoli nativi delle Americhe, Giappone, Corea, Persia, Paesi arabi ecc., senza dimenticare le tradizioni italiane ed europee) sono tutt’ora praticate e sono oggetto di studio.

Nella letteratura medica tali tradizioni vanno sotto il nome di «etnomedicina» (ethnomedicine) che  è considerata dall’OMS un’importante risorsa sotto il profilo sociale e scientifico, sia in quanto contribuisce all’obiettivo di garantire a tutte le popolazioni l’accesso alle  cure (vi ricorre una larga parte della popolazione nei paesi in via di sviluppo), sia perché le conoscenze basate su una tradizione secolare, con una documentazione «peer reviewed», sono una valida alternativa alle conoscenze «evidence based», cioè basate su prove scientifiche di efficacia

I criteri scientifici adottati sono uguali

La maggior parte dei rimedi fitoterapici tradizionali sono studiati da decenni in sede sperimentale e clinica secondo gli stessi criteri scientifici su cui si basa la ricerca medica “main stream”.

Fino all’approvazione del primo vaccino (23 Agosto 2021, vaccino Pfizer-BioNTech, FDA) non esisteva alcuna misura profilattica nei confronti del covid19, salvo quelle di igiene ambientale e fisica. Per quasi due anni di pandemia, non abbiamo avuto farmaci antivirali specifici, né cure di sicura efficacia nel bloccare la cascata infiammatoria, i danni multi-organici e gli eventi trombotici, che sono causa di decesso nei casi più gravi.

 In mancanza farmaci di provata efficacia, si sono adottati trattamenti empirci, tutt’altro che «evidence based», come l’idrossiclorochina e il siero dei convalescenti, in associazione con cortisone, antivirali aspecifici e anticoagulanti, con risultati piuttosto relativi nei confronti dell’insufficienza respiratoria grave e dei numerosissimi decessi.

In alcuni Paesi (soprattutto Cina, Iran e Arabia) l’etnomedicina offriva differenti prospettive di cura della nuova malattia: alcuni preparati e rimedi fitoterapici tradizionali si erano già mostrati efficaci nei confronti di altre malattie da coronavirus (SARS e MERS) o, più in generale, di altre virosi respiratorie e polmoniti virali. Da qui la necessità e l’opportunità di studiare i tradizionali farmaci vegetali come terapia complementare del covid19.

 Per indagare sull’uso dei trattamenti fitoterapici tradizionali nei confronti della pandemia di covid19 è stata impostata sul motore di ricerca PubMed la seguente “query”: (“covid19″[All Fields]) AND (“herbal medicine”[All Fields])

Si sono ottenuti 213 risultati, dei quali 4 erano costituiti da RCT – cioè studi clinici prospettici randomizzati e controllati – cui l’evidence based medicine (EBM) attribuisce il massimo valore come prova d’efficacia clinica.

Tre dei quattro RCT sono inerenti alla cura del covid19 e provengono da Arabia Saudita (King Abdulaziz University), Iran (multicentrico: università, ospedali e centri di ricerca) e Cina (multicentrico: università e ospedali).

I risultati dello studio saudita

Lo studio saudita ha riguardato 183 pazienti non ospedalizzati: sintomatici, positivi all’RT-PCR (il test molecolare rapido), senza segni radiologici di polmonite o ipossia, suddivisi in due gruppi randomizzarti, omogenei per età, sesso e comorbilità. Il primo gruppo di 91 persone è stato trattato con fitoterapia e cure standard, il secondo gruppo di 92 persone solo con cure standard che comprendevano cortisonici, antipiretici e antistaminici. Al primo gruppo in più è stata somministrata per dieci giorni una capsula da 500 mg di olio di “Nigella sativa” il principale principio attivo contenuto è il Timochinone).

I risultati sono stati sorprendenti: entro 14 giorni le guarigioni sono state del 62% dei casi nel gruppo trattato (con una durata media di 10,7 giorni) mentre nel gruppo di controllo sono state del 36%, con una durata media di 12,3 giorni. Analogo il risultato per quel che riguarda il fenomeno dell’anosmia (mancanza di olfatto): tra gli 8,5 giorni e i 12,4 per il gruppo trattato contro i 10,4 e i 14 per quello di controllo.

Quattro pazienti di quest’ultimo gruppo (pari al 4,6%), inoltre, sono stati ricoverati per peggioramento delle condizioni cliniche, in particolare per polmonite e ipossia; nel gruppo trattato solo 1 paziente è stato ricoverato, ma non per problemi respiratori bensì per nausea e vomito.

I risultati dello studio iraniano

Lo studio iraniano ha preso in considerazione invece 358 pazienti ospedalizzati, positivi all’RT-PCR, con polmonite radiologicamente confermata e insufficienza respiratoria non grave (frequenza del respiro maggiore di 30 al minuto e saturazione inferiore al 93%). Anche questi sono stati suddivisi in due gruppi randomizzati, omogenei per età e sesso e senza rilevanti comorbilità.

Al gruppo trattato con fitofarmaci, 184 pazienti, oltre alle cure standard (azitromicina, idrossiclorina, lopinavir/ritonavir) sono state somministrate capsule da 500 mg contenenti estratto secco di radice di “Rheum palmatum” (principale principio attivo la emodina), di rizoma di “Glycyrrhiza glabra” (glicirrizina) e di pericarpo di “Punica granatum” (acido ellagico).

Anche in questo caso è stata poi somministrata al gruppo trattato “Nigella sativa” in capsule da 500 mg oltre a un decotto contenente fenoli e flavonoidi, da bere tre volte al giorno, ottenuto con 10 gr ciascuno di fiori di “Matricaria chamomilla”, “Althaea officinalis”, “Nepeta bracteata Bent”, parte aerea di “Zataria multiflora Boiss”, radice di “Glycyrrhiza glabra”, frutto di “Ziziphus jujuba mill.” e di “Ficus carica”, e foglie di “Urtica dioica”.

Nel gruppo trattato la durata media del ricovero in ospedale è stata di 3,291 giorni, contro i 6,468 del gruppo di controllo (formato da 174 pazienti), con riduzione sensibile – a sette giorni dal trattamento – dei sintomi quali febbre, dispnea e tosse.

In questo studio i pazienti peggiorati (trasferiti cioè in terapia intensiva) o deceduti sono stati tolti dal novero dei pazienti analizzati, ma il dato è stato comunque comunicato e rileva che i deceduti sono stati 2 nel gruppo trattato, contro 4 nel gruppo di controllo; mentre quelli ricoverati in terapia intensiva sono stati 2 nel gruppo trattato contro 5 in quello di controllo.

I risultati dello studio cinese

Lo studio cinese, infine, riguarda 130 pazienti adulti ospedalizzati, positivi al tampone e rispondenti ai criteri di covid-19 lieve/moderato, che sono stati suddivisi in due gruppi di ugual numero e con analoghe caratteristiche rispetto a età, sesso e comorbilità. Alla terapia standard (compresi ossigenoterapia, antivirali, antibiotici e immunomodulatori) per un gruppo è stato affiancato il trattamento con iniezioni del preparato fitoterapico “Xiyanping”.

I risultati di questo terzo studio sono più che in linea con i precedenti: il tempo di risoluzione dei sintomi è stato di 8,33 giorni nel gruppo trattato contro 11,86 nel gruppo di controllo e il tempo di clearance del virus è stato di 7,97 giorni contro 12,23. Inoltre, 6 pazienti del gruppo di controllo hanno avuto un peggioramento delle condizioni cliniche, contro nessuno del gruppo trattato.

Gli studi dimostrano che la fitoterapia, in associazione alle terapie standard più diffusamente usate, è efficace nei confronti del covid19:

  • La durata della malattia e dei sintomi principali tende ad abbreviarsi
  • Il rischio di complicanze o peggioramento clinico si riduce
  • La clearance virale è anticipata
  • Gli effetti   collaterali del trattamento complementare fitoterapico sono stati trascurabili come numero e gravità

 I farmaci vegetali sono stati scelti, nei lavori presi in considerazione, in base a tre principali criteri:

  1. una tradizione etnomedica consolidata (uso plurisecolare del rimedio su vasta popolazione)
  2. l’esistenza di studi sperimentali comprovanti l’efficacia biologica dei preparati ed i loro meccanismi d’azione
  3. l’esistenza di precedenti studi clinici su patologie paragonabili al covid19 (per es.: sars-cov1, altre polmoniti virali)

Dagli studi iraniano e cinese si evince che i rimedi fitoterapici utilizzati hanno attività terapeutica complessa, che incide su tutti gli aspetti della malattia:

  • antivirale
  • antinfiammatoria
  • immunomodulante
  • antiossidante
  • antitussiva
  • broncodilatatrice

La gran parte dei rimedi fitoterapici adoperati agisce contemporaneamente su due o più bersagli terapeutici: si comporta, in altre parole, come «multi target drug». In particolare:

  • Andrographolide: attività antivirale ad ampio spettro (influenza A, epatite C, herpes simplex, Epstein–Barr e HIV), antinfiammatoria, immunomodulante
  • Nigella sativa: attività antivirale (epatite C, HIV, coronavirus), antinfiammatoria ed immunomodulante, antitussiva, broncodilatatrice
  • Punica granatum: attività antivirale, immunomodulante e antiossidante, antinfiammatoria
  • Matricaria chamomilla: attività antinfiammatoria, immunomodulante e antivirale
  • Glycyrrhiza glabra: attività antivirale (SARS, altri virus respiratori, herpes, epatite C), azione antinfiammatoria ed antiossidante, anti asmatica
  • Zizyphus jujuba: attività antiasmatica, antinfiammatoria, immunomodulante
  • Urtica dioica: attività antivirale (dengue e SARS-COV- 2), immunomodulante, antinfiammatoria e antiasmatica
  • Rheum palmatum: attività antivirale ampio spettro (herpes simplex, epatite B, Influenza A e B, SARS-cov1), antinfiammatoria-antiasmatica
  • Ficus carica: attività antivirale in vitro, in vivo e nelle virosi respiratorie, antinfiammatoria
  • Althea officinalis: attività antinfiammatoria, antitussiva e antitussiva ACE correlata

In conclusione, le esperienze riportate dimostrano l’azione antivirale di alcune droghe vegetali già note per altre indicazioni: un’acquisizione relativamente nuova per la fitoterapia europea. Confermano il ruolo tendenzialmente «multi target» dei farmaci vegetali: una conoscenza classica, legata al concetto di droga vegetale e di fitocomplesso, oggi corroborata da diverse ricerche scientifiche. Dimostrano, inoltre, che i rimedi fitoterapici si situano su un piano di pari dignità rispetto ai prodotti dell’industria farmaceutica: la loro efficacia è sostenuta da studi scientifici solidi, i criteri di studio sono i medesimi e che è possibile un approccio integrato tra discipline solo apparentemente lontane: la fitoterapia/etnomedicina e la medicina «main stream».

 Gli studi esaminati sono un esempio concreto di come la ricerca scientifica e l’esperienza clinica abbiano di fatto superato la contrapposizione tra discipline mediche diverse. Queste, al di là delle differenze nate nel corso della storia, hanno una comune origine e riconoscono oggi le stesse metodologie di studio.

La fitoterapia non è più semplicemente una «pratica», è diventata una scienza.

Autore

  • Cesare Pirozzi

    Laureato in medicina, specialista in chirurgia generale e chirurgia pediatrica, per quarant'anni ha esercitato a tempo pieno la professione di chirurgo e, in minor misura, di docente. Ritiratosi dal lavoro ospedaliero nel 2014, specializzatosi in Fitoterapia, ha proseguito nell'insegnamento presso l'Università della Tuscia (Viterbo) ed ha dato finalmente spazio alla sua passione per le humanae litterae (sue pubblicazioni: "Canto segreto", piccola raccolta di poesie; "Il segreto di Dante", saggio in cui propone la sua interpretazione del senso anagogico della Divina Commedia; "La natura delle cose", frutto del suo mai sopito interesse verso la scienza e la filosofia, particolarmente verso le aree del sapere che entrambe le discipline, apparentemente così lontane, tornano oggi a condividere). Oltre che su mediaquattro.it scrive articoli di divulgazione medica, di attualità politica e di costume su varie riviste cartacee e online.

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