Parte con il CREA il progetto per la sostenibilità del Prosecco
Al via la collaborazione fra CREA e ConfAgrigoltura per la individuare il Glera naturalmente più resistente alle patologie che lo colpiscono
Combinare le esigenze di un territorio che ha necessità di sistemi meno aggressivi di coltivazione con una delle eccellenze che meglio ci stanno rappresentando all’estero : il prosecco. E’ quanto di propone il nuovo progetto elaborato dal Crea (il centro di ricerca in Agricoltura) con Confagrigoltura Treviso nell’intento di individuare quelle varietà naturalmente più resistenti del Glera (il vitigno da cui di ottiene il prosecco) ai principali agenti patogeni che attaccano questo vitigno, riducendo così al minimo l’intervento dei fitosanitari.
Un piano che mira a rendere più sostenibile un prodotto bandiera della nostra enologia e che vanta ormai numeri da capogiro: un business d’affari che sfiora i 2,5 miliardi di euro, a fronte di oltre 500 mila bottiglie (fra doc e Igp), frutto del lavoro di 13.500 produttori , 1400 cantine vinificatrici e 180 aziende spumantistiche.
Le bollicine italiane sono particolarmente apprezzate da tutti. Meno costose delle sorelle nobili prodotte nelle aree dello Champagne, sono riuscite così a posizionarsi velocemente sugli scaffali di tutte le enoteche più prestigiose del mondo. Germania, Austria , Gran Bretagna e Usa, i principali mercati di confluenza all’estero, con un apprezzamento progressivo da parte degli enologi internazionali che vede aumentare ogni anno la lista dei Paesi in cui il Prosecco diviene sinonimo indiscutibile di brindisi in sempre più località del Mondo.
Nell’esigenza di tutelare il territorio che sta dimostrando di offrire queste prestazioni da capogiro, si inserisce il progetto sviluppato dal Crea , con l’obbiettivo di individuare e selezionare quelle sezioni di Glera che si mostrino più resistenti a peronospera e oidio, due delle principali malattie che colpiscono questo vitigno. Una ricerca principalmente finalizzata a poter minimizzare gli interventi fitosanitari sulle colture, assicurando così in un prossimo futuro un ciclo di produzione più sostenibile sia per il territorio che per il consumatore finale.
La fase sperimentale coinvolgerà 15 fra le più rinomate cantine delle aree vocate ( in Veneto e Friuli Venezia Giulia) per individuare le varietà delle viti più resistenti e definire così la matrice di quegli impianti che in futuro possano consentire un abbattimento di oltre il 70% dei fitofarmaci senza subire perdite nel raccolto.
Il programma di miglioramento genetico impostato dal Crea prevede selezioni e incroci che verranno messe a dimora nel centro dell’Istituto a Conegliano Veneto. Le piantine ricavate saranno poi reimpiantate nelle aziende del territorio in modo da provare la loro effettiva capacità di resistenza a quei batteri che ne compromettono sopravvivenza e produttività e che- di prassi – impongono all’agricoltore almeno 10 trattamenti di agro farmaci l’anno.
“Tecnicamente utilizzeremo l’incrocio tradizionale assistito da marcatori molecolari, con il quale si selezioneranno in una fase precocissima le varietà resistenti” ci ha detto Diego Tommasi, il ricercatore guida del Crea per questo progetto: Tommasi ha anche sottolineato la possibilità in un prossimo futuro di utilizzare – se come ha giustamente specificato: “ l’Ue darà autorizzazione” – le tecniche di cisgenetica o di genome editing, in modo da selezionare molto più velocemente quelle sezioni viticole che si dimostreranno più forti nella loro resistenza alla peronospera e all’oidio.
Cristiana Persia