Ortofrutta più cara, ma zero vantaggi per gli agricoltori
Secondo la CIA il settore primario non beneficia dei rialzi al consumo sugli alimentari, anzi continua a confrontarsi con quotazioni sui campi che non coprono spesso nemmeno i costi di produzione. Bisogna colmare il divario di prezzo nei vari passaggi della filiera.
In un contesto di sostanziale tenuta dell’inflazione nazionale (-0,1% su base mensile e +0,1% rispetto al 2015) il carrello della spesa alimentare aumenta in valore dello 0,5% rispetto a ottobre, trascinato dalla crescita dei prezzi sia degli ortaggi (+4,9% sul mese) che della frutta (+2,8%). Così l’Ufficio studi della Cia-Agricoltori italiani sulla stima dei prezzi al consumo a novembre diffusa oggi dall’Istat.
Eppure, nonostante i rialzi al consumo sugli alimentari, i prezzi spuntati dagli agricoltori sui campi non riescono, in molti comparti, a coprire i costi di produzione. Per fare qualche esempio -sottolinea la Cia- nel mese di ottobre i cereali hanno ceduto il 14% annuo, gli ortaggi il 18%, gli avicoli il 9%. Facendo una media tra i principali prodotti, si può stimare che per ogni euro speso dal consumatore finale, solo 15 centesimi oggi vanno nelle tasche dell’agricoltore.
“Il quadro che emerge -osserva il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino- certifica la sofferenza delle imprese agricole che, con i prezzi di vendita dei loro prodotti, sempre più raramente riescono a coprire le spese. È urgente che il divario di prezzo nei vari passaggi della filiera venga colmato”. Un obiettivo “che passa necessariamente attraverso un progetto che, da un lato, riduca le distanze tra gli attori con l’agricoltura più centrale, e dall’altro preveda nuovi orizzonti e favorisca la nascita di nuove relazioni e forme di dialogo con le rappresentanze d’impresa. Nella convinzione -conclude Scanavino- che quanto prima ciò si realizzerà, tanto prima l’intero sistema agroalimentare Made in Italy ne trarrà beneficio in termini di crescita competitiva e di maggior protagonismo nel mondo”.