martedì, Maggio 14, 2024
Agricoltura

Ortofrutta italiana in pericolo: prezzi alti ma non per i produttori

Nel 2015 forti ribassi per le fonti energetiche e l’informatica, secondo l’analisi Cgia di Mestre. La speculazione condiziona i sensibili rincari ai consumatori di frutta e verdura, sottopagate invece agli agricoltori

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La palma per i maggiori rincari, durante il 2015, la vince l’ortofrutta. Almeno secondo la consueta analisi svolta dalla CGIA di Mestre che, quest’anno, sottolinea invece il calo sensibile del prezzo di gpl e metano per autotrazione (meno 17,8&) e del gasolio sia auto che per riscaldamento (-12,3 e -11,8% rispettivamente), seguiti da computer, palmari, tablet, cellulari e benzina. Arance (+10,8%) ed altri agrumi (+7,4%), insieme all’olio di oliva (+6,10%), sono invece ai primi posti nei rincari, come si è detto, in compagnia delle tariffe per la distribuzione, la raccolta e lo smaltimento delle acque.

In generale, per la Cgia, nel 2015 il calo dei prezzi ha “colpito” 3 divisioni di spesa su 12. I trasporti (-2,6 per cento), le comunicazioni (-1,3 per cento), e l’aggregato abitazione, elettricità, combustibili (-0,9 per cento). Gli aumenti più rilevanti, invece, si segnalano tra i servizi ricettivi e la ristorazione (+1,2 per cento),l’istruzione (+ 1,8 per cento), le bevande alcoliche e i tabacchi (+2,7 per cento).

“Il calo dei prezzi dei prodotti energetici è avvenuto a seguito della  forte contrazione registrata quest’anno dal costo del gas e, in particolar modo, del petrolio – spiega il coordinatore della Cgia Paolo Zabeo – La media del Brent nell’intero 2015, ad esempio, è stata pari a 53 dollari/barile rispetto ai 99 del 2014. Si pensi che l’andamento delle quotazioni internazionali delle fonti di energia ha consentito un calo del 22 per cento della nostra fattura energetica nazionale, passata dai 44,6 miliardi di euro del 2014 ai 34,7 miliardi del 2015″.

I forti rincari registrati dai prodotti ortofrutticoli, invece, sono ascrivibili ad alcuni aspetti di carattere climatico (“da un lato le condizioni meteo e la siccità hanno messo a dura prova tutto il settore della frutticoltura, diminuendo la produzione di alcune specie chiave, dall’altro il forte caldo estivo ha spinto all’insù la domanda di frutta”, spiega Zabeo) ma anche ad altri fattori: “secondo alcune stime – sostiene il coordinatore Cgia – quest’estate diversi  prodotti ortofrutticoli hanno subito dei ricarichi di prezzo dal campo alla tavola che sono arrivati a toccare punte del 500 per cento. Ciò è riconducibile all’eccessiva frammentazione del sistema di distribuzione e, in parte, alle attività speculative messe in atto dagli intermediari commerciali presenti lungo la filiera. Senza contare che la domanda è in costante aumento a seguito delle modifiche delle abitudini alimentari degli italiani. Secondo l’Istat, infatti, l’anno scorso le famiglie hanno speso mediamente per l’acquisito di frutta e verdura 97,40 euro al mese, a fronte dei 97,20 euro per la carne che dal 2011 è in diminuzione. Un sorpasso che fino a qualche anno fa nessuno avrebbe immaginato”.

Un’accusa, quella alle manovre speculative, che viene confermata anche dal presidente della Confeuro Rocco Tiso, secondo il quale il forte rincaro “è dovuto alle pesanti speculazioni che si attuano durante la filiera produttiva del cibo e questo è inaccettabile perché’ si possono fare sforzi incredibili per sostenere le imprese agricole, ma se non si combatte la speculazione la guerra è persa in partenza”.

“Dal produttore al consumatore ci sono troppi passaggi – continua Tiso – e questo determina un aumento ingiustificabile ed eticamente deprecabile del costo dei prodotti agricoli sulla tavola degli italiani”. In tale contesto “quest’anno si sono concretizzate leggi importanti per risollevare l’agricoltura italiana, ma il rischio di ricondurla in piena crisi è dietro l’angolo e s’insinua nella logica del puro profitto che non può convivere con l’irrinunciabilità dei prodotti che l’agricoltura stessa crea”.

E che l’agricoltura non ce la faccia più a sostenere la distorsione dei prezzi causata dai troppi (e a volte artificiosi) passaggi dalla terra alla tavola, lo sottolinea ancora una volta la Coldiretti, secondo cui le distorsioni di filiera, con il sotto-pagamento degli agricoltori ha fatto sparire dalle campagne italiane circa un terzo (-33 per cento) dei frutteti in quindici anni, con la scomparsa di oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti, che rischiano di far perdere all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea.

La superficie coltivata a frutta in Italia è passata da 426mila ettari a 286mila, un crollo netto del 33 per cento in 15 anni, secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati Istat sulle coltivazioni legnose agrarie pubblicati nel 2015. A determinare la scomparsa delle piante da frutto è stato il crollo dei prezzi pagati agli agricoltori che non riescono più a coprire neanche i costi di produzione.

Il taglio maggiore – sottolinea la Coldiretti – ha interessato i limoni, con la superficie dimezzata (-50 per cento), seguiti dalle pere (-41 per cento), pesche e nettarine (-39 per cento), arance (-31 per cento), mele (-27 per cento), clementine e mandarini (-18 per cento).

Anche se, come ricorda l’associazione, nel 2015 si è realizzata una positiva inversione di tendenza nei consumi che sono aumentati dopo essere calati per diversi anni (una tendenza dovuta certamente alla ripresa ma anche ad un deciso orientamento al consumo di prodotti salutari) resta comunque il pericolo che, se non si attiveranno politiche capaci di eliminare o quanto meno ridurre le fasi speculative, il settore ortofrutticolo italiano possa continuare a perdere colpi a livello internazionale.

Autore

  • Roberto Ambrogi

    Giornalista professionista, specializzato nel settore economico-finanziario con pluridecennale esperienza maturata attraverso tutti i tipi di media (agenzie di stampa, quotidiani e periodici, radio, tv e web). Esperto di comunicazione, effettuata in vari settori economici (per conto di società finanziarie, industrie agroalimentari, aziende commerciali e turistiche) e politici (Responsabile rapporti con la Stampa di Partiti e Gruppi Parlamentari).

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