Orti urbani: a Roma e Milano domina l’abusivismo
I dati elaborati in uno studio del Crea. Necessario indagare le relazioni tra le aree coltivate e le possibili fonti di contaminazione. Dagli ‘orti di guerra’ a oggi romani e milanesi non hanno mai smesso di coltivare in città
L’abusivismo in città non riguarda solo le case ma anche, paradossalmente, gli orti urbani a Roma come a Milano. È il panorama che emerge dallo studio “Agricoltura e città 2015”, presentato di recente dal Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria.
La ricerca infatti, mette in evidenza come il fenomeno dell’agricoltura urbana ‘amatoriale’ sia dominato da un’eredità storica in cui il carattere ‘abusivo’, ovvero privo di riconoscimento da parte delle istituzioni, appare dominante, differenziandosi quindi dalle situazioni di molte altre realtà europee
Gli orti urbani, sono nati in maniera spontanea, per approvvigionarsi di frutta, verdura ma anche per coltivare viti e di ulivi, fin dall’antichità in entrambe le città, mostrano caratteristiche evolutive piuttosto simili anche se Milano è più avanti, nel senso che ha già avviato da tempo azioni e progetti finalizzati a regolamentare la materia con l’assegnazione di aree pubbliche da coltivare per finalità non commerciali. Invece Roma ha un paesaggio agricolo urbano, dominato storicamente da insediamenti non legalizzati che permane ancora, anche se il Comune ha emanato proprio nel 2015 un regolamento per gli orti e i giardini urbani.
Gli studiosi del Crea ritengono dunque che sia necessario “indagare in modo approfondito le relazioni tra le aree coltivate e le possibili fonti di contaminazione dell’ambiente urbano che possono interessare sia direttamente i coltivatori urbani come per esempio l’inquinamento aereo, sia la qualità dei prodotti agricoli per la contaminazione del suolo e delle acque”.
A Roma i siti di agricoltura urbana amatoriale mappati sono 3.201 (dati 2013) e coprono un’area di 215 ettari. Gli orti residenziali sono più numerosi e sono quelli su terreni a ridosso di palazzi, ville, case, attività industriali e artigianali per autoconsumo e occupano una superficie di 102 ettari all’interno del Grande Raccordo Anulare.
Gli orti e i giardini condivisi, caratterizzati da lotti distinti di forme regolari e gli orti istituzionali, con coltivazioni realizzate per finalità didattiche, di ricerca, o in aree di pertinenza di edifici di culto, strutture religiose, ospedali e carceri coprono una superficie che è circa la metà degli orti residenziali.
A Milano, in base agli ultimi dati disponibili (2014) risulta che le aree adibite ad orti comunali sono 88 con una superficie complessiva di 3,75 ettari. L’agricoltura urbana occupa una superficie di circa 80 ettari, quella amatoriale rispetto a quella professionale è trascurabile e ammonta al 3,4%. Anche a Milano gli orti residenziali sono i più diffusi ma gli orti residenziali e condivisi sono le tipologie dominanti e rappresentano il 94% della superficie mappata nel 2014. Gli orti istituzionali occupano una superficie pari al 5% del totale.
A Roma, la coltivazione in area urbana risale alle guerre mondiali con i famosi ‘orti di guerra’, realizzati all’interno della città per incrementare la sicurezza alimentare e l’indipendenza. Negli anni ’60 e ’80 l’interesse per le attività agricole è andato scemando fino agli 2000 quando si segnala una ripresa di orti non riconosciuti ufficialmente ma coltivati in spazi condivisi più o meno ampi. Oggi il fenomeno è apprezzabile anche per la sua valenza sociale ed ecologica: queste nuove interpretazioni partecipative dello spazio metropolitano infatti, sono un tentativo di ricollegamento tra natura e società.