domenica, Maggio 5, 2024
Ambiente

L’Artico è anche una questione Europea

Ascoltato in Commissione Esteri alla Camera il Consigliere del SEAE, Terkel Peterson, ribadisce l’impegno dell’Ue nel cercare soluzioni transnazionali per contrastare lo scioglimento dei ghiacciai che sta sconvolgendo l’Artico

Zona di terre coperta da ghiacci e neve per molti anni la regione artica è stata considerata come una sorta di landa desolata, un’area di mero interesse scientifico per capire le dinamiche di formazione della terra o di studio per comprendere l’adattamento in condizione estreme della fauna e della flora.

Tuttavia il verificarsi dei cambiamenti climatici ha aggredito in modo particolare questa regione, la cui alterazione dal punto di vista ambientale  è apparsa più veloce rispetto a quella che ha interessato altre zone del globo.  Con un intervento presso la Commissione Affari esteri della Camera dei deputati, il consigliere del SEAE( il servizio diplomatico dell’Unione europea) Terkel Petersen ha evidenziato che la questione Artica può essere affrontata – soprattutto  nella speranza di essere risolta – solo attraverso una ampia cooperazione fra tutti gli Stati della Terra  per modificare quei comportamenti che inavvertitamente proprio a migliaia di chilometri di distanza stanno provocando lo scioglimento dei ghiacci di questi territorio.   Come Ue, ha sottolineato Petersen,  possiamo giocare un ruolo fondamentale non solo perché abbiamo fra i nostri Paesi membri Stati che sono artici,  ma anche perché esistono questioni che richiedono negoziati, politiche e soluzioni sia a livello regionale sia a livello multilaterale nell’ambito dei quali l’Unione europea funge da veicolo e da interlocutore.

E’ fondamentale secondo il Consigliere europeo rafforzare la comunicazione in questa materia per far capire al più largo numero di interlocutori la profonda correlazione che a livello climatico esiste per ogni nostro comportamento, indipendentemente da dove ci troviamo.  Comprendere (e far comprendere) quanto le nostre azioni impattino sull’Artico e quanto la trasformazione di questa zona possa a sua volta impattare su di noi è uno dei propositi su cui Bruxelles sta concentrando i suoi sforzi. La difficoltà, sottolinea Petersen, è poi accentuata dal fatto che queste regioni vengono percepite a livello generale come luoghi remoti e poco popolati, elementi che sviano facilmente l’attenzione dell’opinione pubblica e dei politici dai disastri che le stanno interessando.

Anzi,  lo scioglimento di parte dei ghiacciai perenni a seguito dei cambiamenti climatici ha reso possibili alcune opzioni economiche (prima impedite dall’impenetrabilità di questi territori) salutate con grande favore da molti operatori commerciali.  L’arretramento dei ghiacciai da un lato ha reso infatti possibile l’accesso a risorse petrolifere, gasiere e minerarie sinora inesplorate e dall’altro permette di navigare per periodi più lunghi e in condizioni di maggior sicurezza lungo le rotte artiche che sono i passaggi transoceanici più rapidi di collegamento tra i poli economici europei, asiatici ed americani.

Operazioni che rischiano di compromettere ancor di più, sottolinea Petersen,  il precario equilibrio che ancora resiste in questi territori e su cui si stanno concentrando tali prospettive economiche che solo un interesse sovranazionale può sperare di riuscire a contrastare.

Questioni che, sottolinea il delegato Ue,  devono tuttavia essere affrontate con grandissima cautela, con il proposito di conciliare le esigenze dei Paesi che insistono in questa area con la necessità di una protezione ambientale  per la salvaguardia dell’intero Pianeta.

Prudenza che è obbligata adesso per Bruxelles, visto che nel 2008  per aver impedito la commercializzazione sul territorio dell’Unione di prodotti derivanti dalla Foca – per preservarne la sopravvivenza – si è vista rifiutare lo status di Osservatore ufficiale nel Consiglio Artico, il forum  di cooperazione intergovernativa  a cui partecipano Canada, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca con la Groenlandia e le isole Faore, Stati Uniti con l’Alaska, e la Russia insieme ai rappresentanti di associazioni di popolazioni indigene.  Una presenza ufficiale all’interno di questa consociazione – di cui in qualità di Osservatore ufficiale dal 2013 fa parte anche l’Italia – permetterebbe, sottolinea Petersen, sicuramente un’incisività maggiore dell’azione dell’Unione a protezione di questa risorsa universale.

 

Cristiana Persia

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