La nuova rivoluzione verde è tecnologica e comincia dal settore sementiero
In un convegno a margine dell’Assemblea nazionale, focus di Assosementi su quelle implementazioni in agricoltura che potrebbero ridurre la chimica nei nostri piatti
Valutare e comunicare le opportunità connesse all’applicazione delle innovazioni tecnologiche in agricoltura rappresenta una delle sfide più complesse che il comparto deve affrontare. Meno chimica e più tecnologia potrebbe essere la risposta più adeguata per garantire la crescita sostenibile dell’agricoltura e che inseme potrebbe risultare estremamente gradita ai consumatori.
«La percezione dell’agricoltura sta evolvendo e con essa anche il modo di comunicarla: si sta abbandonando finalmente l’idea di un’agricoltura slegata dai progressi della scienza e della tecnologia” con queste parole il presidente di Assosementi, Giuseppe Carli, ha rimarcato il tema centrale dell’incontro “Comunicare l’innovazione” svoltosi lo scorso 19 aprile a Bologna, a margine dell’Assemblea dell’associazione che riunisce le principali aziende sementiere in Italia.
A fronte di consumatori sempre più attenti ai cicli di produzione del prodotto, con un alta propensione verso il biologico e inclini – ben oltre quanto predisposto dalla normativa – a premiare anche il rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale, il settore primario ha necessità di rinnovarsi sfruttando le molteplici opzioni disponibili in campo scientifico ma – al passo con i nuovi tempi – ha anche il compito di sensibilizzare gli operatori del comparto e tranquillizzare i cittadini attraverso una comunicazione trasparente ed incisiva sulla sicurezza e sulle concrete opportunità legate alle nuove scelte adottate.
Questo il mood che ha caratterizzato i vari interventi che si sono succeduti nel corso della mattinata.
“La tecnologia contenuta in un seme è pari a quella racchiusa in un microchip. Il contenuto di innovazione, di ricerca in campo genetico e di sperimentazione racchiuse nelle sementi sono di una complessità stupefacente, frutto del lavoro di generazioni di studiosi che troppo spesso vengono dimenticati”, ha detto il presidente Carli, che ha precisato: “Penso in primo luogo alla figura del grande genetista italiano, Nazareno Strampelli, precursore della Rivoluzione Verde, la persona che ha gettato le basi per i nuovi metodi di innovazione vegetale”.
Il settore sementiero in Italia investe in ricerca e sviluppo il 15% del fatturato annuale, con l’obiettivo di dare vita a varietà che possono generare valore aggiunto per tutta la filiera. Un comparto decisamente fondamentale anche per la tutela di quel made in Italy che tanto piace ai mercati internazionali e che costituisce una colonna portante del nostro export.
Proprio a tutela di questo comparto, come sottolineato nel suo intervento da Vittoria Brambilla dell’Università di Milano, sarebbe opportuno che il legislatore intervenisse al più presto per colmare il vuoto normativo presente per la cisgenetica, nota agli addetti di settore come tecnologia Crisper/Cas9, autorizzandone l’impiego in maniera chiara anche nel nostro Paese. A differenza della tecnologia OGM, precisa infatti la professoressa Brambilla, che prevede interventi sulla struttura del Dna con incroci fra specie completamente differenti, con la cisgenesi si interviene in laboratorio con il solo intento di selezionare (o inibire) i frammenti di codice genetico già presenti nelle piante che meglio si confanno alle nuove esigenze del mondo agricolo. Con questa tecnica in laboratorio si agisce di fatto solo sul fattore tempo, accelerando in pratica con l’intervento genetico quelle modifiche che si riuscirebbero ad avere anche naturalmente attraverso i normali processi di selezione sementiera, ma con tempi lunghissimi (basti pensare che lo stesso Strampelli con i suoi incroci per la selezione del grano “Roma” impiegò quasi 25 anni).
Al convegno è intervenuto anche Cesare Accinelli, del dipartimento di Scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna, che ha dato conto di un nuovo strumento sviluppato dall’Alma Mater per il controllo del rilascio delle polveri nei semi trattati. Attraverso l’applicazione in fase di concia di alcuni polimeri che avviluppano attraverso una sorta di film il principio attivo direttamente sul seme, è oggi possibile evitare la dispersione delle sostanze nell’ambiente mantenendo quindi il prodotto sano fino alla sua piantumazione.
Altro elemento di primo piano in questo dibattito tutto centrato sulla tecnologia 4.0, è stato quello delle grandi opportunità offerte da un più ampio impiego dei droni in agricoltura. Applicati in maniera consistente nei Paesi dove sono più sviluppate le coltivazioni intensive, in Italia il loro utilizzo è decisamente ancora limitato. Come ha sottolineato Romeo Broglia, ad di AeroDron, questi strumenti possono però rivelarsi utilissimi agli agricoltori sia per ottimizzare le risorse, quanto per incrementare l’efficienza della resa dei sementi, oltre ad offrire la possibilità di raccogliere in tempo reale dati preziosi per contrastare efficacemente le problematiche connesse ai cambiamenti climatici.
E come ha sottolineato il presidente di Assosementi: “La sfida di garantire entro il 2050 l’accesso al cibo a 10 miliardi di persone sta diventando centrale nel dibattito pubblico. È necessario quindi un passo ulteriore e fare capire all’opinione pubblica che per vincere questa sfida c’è bisogno dell’innovazione vegetale e che dunque il contributo dell’industria sementiera è fondamentale”.
Cristiana Persia