Il mondo è sempre più “glocal”
di Cristiana Persia
Accrescere l’appeal di una coltivazione agricola grazie alla garanzia di qualità offerta dal luogo di origine: per intenderci, il limone di Sorrento, il pomodoro Pachino, la nocciola del Piemonte, sono alcuni dei prodotti che garantiscono un “valore aggiunto” al consumatore proprio grazie alle caratteristiche del terreno e alle tecniche utilizzate nel territorio in cui vengono coltivate. Insomma, un “made in” anche per i prodotti agricoli, così come avviene per quelli industriali. Un “plus” riconosciuto a livello mondiale, per tutti i prodotti agricoli: l’appartenenza territoriale, di quello specifico Paese, di quella regione e di quella particolare nazione.
Elementi oscurati negli ultimi anni dalle tecniche di omologazione produttiva e di dislocazione, tipiche dei moderni processi di lavorazione industriale e che hanno spesso mostrato di mal adattarsi al prodotto agricolo con danni enormi alla biodiversità e alla sostenibilità di tutto il comparto e in particolar modo del territorio, così come fa notare il viceministro all’Agricoltura Andrea Olivero.
Un territorio che non può prescindere da chi in quell’area lavora e da quell’area deve trarre il suo sostentamento. Come sottolineato dal presidente della Cia, Dino Scanavino, una nuova agricoltura, innovativa e a difesa del territorio potrà riuscire ad esprimere tutte le sue potenzialità solo se sostenuta da un accorto piano strategico capace di legare i temi del reddito, della difesa e dell’integrazione nel territorio, con una dimensione diversa dell’impresa agricola, così da assorbire e fornire quei servizi locali (sociali, amministrativi, etc.) che possono trasformarla in unità di integrazione per lo stesso territorio di riferimento