Il mondo contadino com’era
Lo racconta Raffaele Schettino nella sua opera prima, che ha anche interpretato e prodotto con la Grauco cinema srl. Tratto da una storia vera è stato adattato da Daniele Trovato. Il film è stato premiato alla 49 edizione del Worldfest di Houston-Texas e al Rome Web Awards.
Una scena del matrimonio (Fonte: sito ufficiale del film)
di Barbara Civinini
Il mondo di oggi come ha potuto dimenticare lo stare insieme, con tutti i suoi rituali, che porta alla vera “magia” della società? E questo bisogno di base è recuperabile? Raffaele Schettino ha cercato di dare una risposta a queste domande con la sua opera prima, Il mondo magico. Liberamente ispirato a una storia vera, riporta sul grande schermo in chiave demartiniana gli arcani di quel mondo rurale sparito, che sono stati tramandati attraverso la tradizione orale e la semplice ritualità dei gesti quotidiani. Sullo sfondo del film ci sono i fatti della Seconda Guerra Mondiale, prima e dopo l’armistizio, inclusi quelli dei piccoli comuni dell’Irpinia, dimenticati dalla memoria collettiva. Gianni, disertore della campagna di Russia – interpretato dallo stesso regista – pagherà un pegno oscuro al suo amore di fuggiasco, alla vendicativa Teresa (C. Travisonni), quando, ritornato a casa, nella sua Frigento, ritroverà la fidanzata Tina (A.Tavarone). Fanno da sfondo, divenendo la vera essenza del film, i riti del mondo di campagna, dalla maledizione alle formule magiche, dalla figura della “masca” alla “mammasanta”, con i canti e le musiche delle tradizioni regionali, dalla Campania alla Lombardia, passando per l’Umbria.
Gli attori del film, eccetto il protagonista, sono tutte persone dei luoghi, dove è stato girato il film. La scelta ricorda, da lontano, La terra trema, il film di Visconti, ispirato al capolavoro di Verga, I Malavoglia, tutto girato con gli abitanti di Aci Trezza. Gianni, che ignora il mondo magico, alla fine della storia ne rimane vittima e forse rappresenta l’uomo nuovo, quello moderno. L’alternativa fra “magia” e “razionalità”, scriveva più di mezzo secolo fa il noto antropologo e storico delle religioni De Martino, “è uno dei grandi temi da cui è nata la civiltà moderna” e Schettino con la sua opera prima non descrive soltanto il fascino del suo piccolo mondo contadino del sud – i suoi genitori sono di origine irpina – ma anche il difficile incontro con il mondo moderno della fabbrica, a Terni, sullo sfondo di un’Italia che è appena uscita dalla guerra. Siamo nei primi anni 50. Molte scene sono state girate all’interno di musei, come quello etnografico “Beniamino Tartaglia” di Aquilonia e quello delle antichità di Bonito, nell’avellinese campano, utilizzati come scenografia naturale. Questo piccolo mondo che non c’è più è raccontato dai canti della Banda della Posta di Vinicio Capossela, che dipinge i costumi della bassa (Frigento) e dell’alta Irpinia (Calitri, Cairano, Aquilonia). Alla realizzazione del film hanno contribuito l’archivio dell’antropologo ed etnomusicologo Valentino Paparelli e l’associazione culturale ‘Buonacquisto insieme’. Schettino laureato in Economia politica a La Sapienza di Roma, ha frequentato l’Odin Teatret e la scuola di musica del Testaccio a Roma. Ha lavorato in teatro con grandi maestri come Dario Fo e Franca Rame e Jean Paul Denizon, l’assistente storico di Peter Brook.