I pro e i contro del “vertical farming”
di Gianluca De Angelis
Le città si stanno espandendo, sottraendo progressivamente enormi quantità di terreno adibite, in passato, ad agricoltura e pastorizia: tuttavia, al contempo, la quantità di risorse disponibile per il sostentamento è anch’esso un problema crescente per il sovrappopolamento del pianeta. Si deve produrre di più, ma con uno spazio sempre più ristretto a disposizione.
Negli ultimi anni si stanno studiando diverse soluzioni per ovviare a questo problema: tra di esse, una nuova idea di agricoltura alternativa è quella del vertical farming. Ma di cosa stiamo parlando? Il vertical farming è quel processo che consente di coltivare grosse quantità di prodotti all’interno dei confini delle città, in modo estremamente controllato ed ecologico, ovviamente senza l’uso di pesticidi né prodotti chimici, in enormi serre che si sviluppano, appunto, in verticale. All’interno di queste strutture, infatti, le coltivazioni si sviluppano in altezza piuttosto che in estensione, con grossi scaffali con molte mensole sulle quali sono ubicati i raccolti, che vengono monitorati attentamente grazie anche alla grossa concentrazione di piante in uno spazio non troppo dispersivo.
I benefici del vertical farming non finiscono qui: oltre a proteggere le piante dalle intemperie climatiche, infatti, questo particolare tipo di coltivazioni permette una nutrizione cadenzata e automatizzata tramite un utilizzo tecnologicamente avanzato di irrigazione, di tubi e di lampade UV, che permettono una produttività molto più rapida e generosa. Oltretutto, la sostenibilità sembra essere senza precedenti: l’acqua viene infatti riciclata in una serie di cicli continui, che spesso vanno ad alimentare anche teche di pesci da allevamento ubicate all’interno della stessa serra, enormi vasche che forniranno esse stesse grandi quantità di fertilizzanti utilizzabili per le piante.
Non esistono, però, solo lati positivi nel vertical farming: bisogna dire innanzitutto che i costi per avviare un’attività del genere sono molto alti, con una stima iniziale che può superare abbondantemente i 100.000 euro. Oltretutto, trovare una struttura che risponda alle condizioni per questo tipo di impianti è abbastanza difficile, soprattutto considerando che dovrà essere adibita secondo le norme di sicurezza e dovrà essere necessariamente dotata di un generatore di corrente per poter far fronte agli alti consumi che il vertical farming prevede.
Come ultima cosa, va anche specificato che non tutti i tipi di coltivazione sono adatti al vertical farming che, se si adatta molto bene a verdure e piante, è invece più difficoltoso per quanto riguarda ortaggi e alberi da frutto.
Una serie di pro e contro molto ampia quindi: c’è da dire che questo tipo di agricoltura, tuttavia, potrebbe rappresentare una grande svolta per l’economia locale, creando una grande varietà di posti di lavoro e soprattutto offrendo un’alternativa totalmente sostenibile ad altri tipi di coltivazioni più invasive ed inquinanti. La tecnologia si evolve, e di pari passo nascono idee per rinnovare il settore agricolo e adattarsi alle esigenze contemporanee e alle nuove regole del campo: chissà se, un domani, anche il vertical farming entrerà a far parte stabilmente della nuova realtà agricola continuamente in divenire.