Fauna Selvatica. Impossibile la pacifica convivenza?
L’aggressione compiuta sabato scorso da un cinghiale nei confronti di una coppia di coniugi nei pressi della propria abitazione a Cefalù in Sicilia che ha provocato la tragica morte di Salvatore Rinaudo – attaccato dall’animale mentre cercava di preservare i propri cani – e il serio ferimento della moglie Rosa – intervenuta nel vano tentativo di difendere il marito – ha riportato all’attenzione di pubblico ed istituzioni la questione se sia possibile o meno una serena e pacifica convivenza fra l’uomo e questi (od altri) animali selvatici e sulle eventuali misure di intervento da adottare.
Se la Regione Siciliana ha deliberato lo stato di calamità per affrontare la questione del sovraffollamento di cinghiali sul proprio territorio, da una parte si leva alto il grido delle associazioni degli agricoltori che da moltissimo tempo denunciano le difficoltà della categoria nel coabitare “civilmente” con questi animali, dall’altra le associazioni animaliste accusano invece le istituzioni di non pianificare azioni convincenti per un loro monitoraggio o la profilassi contraccettiva ed invitano tutti a non criminalizzare i cinghiali attribuendo loro intenzionalità o cattiverie tipicamente umane.
Gli agricoltori
“Le tante sollecitazioni che la Confederazione Italiana Agricoltori ha fatto in questi mesi sul grave problema della fauna selvatica purtroppo non sono servite a nulla” dichiara amareggiato Dino Scanavino, presidente della CIA: “Alla fine c’è scappato il morto”. E ricorda che il sovraffollamento di questa specie – che si spinge spesso fino ai margini dei centri abitati – ha creato “una situazione assurda e paradossale che ha messo in ginocchio molte aziende agricole e che ora rappresenta un rischio per l’incolumità della gente”.
Toni pressocché identici anche da Coldiretti, il cui presidente Roberto Moncalvo ribadisce che il problema dei cinghiali e degli altri animali selvatici, oltre a determinare sempre più spesso l’abbandono delle attività rurali da parte dei coltivatori, con i connessi problemi di dissesto idrogeologico dei terreni, hanno causato, ad esempio solo per il 2014, danni stimati in quasi 100 milioni di euro (fra incidenti stradali e loro incursioni nei raccolti o fra gli animali allevati).
Animalisti vs istituzioni e cacciatori
Tuttavia le associazioni animaliste, pur esprimendo compatte il profondo rammarico per il tragico evento occorso in Sicilia, continuano a ribadire la necessità di trovare una soluzione ragionata che eviti di individuare solo nell’abbattimento selettivo l’unica via per gestire il problema.
Carla Rocchi, presidente di Enpa (Ente nazionale protezione animali) sottolinea:“Questo evento così doloroso, è la conseguenza della strategia fallimentare seguita in materia faunistica a livello sia nazionale e locale”. Una strategia, precisa, “finalizzata non tanto alla gestione scientifica e razionale dei selvatici, quanto alla ricerca del consenso dei cacciatori attraverso le leve della libertà di sparo, dei ripopolamenti venatori, degli abbattimenti presuntamente ‘selettivi'”.
Un’accusa cruda che sembra però trovare immediata conferma nell’annuncio del presidente della Commissione Ambiente della Regione Liguria, Andrea Costa, che ha appena proposto di tenere aperta la caccia al cinghiale “anche per tutto l’anno – se dovesse rendersi necessario – al fine di salvaguardare la sicurezza pubblica”.
E se è facile intuire che questo approccio sarà probabilmente seguito dagli assessorati di altre Regioni o macro Comuni (magari, come fa sapere Marco Palumbo, consigliere delegato all’Agricoltura caccia e pesca della Citta Metropolitana di Roma, ricorrendo a interventi di abbattimento effettuati dal personale istituzionale preposto), Massimo Vitturi, responsabile LAV Animali selvatici avverte: “Nel caso dei cinghiali, l’approccio venatorio alla gestione degli animali selvatici dimostra tutto il suo fallimento e la sua inefficacia. Uccidere gli animali per contenerne il numero non ha senso perché comporta inevitabili squilibri nella struttura sociale delle specie selvatiche che saranno indotte a riprodursi di più allo scopo di recuperare la densità in equilibrio con le risorse fornite dal territorio”.
E sollecita invece le amministrazioni ad investire di più sulla prevenzione, attuando un controllo della loro fertilità.
Negli USA ad esempio, evidenziano dalla LAV, esiste un contraccettivo usato da decenni per gestire le popolazioni di grandi erbivori selvatici, che con una sola iniezione consentirebbe di sterilizzare un cinghiale per 3-5 anni.
“E’ necessario pensare a soluzioni pragmatiche e di buon senso- ribadisce Vitturi -Dalle pallottole dei fucili da caccia non c’è infatti alcuna via di scampo. Lo sanno bene milioni di animali sterminati, ed i 22 morti e 66 feriti umani, vittime dell’ultima stagione venatoria (settembre 2014-gennaio 2015 – dati Associazione Vittime della Caccia)”.