martedì, Aprile 30, 2024
Ambiente

Coronavirus e plastica: una combinazione pericolosa

Dopo un percorso che sembrava ormai instradato verso una progressiva scomparsa della plastica monouso, con la pandemia del Covid-19 questa strada sembra essersi bruscamente interrotta

di Gianluca De Angelis

Dopo un percorso che sembrava ormai instradato verso una progressiva scomparsa della plastica monouso, con la pandemia del Covid-19 questa strada sembra essersi bruscamente interrotta. Tra guanti usa e getta, mascherine, visiere protettive, grembiuli, bottigliette di igienizzante per le mani, contenitori per la consegna di cibo a domicilio, frutta e verdura confezionate, tutto sembra andare in una direzione attualmente abbastanza complessa: basti pensare che, se tutti in Italia usassero effettivamente le mascherine, si verrebbero a creare circa 70mila tonnellate di rifiuti plastici annui da smaltire. Lo dice Legambiente, che solleva alcuni importanti interrogativi sull’utilizzo e lo smaltimento di questi oggetti: una prima problematica deriva prima di tutto dalla potenziale infettività degli stessi, che quindi non potrebbero essere nemmeno riciclati, ma verosimilmente carbonizzati tramite inceneritori. Ma c’è anche un problema interconnesso, ovvero proprio lo smaltimento non corretto: la vera e propria emergenza deriva infatti soprattutto l’abbandono, molto frequente, di guanti e mascherine usa e getta per le strade delle città, ma anche sulle spiagge o nell’acqua del mare, trasformando così degli strumenti atti a proteggerci dal contagio in una minaccia per l’ambiente e la biodiversità. Fortunatamente, però, sono già diverse le iniziative che si stanno attivando per sensibilizzare in maniera concreta gli italiani sulla serietà della situazione: Unicoop Firenze e Legambiente, ad esempio, con il patrocinio della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri, hanno promosso una campagna di comunicazione e informazione che possa spiegare chiaramente le conseguenze che scaturiscono dall’abbandono di questi oggetti, monitorando i casi già esistenti per poi strutturare un piano di pulizia più efficace, o ancora per proporre delle alternative sicure all’usa e getta, ad esempio tramite le mascherine certificate e riutilizzabili già disponibili sul mercato (anche se leggermente più costose rispetto a quelle tradizionali). L’iniziativa è stata presentata a Giugno da Daniela Mori, presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze e da Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente, insieme al vademecum “ECOproteggiamoci”, “L’impegno di Unicoop Firenze per l’ambiente è costante. – ha detto proprio Daniela Mori – Ora l’emergenza si chiama mascherine e guanti, dispositivi monouso che rischiano di venire dispersi nell’ambiente, e vogliamo intervenire per fare la nostra parte, da un lato sollecitando soci e clienti ad adottare comportamenti corretti, dall’altro dando la disponibilità di mascherine riutilizzabili, ecologiche e ad un costo accessibile”. “Il fenomeno dell’abbandono nell’ambiente di guanti e mascherine usa e getta può avere un impatto ben più grave di quello legato solo all’incuria – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani -. Per le loro caratteristiche di leggerezza e rapidità di deterioramento, infatti, finiscono molto facilmente, attraverso il reticolo idrografico o trascinate dal vento, in mare, dove possono causare un incremento della diffusione di microplastiche e diventare una minaccia per tutte le specie, protette e non. Sono scene che si ripetono sempre più spesso e che Legambiente ha denunciato per prima, da Milano a Firenze fino alle spiagge di Campania, Calabria e Sicilia”. Oltre alla possibile diffusione di microplastiche nei mari, un altro aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda l’impatto ambientale di alcune tipologie di guanti (quelli forniti a soci e clienti dei punti vendita Unicoop Firenze invece sono in mater-bi, completamente biodegradabili, a impatto zero) e mascherine è l’utilizzo di alcune sostanze chimiche nel loro processo di manifattura. Queste sostanze, infatti, se disperse nell’ambiente o gestite in maniera scorretta alla fine dell’utilizzo degli oggetti, sono causa di un inquinamento molto pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo: possono infatti arrivare a contaminare acqua, terreno e aria. L’attenzione dovrebbe quindi restare molto alta, ed è lasciato al singolo senso di responsabilità del cittadino cercare di utilizzare (e soprattutto di smaltire) questi importanti strumenti cercando di rendere l’impatto ambientale meno gravoso. In tutto questo, comunque, c’è un risvolto positivo: se il grande ritorno degli involucri e delle confezioni di plastica (spesso ingiustificate) è un problema che abbiamo appena analizzato, c’è da dire che durante il lockdown c’è stato un picco positivo del settore alimentare, anche perché la spesa nei supermercati e nei negozi di generi alimentari è stata per diverso tempo l’unica attività consentita. Inoltre, l’involucro di plastica è per il consumatore una garanzia di sicurezza, che semplifica anche di molto sia le spese online che quelle in loco. Si spera che, il prima possibile, si riesca a trovare un giusto equilibrio tra queste due situazioni apparentemente inconciliabili.

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