Credito agrario. Allo studio nuove forme di intervento
Sul piatto ci sono i 52 miliardi di euro che la PAC ha recentemente messo a disposizione per finanziare l’agricoltura in Italia nel periodo 2014-2020, ma c’è anche l’esigenza di poter accedere a tutti i fondi strutturali disponibili. Inoltre, ci sono le necessità quotidiane degli imprenditori del settore primario, chiamati a gestire ed innovare nel prossimo futuro le loro aziende agricole con investimenti che permettano di ridurre l’impatto ambientale e soprattutto assicurino loro maggiore competitività sia sul mercato interno sia su quello internazionale.
Anche se non si tratta di cifre eclatanti rispetto al totale del credito erogato in Italia, per gli operatori del settore agricolo che volessero usufruirne gli ostacoli sembrano non essere pochi. A partire dal fatto che i miliardi assegnati al nostro Paese da Bruxelles, destinati a finanziare a fondo perduto per i prossimi 5 anni l’ammodernamento del comparto, verranno offerti solo in quota parte (in media un 40%) rispetto ai progetti presentati: il restante 60% dovrà invece essere messo a disposizione direttamente dall’imprenditore agricolo che, salvo casi di particolare liquidità di cassa, dovrà necessariamente accedere al credito privato degli Istituti bancari.
Una possibilità che rimane spesso un sogno, come ci ha detto Giuseppe Alagia, responsabile del settore credito della CIA. Le imprese agricole non sono soggette allo stesso criterio di contabilizzazione fiscale, se non per gli obblighi iva, delle aziende commerciali. Se da una parte questo può facilitare la gestione di tali imprese, in genere molto piccole e frammentate (l’ultimo censimento Istat fotografava nel 2010 la presenza in Italia di oltre 1milione e seicentomila aziende, di cui il 96,6% era a conduzione individuale o familiare), dall’altro, insieme al basso livello di patrimonializzazione che lo accompagna, rappresenta un vero problema quando l’imprenditore si presenta allo sportello della banca per chiedere un finanziamento.
Questo anche perché, come sottolineano dall’Abi, il credito accordato ad un imprenditore agricolo presenta un tasso di rischio diverso rispetto a quello di altre attività economiche. Infatti, oltre al classico rischio di impresa e di mercato, va considerato anche il cosiddetto “rischio ambientale” che, comprendendo una gamma di componenti aleatorie connesse all’incertezza sull’andamento dei raccolti ed alla volatilità dei prezzi dei prodotti della terra sia sui mercati nazionali che internazionali, si impone con forza nella relazione tra banca e impresa agricola, incidendo anche sulla determinazione del tasso di rischio e dei conseguenti saggi di interesse da applicare.
Va comunque evidenziato che il comparto agricolo è stato uno dei pochi settori, se non l’unico, a mantenere in questi anni di crisi – pur con variazioni minime – un trend positivo nell’erogazione del credito. Al 31 dicembre 2014 (fonte Banca d’Italia) il totale degli impieghi in favore del comparto ammontava a 44 miliardi di euro, rappresentando il 4,9% del credito globale erogato, in leggero aumento rispetto al 2013 (+ 0,7% annuo a fronte di una contrazione dello 0,91% degli impieghi alle attività economiche nello stesso periodo).
Questo anche se il Testo Unico bancario ha despecializzato l’attività bancaria, cancellando gli istituiti di credito speciale. In compenso, la stessa riforma ha invece consentito a tutte le banche di potersi rivolgere volontariamente, e non per legge, al comparto primario, dedicandovi le necessarie figure professionali (tecnici, agronomi, esperti di settore), che potessero nella maniera più valida, sia dal lato banca sia dal lato cliente, valutare le caratteristiche e la conseguente solidità e bancabilità delle imprese agricole.
Imprese che, per fronteggiare le strutturali difficoltà di accesso al credito, possono far ricorso alle fideiussioni e alle garanzie che l’ISMEA (l’Istituto di sviluppo dei servizi per il mercato agricolo alimentare) rilascia loro per copertura delle esposizioni verso il settore bancario.
Si stanno, inoltre, mettendo in campo nuovi strumenti per cercare di utilizzare al meglio le risorse comunitarie a disposizione per il nuovo periodo do programmazione 2014 – 2020. In particolare, lo scorso 11 aprile, il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha emanato un decreto ministeriale per disciplinare il costituendo “Fondo credito” che, istituito presso l’ISMEA, rilascerà un finanziamento agevolato a cui dovrà accompagnarsi un finanziamento bancario ordinario, assicurando all’impresa un beneficio in termini di tasso di interesse, dato dal differenziale tra i due tassi applicati alle due componenti di finanziamento concesso. Il Fondo potrebbe alimentarsi con le risorse dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) qualora la Regione decida di utilizzare tale strumento finanziario per il raggiungimento degli obiettivi del Programma. Al momento, però, la convenzione tra ABI ed ISMEA, è ancora in corso di definizione.
Un altro strumento che si sta mettendo a punto è un accordo fra le Regioni e le Commissioni regionali Abi (e quindi con le banche che operano sul territorio), applicabile sia alla precedente programmazione 2007 – 2013 sia a quella in corso che prevede, da parte dell’impresa beneficiaria, l’apertura di un conto corrente vincolato sul quale far transitare le risorse finanziarie necessarie per effettuare il pagamento dei fornitori dell’investimento. Nel contempo, l’impresa – attraverso la sottoscrizione di un mandato irrevocabile all’incasso in favore delle banca – si impegnerà ad utilizzare il contributo pubblico erogato dall’Ente concedente a parziale decurtazione del finanziamento bancario.
Ci si augura, quindi, che al più presto siano disponibili strumenti finanziari sempre più adeguati (la stessa Abi, con il progetto Banche 2020, sta mettendo a disposizione delle banche strumenti formativi e informativi per aiutare tutte le aziende – non solo quelle agricole – nel percorso di accesso ai fondi europei e strutturali) che permettano di sostituire il tradizionale rapporto fiduciario e personale (che in passato spesso legava il piccolo imprenditore agricolo al direttore di banca) con nuove professionalità in grado di sostenere con maggiore efficienza ed efficacia l’intero settore.
di Cristiana Persia