sabato, Novembre 23, 2024
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Vegani all’attacco: 94 docce per una bistecca

Massimo Santinelli, fondatore e titolare di Biolab (una delle prime aziende italiane specializzate in prodotti vegetali, prevalentemente biologici), ha colto l’occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che si celebra venerdì 22 aprile, per esprimere la propria preoccupazione sulla questione legata al meat sounding, e cioè il divieto di utilizzare qualsiasi definizione che richiami la carne, stabilito con la legge 172/2023 recentemente approvata in Italia, che rischia di mettere in crisi un settore in grande crescita.

“Si tratta – sostiene Santinelli – di una norma che rischia di danneggiare molte aziende italiane di produzione vegana, con relativi impatti negativi in termini di occupazione e indotto, andando a favorire altri settori merceologici più ‘tradizionali’. Questo, nonostante la tendenza a scegliere alimenti vegan sia oggettivamente in forte crescita da diversi anni e la domanda di prodotti plant based sia sempre più diffusa tra i consumatori italiani, anche non esclusivamente vegani”.

Come lui, molte altre aziende del settore sono oggi sulle spine in attesa che si definisca la vicenda. Si tratta infatti – si sottolinea in una nota diffusa dall’ufficio stampa Biolab – di “un settore che ha avuto un vero boom di consumi, con ricadute concrete su tutto il sistema agroalimentare, visto che le materie prime provengono per la gran parte da coltivazioni agricole italiane. Gli ultimi dati elaborati da Good Food Institute dicono che il nostro Paese rappresenta il terzo mercato più grande d’Europa, dopo Germania e Regno Unito per i prodotti a base vegetale e le vendite continuano a crescere raggiungendo oggi complessivamente i 680,9 milioni di euro (+ 21% tra il 2020 e il 2022 e +9% solo nel 2022). La carne vegetale, nello specifico, ha visto una vera e propria impennata, con un aumento delle vendite dal 2020 al 2022 del 40% e con un valore di mercato di 168,4 milioni di euro”.

 “Ma per un’azienda come la nostra non c’è solo il danno economico. Come molti, nel settore biologico e in quello vegano, abbiamo fatto fin dall’inizio delle scelte di tipo etico e ambientale”, chiarisce Santinelli. “Oggi, in molti sono arrivati alla stessa conclusione: solo qualche mese fa, dal summit mondiale sul clima, la Cop 28, è uscito un documento che certifica la necessità di arrestare la crescita degli allevamenti, per la salvaguardia del Pianeta e della stessa salute umana. Dal punto di vista dell’impronta idrica, l’allevamento, specialmente quello intensivo, ha un impatto devastante. Non ci capacitiamo del fatto che invece di favorire chi produce per ridurla, si scelga la strada di favorire industrie che sono, evidentemente, non più sostenibili”.

Per meglio sostenere la tesi che sia più vantaggioso per la salute del pianeta nutrirsi con prodotti vegetali o a base vegetale piuttosto che con quelli degli allevamenti intensivi, nel comunicato viene sottolineato che mangiare una bistecca di 3 etti significa consumare 4.500 litri di acqua: la stessa quantità utilizzata per 70 porzioni di legumi, 150 porzioni di verdura o fare 94 docce di 3 minuti.  Se la sostenibilità si legge in questi numeri, la partita è tutta a sfavore della carne animale, in particolare quella bovina che ha l’impronta idrica più alta.

Per produrre un solo chilo di carne di manzo occorrerebbero infatti, secondo quanto riporta la nota diramata da Biolab, circa 15 mila litri di acqua, mentre per ottenere 1 kg di frumento, la base vegetale per la produzione di molti alimenti che ricordano la carne (appunto il cosiddetto meat sounding), ce ne vorrebbero quasi dieci volte meno, 1.600 litri.

“Oltre, dunque, alle emissioni di gas serra (che, secondo i dati più recenti sarebbero da attribuire tra il 15 e il 20% agli allevamenti intensivi), la produzione di carne – conclude la nota Biolab – sarebbe responsabile anche di un grande consumo di acqua, un bene sempre più prezioso, anche perché rappresenta l’espressione con cui i cambiamenti climatici impattano sugli ecosistemi”.

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