domenica, Novembre 24, 2024
Enologia

Antidumping cinese contro il brandy italiano

Sono tornate le guerre doganali, e stavolta coinvolgono prodotti voluttuari: acquaviti e liquori sono oggi le vittime collaterali di conflitti commerciali che hanno come protagonisti beni di ben altro spessore economico, quali acciaio, alluminio, aerei, autovetture elettriche. Oggi l’Unione Europea sta combattendo su due fronti, in conflitti indipendenti l’uno dall’altro: con la Cina e con gli Stati Uniti, e coinvolgimento diplomatico di organismi ad alto livello.

(Chi scrive confessa il proprio imbarazzo nell’usare la parola “guerra”, parlando di conflitti relativi a beni voluttuari, nell’attuale frangente storico con le immani tragedie in atto in Medio Oriente, in Ucraina e altrove.)

Sul fronte atlantico, aperto dal giugno 2018, è in atto un armistizio: il mese scorso l’UE ha nuovamente prorogato all’ultimo momento la sospensione dei dazi punitivi (in scadenza il 1° gennaio 2024) contro whiskey e bourbon USA, che erano stati imposti per ritorsione contro i dazi (a loro volta punitivi) precedentemente decretati da Washington su una serie di spiriti europei (fra i quali i liquori italiani) nel quadro della annosa vertenza USA-UE su presunte pratiche scorrette che riguardano l’interscambio di acciaio, alluminio, aerei (la vertenza Airbus-Boeing). L’attuale sospensione (non ancora revoca) scadrà il 31 marzo 2025, e l’auspicio generale adesso è che per quella data le vertenze su acciaio, alluminio e aerei fra USA e UE siano avviate a soluzione.

Dall’altra parte del mondo, con inquietante coincidenza temporale, a Pechino qualcun altro ha ritenuto che proprio gli spiriti fossero anche in questo caso un buon bersaglio da colpire utilmente per aprire una guerra doganale su un fronte completamente diverso: le autovetture elettriche.

Cosa è successo, stavolta? Ufficialmente, l’iniziativa parte dall’associazione nazionale cinese che rappresenta i produttori di spiriti, la quale si è rivolta al Ministero del Commercio di Pechino lamentando un danno all’industria locale provocato da presunte pratiche di dumping da parte degli esportatori europei di acquaviti di vino (soprattutto Brandy e Cognac). E il Ministero del Commercio ha subito accolto il reclamo: il 5 gennaio ha aperto un’inchiesta formale per anti-dumping sulle importazioni contestate. L’indagine potrebbe durare anche un anno, ma intanto non si esclude l’imposizione di dazi protettivi entro due mesi. (Una decina di anni fa, per un’altra vertenza, la Cina ci aveva già provato con il vino, che fu oggetto di un’indagine simile: alla fine tutto si risolse grazie ad un intenso lavoro di diplomazia europea.)

Ma cosa è successo, in realtà? In realtà, Pechino si risente vivamente a causa di un’inchiesta per anti-dumping aperta dall’Unione Europea sulle importazioni di autovetture elettriche prodotte dalla Cina. Ed è evidente che l’acquavite di vino ha a che fare con le auto elettriche tanto quanto i liquori italiani e il whiskey americano con l’export di acciaio e alluminio. E tuttavia, la grande maggioranza del valore dell’export europeo di acquaviti di vino europee in Cina proviene dalla Francia (il Cognac e l’Armagnac), e proprio dal governo francese erano state esercitate le maggiori pressioni per l’apertura dell’inchiesta anti-dumping dell’UE sull’import di autovetture elettriche cinesi.

Non ha dubbi al riguardo Raphaël Delpech, direttore dell’Bureau National Interprofessionel du Cognac (BNIC): “Questa è una questione politica”, afferma, e “l’indagine si basa su prove inconcludenti”, per cui la soluzione dovrà trovarsi a livello politico.

Del medesimo tenore è, in Italia, il commento della Presidente di Federvini Micaela Pallini: “Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una vera e propria ritorsione che rischia di colpire ingiustamente un settore estraneo ad una querelle di natura politica, supponiamo in parte legata all’indagine attivata dalla UE sui veicoli elettrici cinesi”. “Non dimentichiamoci – aggiunge la Presidente Pallini – che il settore, a causa della controversia Airbus-Boeing, aveva subìto dazi ad valorem pesantissimi negli Stati Uniti per circa due anni dal 2019 al 2021. In uno scenario internazionale così incerto e delicato, segnato da conflitti, non è auspicabile intraprendere nuove guerre commerciali”.

Una conferma arriva da Zhao Yongsheng, docente all’Università di Economia e Commercio Internazionale di Pechino, secondo cui la nuova indagine cinese sulle acquaviti di vino “è una rappresaglia, ma è ragionevole. La Cina ha scelto un prodotto che ha poco impatto sull’UE, ma il messaggio è chiaro: in futuro può puntare a beni europei molto più importanti come vino, prodotti di lusso e automobili”.

Ripercussioni immediate si sono avvertite in borsa: ne ha risentito anche Campari, che aveva appena compiuto il maggior investimento della sua storia per acquisire il cognac Courvoisier (che manda in Cina il 9 per cento del suo export totale).

La coincidenza temporale è pessima per gli interessi italiani: l’apertura della vertenza cinese per antidumping contro le acquaviti di vino europee investe in pieno la campagna di AssoDistil (l’associazione dei distillatori italiani) a favore del Brandy italiano proprio sul mercato cinese, partita l’autunno sc orso. Per questo il direttore di AssoDistil, Sandro Cobror, è intervenuto l’8 gennaio ed ha prontamente chiesto al ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida un intervento governativo nei confronti delle autorità di Pechino per neutralizzare l’iniziativa.

”Sebbene dalle prime informazioni – commenta Cobror – sembrerebbe che lo scopo dell’indagine di Pechino sia eminentemente ritorsivo contro analoghe indagini UE indirizzate verso l’import di motori elettrici dalla Cina, non vi è dubbio che l’iniziativa cinese metta a rischio lo sviluppo del mercato del Brandy in quel Paese, nonché la propensione all’investimento da parte di quei produttori non ancora presenti in Cina che vedono nel grande Paese asiatico un interessantissimo mercato potenziale di sviluppo sia del brandy che dei distillati in generale. Un’indagine antidumping rischierebbe inevitabilmente di bloccare sul nascere una iniziativa come quella della promozione del Brandy italiano in Cina, oltre che recare un danno economico enorme al settore degli spiriti, e tutto questo senza alcuna ragione reale: infatti, oggi sul mercato cinese il brandy UE viene venduto a prezzi decisamente superiori a quello dei distillati locali e comunque, laddove pure si ravvisasse l’opportunità di bloccare le importazioni di distillati dall’UE, ciò risulterebbe economicamente ininfluente per controbilanciare il rischio di un blocco delle importazioni in UE di componentistica e motori elettrici dalla Cina, che valgono dieci volte di più”.

La pulsione degli esportatori di spiriti europei è molto forte verso la Cina, perché i consumatori cinesi sono tanti, e amano l’alcol. È questo il motivo per cui l’acquavite nazionale cinese, il Baiju, è la più consumata del mondo.

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