Un fungo molto benefico: il Ganoderma lucidum
Classificati da Linneo come piante, i funghi sono ormai riconosciuti come un regno a sé stante. È un regno magico, prima di tutto perché non dovrebbe esistere. Infatti, i funghi sono venuti al mondo con un gravissimo handicap: pur essendo immobili come le piante, sono incapaci di fotosintesi clorofilliana; pur essendo eterotrofi come gli animali, non possono muoversi alla ricerca di cibo. Avrebbero dovuto rapidamente estinguersi ma, per consentirne la sopravvivenza e la diffusione, la natura li ha provvisti di un’arma formidabile, nella quale sono ineguagliabili: la chimica. Grazie a questa, possono mangiare di tutto: sono capaci di digerire non solo il legno (Ganoderma lucidum e molte altre specie) ma anche la plastica (Pestalotiopsis microspora). Alcuni funghi possono vivere senza ossigeno, utilizzando il processo della fermentazione: come i lieviti, da millenni usati per fare il pane, il vino e la birra. Per competere con i batteri, producono antibiotici (penicillina e cefalosporina; altri, attivi su ceppi multi resistenti, sono oggi in studio). Alcuni producono droghe psicotrope (psilocibina, muscimolo e acido ibotenico). Altri ancora sintetizzano potentissime tossine (alfa e beta amanitina, orellanina, muscarina, aflatossine). Ma anche il sapore e il profumo dei funghi testimoniano di tanta versatilità chimica: basti pensare al gorgonzola (erborinato con funghi del genere penicillum), al tartufo e al porcino.
Nessuno stupore, dunque, che questi laboratori chimici naturali possano anche produrre sostanze medicamentose.
Le tracce dell’uso medicinale dei funghi si perdono nella preistoria: “Otzi” (la “mummia” del ghiacciaio di Similaun) portava con sé funghi medicinali del genere inonotus. L’etnomedicina ha fornito alla scienza moderna le prime conoscenze sull’uso medicinale dei funghi, utilizzati da millenni soprattutto in Cina e Giappone; ma altre interessanti tradizioni provengono dalla Siberia e dal Sud America. Oggi si conoscono molte specie di funghi medicinali; ma anche i più diffusi funghi commestibili, dal porcino allo champignon, hanno proprietà medicinali da non sottovalutare. Sono almeno 12 i funghi medicinali su cui esistono sia tradizioni d’uso millenarie sia, soprattutto, moderni lavori scientifici, che confermano la presenza di sostanze bioattive con attività terapeutiche.
Vi parlerò del fungo medicinale finora più studiato, partendo da un’antica leggenda orientale.
Si dice che, in un’epoca lontana, i maestri taoisti usassero un fungo raro per assicurare salute e longevità: addirittura l’eterna giovinezza. Per la sua scarsità, l’imperatore Ti avrebbe organizzato una spedizione che cercasse tale fungo oltremare, impegnando una piccola flotta, il cui equipaggio era costituito da gagliardi giovani di ambo i sessi. La spedizione, purtroppo, fece naufragio in una terra disabitata, ma i sopravvissuti colonizzarono quella terra: sarebbe nato, così, il Giappone.
Quel fungo leggendario era chiamato in cinese Ling-zhi (elisir dello spirito, o della lunga vita), in giapponese Reishi (visione dello spirito).
Il suo moderno nome scientifico è Ganoderma lucidum.
È un basidiomiceto della famiglia delle ganodermataceae, vive come saprofita/parassita degli alberi. Per la sua consistenza dura non è commestibile. In considerazione della variabile distribuzione del fungo in natura e della crescente richiesta del mercato, il fungo è coltivato fin dagli anni ‘70, sia su substrati legnosi (tronchi, cereali, segatura, corteccia), sia in liquido nutritivo.
Il “Classico di materia medica” (Shén Nóng Běn Cǎo Jīng) del II secolo d. C. lo annovera tra i “rimedi principali” della medicina tradizionale cinese (MTC). Il Pen T’sao Kang Mu (Compendium di Materia Medica di Li Shizhen, del XVI secolo) così descrive le proprietà del ling zhi: “migliora l’energia vitale, rinforza il Qi del cuore …, aumenta la capacità intellettuale e potenzia la memoria”. La Pharmacopoeia of the People’s Republic of China continua ad annoverarlo tra i farmaci ufficiali, con indicazioni diversificate. Anche in Giappone ha una storia d’uso millenaria, che tuttora continua. È incluso nella farmacopea ufficiale ed è usato in ospedali e centri oncologici.Il G.l. contiene fibre (59%), carboidrati (26–28%), pochi grassi prevalentemente poli-insaturi, proteine (7–8%, ricche di aminoacidi essenziali), vitamine (soprattutto folina) e minerali (ferro, zinco, rame, magnesio, potassio, manganese, selenio e germanio in forma organica). Contiene molte sostanze bioattive, individuate come responsabili dell’azione terapeutica: polisaccaridi (β-glucani), peptidoglicani, glicoproteine e triterpeni (acido ganoderico). Tra i minerai di cui è ricco, il selenio è un oligoelemento essenziale, necessario ai sistemi enzimatici anti ossidativi; il germanio è accreditato di attività immunostimolante, antineoplastica, antiossidante ed antimutagena. Vi è, nelle spore, una miscela di acidi grassi a catena lunga, che contribuirebbe all’attività antitumorale del fungo.
Le azioni farmacologiche degli estratti di G. l. sono molteplici, come ci si può aspettare da… un elisir di lunga vita.
Se la medicina tradizionale (cinese, giapponese e coreana) attribuisce al fungo un’azione salutare su tutto l’organismo (e quindi su una pluralità di funzioni, organi e apparati), la moderna scienza sperimentale sembra confermare un altrettanto ampio spettro d’azione su diversi organi e in varie patologie. Può sembrare eccessivo, ma diventa meglio credibile se si pensa alle numerose sostanze bioattive di questo fungo.
Ma vediamo più da vicino che cosa ne dice la medicina moderna.
L’efficacia antineoplastica del G.l. si esplica attraverso diversi meccanismi d’azione e per effetto di diversi principi attivi. L’azione antiossidante, l’azione citotossica e antimitotica, l’azione anti-angiogenica e l’azione immunostimolante del fungo sembrano essere sinergiche nel prevenire e curare le neoplasie.
È noto che il consumo di alimenti ricchi in antiossidanti contribuisce alla prevenzione del cancro e di altre malattie croniche. Gli antiossidanti del G.l. (in particolare polisaccaridi e triterpeni), proteggendo le cellule dal danno ossidativo, tendono a ridurre il rischio di mutazione e carcinogenesi, come pure quello di una riduzione della sorveglianza e della risposta immunitaria. All’azione antiossidante del fungo è attribuita, inoltre, l’azione preventiva sui danni tissutali in corso di chemioterapia.
Gli estratti di G.l. hanno una marcata azione citotossica diretta sulle cellule neoplastiche ma, a differenza dei farmaci antiblastici, non provocano alcun danno alle cellule sane. L’aumento dei fenomeni di apoptosi (la morte programmata) delle cellule neoplastiche è stata dimostrata in un recente lavoro su 26 linee cellulari di neoplasia umana, ed in particolare su leucemia, linfoma e mieloma multiplo. Altri studi evidenziano attività citotossica e/o antimitotica su linee cellulari di neoplasie epatiche, polmonari, mammarie, coliche, uroteliali, ovariche, prostatiche e della cervix uteri. La mitosi delle cellule neoplastiche è selettivamente arrestata in diverse fasi del ciclo cellulare nei diversi tipi di neoplasia, con risparmio delle cellule sane.
È noto che l’inibizione dell’angiogenesi (cioè dello sviluppo di nuovi vasi sanguigni destinati al nutrimento dei tumori) riduce la crescita e la diffusione delle neoplasie. L’azione anti-angiogenica del G.l., già dimostrata sugli embrioni di pollo, è stata confermata su linee cellulari di tumore umano (prostata e polmone). Inoltre, l’adesione e l’invasività da parte delle cellule neoplastiche sono significativamente inibite da estratti di G.l.
È noto che la risposta immunitaria dell’organismo è indispensabile alla prevenzione e al contrasto delle neoplasie. Gli estratti di G.l. stimolano il cosiddetto “pattern TH1” del meccanismo immunitario (la cascata citochinica associata ad una risposta immunologica efficace) come dimostrato da studi clinici e sperimentali. L’efficacia dell’azione immunostimolante nei confronti del cancro è confermata da diversi indicatori: percentuale di apoptosi, massa neoplastica, diversi biomarkers. Inoltre, un recente studio clinico dimostra che i polisaccaridi di G.l. sono in grado di contrastare l’azione immunosoppressiva del cancro (pattern TH2, quello che riduce la risposta immunitaria, aiutando il cancro a prosperare).
L’estratto acquoso di G.l. è stato utilizzato per uno studio clinico randomizzato su portatori di adenomi del colon. Nel gruppo trattato si è riscontrata una riduzione statisticamente significativa di numero e dimensioni degli adenomi, comprovante un’efficace azione preventiva sul cancro colorettale che, come è noto, dagli adenomi ha origine.
Se l’indicazione principale del G.l. è costituita dalla terapia anticancro, una parte minore ma significativa di studi riguarda altri campi di applicazione. È stata infatti riscontrata un’attività antivirale (anche sui virus dell’epatite B e dell’AIDS) ed antibiotica (su diverse specie batteriche). È stata studiata l’attività immunostimolante nei bambini. Diversi lavori sperimentali ne dimostrano l’azione antidiabetica. Un’azione cicatrizzante è stata confermata nell’animale da esperimento. Alcuni studi sperimentali documentano un’azione neuro protettiva nel parkinsonismo. È dimostrata l’azione epatoprotettiva ed antiossidante generale. È efficace nella fibromialgia. Per finire, studi sperimentali sui fibroblasti del derma sembrano confermare scientificamente una delle azioni tradizionalmente attribuite al G.l.: quella di mantenere giovane la pelle.
Considerato nella MTC quasi un elisir di lunga vita, il G.l. mostra, anche sulla scorta della moderna letteratura scientifica, una gamma diversificata di effetti ed una interessante potenzialità terapeutica. La sua capacità di incidere sulla risposta immunitaria e sullo sviluppo dei tumori, in particolare, è da considerare dimostrata dai numerosi studi sperimentali, che ne hanno precisato i meccanismi d’azione. Sebbene i lavori clinici non siano ad oggi considerati (soprattutto per numerosità dei pazienti finora studiati) sufficienti a consigliarne l’uso come terapia di prima linea, il G.l. è correntemente usato nei reparti oncologici del Giappone ed è riconosciuto come efficace complemento alle cure oncologiche dalla Cochrane Collaboration, la prestigiosa istituzione internazionale che verifica i risultati delle pubblicazioni scientifiche in campo medico. Questa, infatti, ha considerato come scientificamente provato che i pazienti trattati con G. l. hanno maggiore probabilità di risposta positiva alla radio/chemioterapia; che il G.l. migliora significativamente la risposta immunitaria nei pazienti neoplastici; che vi è un miglioramento della qualità della vita dei pazienti neoplastici trattati con G.l.; per finire, che non è stata evidenziata alcuna tossicità da parte del ganoderma.
Se oggi anche la medicina basata sulle prove d’efficacia (la cosiddetta evidence based medicine) accetta l’uso del fungo come utile coadiuvante delle cure, la prospettiva, con il crescere dell’esperienza, è quella di avere presto una valida alternativa agli attuali aggressivi metodi di cura del cancro. Senza dimenticare che il fungo fa bene anche alle persone sane, e che le donne giapponesi lo usano per la salute e la bellezza della pelle. Anche questo non guasta.
Dott. Cesare Pirozzi