Preoccupa ancora il consumo di suolo in Italia
Oggi la Giornata Mondiale del Suolo. Secondo i dati ISPRA, in soli sette anni è aumentato di oltre 70 kmq il territorio nazionale degradato e il consumo di suolo avanza al ritmo di 2 mq al secondo.
Qualche rallentamento c’è stato, ma la frenata non è certamente sufficiente ad evitare il degrado di una situazione che influisce pesantemente sulla salute del nostro ecosistema nazionale. Stiamo parlando della perdita continua di quella risorsa, il suolo, fondamentale per la vita stessa del nostro Paese e, più in generale, del mondo intero: risorsa per la difesa della quale, oggi 5 dicembre, da qualche anno viene celebrata la “Giornata Mondiale” (World Soil Day).
L’azione degli uomini, provocando tra l’altro drammatici cambiamenti climatici negli ultimi decenni, ha causato danni irreparabili al nostro pianeta: un’azione che anche nel nostro Paese si è fatta sentire in modo consistente, come evidenziato dall’edizione 2020 del “Rapporto su consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” – la settima dedicata a questi temi – che fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio.
Il Rapporto analizza l’evoluzione del territorio e del consumo di suolo all’interno di un più ampio quadro di analisi delle dinamiche delle aree urbane, agricole e naturali ai diversi livelli, attraverso indicatori utili a valutare le caratteristiche e le tendenze del consumo, della crescita urbana e delle trasformazioni del paesaggio, fornendo valutazioni sull’impatto della crescita della copertura artificiale del suolo, con particolare attenzione alle funzioni naturali perdute o minacciate.
I dati aggiornati, prodotti a scala nazionale, regionale e comunale, sono in grado di rappresentare anche le singole trasformazioni individuate con una grana di estremo dettaglio, grazie all’impegno del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), che vede l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) insieme alle Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province Autonome, in un lavoro congiunto di monitoraggio
I dati di quest’anno confermano la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità.
I dati confermano l’avanzare di fenomeni quali la diffusione, la dispersione, la decentralizzazione urbana da un lato e, dall’altro, la densificazione di aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città, superfici preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto.
Tali processi riguardano soprattutto le aree costiere e le aree di pianura, mentre al contempo, soprattutto in aree marginali, si assiste all’abbandono delle terre e alla frammentazione delle aree naturali. La valutazione del degrado del territorio, strettamente legata alla perdita di servizi ecosistemici che un suolo è in grado di offrire, permette di avere un quadro più completo dei fenomeni che impattano sulla funzionalità del suolo e che limitano la nostra capacità di “combattere la desertificazione, ripristinare terreni degradati e suolo, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, per realizzare la neutralità del degrado del territorio (Land Degradation Neutrality – LDN)” e di “far diventare più inclusive, sicure, resilienti e sostenibili le città” entro il 2030, come previsto dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi, con le loro conseguenze analizzate approfonditamente in questo rapporto, continuano a un ritmo non sostenibile, mentre il rallentamento progressivo delle nuove coperture artificiali rispetto agli anni 2000, ascrivibile prevalentemente alla crisi economica, si è fermato e la velocità di trasformazione del territorio a scapito del suolo naturale si è ormai stabilizzata in oltre 50 chilometri quadrati l’anno, anche a causa dell’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale.