giovedì, Novembre 21, 2024
Ambiente

Un’app per monitorare la salute del mare

di Gianluca De Angelis

La situazione dell’inquinamento sulle spiagge italiane resta allarmante: secondo le stime dell’Università di Pisa, infatti, sulle coste ci sarebbero tra le mille e le duemila tonnellate di microplastiche. I dati arrivano dall’analisi effettuata dai ricercatori del dipartimento di Chimica su una serie di campioni di sabbia inferiori ai 2 millimetri, raccolti nei pressi delle foci dell’Arno e del Sarchio: nei campioni è emersa infatti una grande presenza di polimeri, con delle percentuali che arriverebbero addirittura ai 5-10 grammi per metro quadrato, molti dei quali trasportati dalle correnti marine.

Ma emergono altri dettagli a proposito di queste microplastiche: secondo lo studio (che è stato anche pubblicato sulla rivista Environmental Science and Technology), per la maggior parte si tratterebbe di poliolefine, composto di cui sono fatti gran parte degli imballaggi alimentari, e di polistirene, una plastica rigida ed economica usata anche per i contenitori dei cd o i rasoi usa e getta.

Confezioni di cibo, bicchieri e coperchi di plastica, borse per la spesa, ma non solo: insieme a queste principali fonti di inquinamento nei mari svolgono un ruolo determinante anche mozziconi di sigarette, frammenti di vetro e ceramica, bastoncini di cotone, corde e bottiglie. Ma come si può monitorare con costanza e precisione la presenza di rifiuti fonte di inquinamento per il mare (poi destinati a generare microplastiche) e l’eventuale aggravamento della situazione in determinate aree?

In futuro, un ruolo importante per riuscire ad ottenere risultati migliori potrebbe essere giocato…da una semplice App per smartphone, scaricabile tranquillamente sui propri dispositivi mobili Android e iOS e sviluppata dall’EEA (l’Agenzia europea per l’ambiente): stiamo parlando di Marine LitterWatch.

L’app è stata usata infatti proprio dall’EEA per un altro recente studio di monitoraggio dei rifiuti nei mari, che però non si è concentrata solo sulle nostre spiagge e sul Mar Mediterraneo, ma ha analizzato anche la situazione del Mar Baltico, del Mar Nero e dell’Oceano Atlantico nord-orientale. L’iniziativa si è concentrata sul ruolo della partecipazione cittadina nelle attività di sorveglianza delle coste: lo scopo è quello di far controllare, identificare e segnalare la presenza di rifiuti marini trovati sulle spiagge anche agli stessi fruitori di quelle spiagge e acque che necessitano di essere tutelate, utilizzando l’elenco standard previsto dalla Strategia marina.

Integrare questo tipo di azione basato sulla partecipazione pubblica con l’operato degli enti ufficiali, infatti, può fornire un quantitativo di dati elevatissimo che potrebbe così prima essere comparato con quelli raccolti dagli Stati membri nei mari regionali (per verificarne l’attendibilità), e poi impiegato nello sviluppo di nuove strategie ed iniziative mirate a combattere l’inquinamento dei mari. Il risultato positivo potrebbe quindi essere duplice: da una parte porterebbe senza dubbio ad una maggiore consapevolezza degli enti “ufficiali” in merito alla partecipazione e all’attenzione dei cittadini nei confronti di tematiche ambientali care a tutti, e dall’altra si otterrebbe una più diffusa sensibilizzazione dell’utenza media, coinvolta in prima persona alla lotta per la difesa dell’ecosistema.

Dopotutto, per aiutare a far raggiungere anche alle nostre spiagge e alle nostre acque un livello di sicurezza e sostenibilità maggiore, l’iniziativa del singolo non può che essere un primo ma necessario punto di partenza per portare l’intera collettività ad un’inversione di marcia.

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