Conversione energetica, la Germania ci prova: e noi?
Con un progetto a 360° che coinvolge istituzioni, imprese e cittadini, la Germania ha lanciato un piano di riorganizzazione dell’approvvigionamento energetico nazionale puntando dritto dritto sulle fonti rinnovabili. Il proposito è quello di stabilizzare nel futuro a livello nazionale il prezzo dell’energia, ridurre drasticamente l’emissione dei gas serra e diventare quasi autosufficienti per limitare al massimo l’approvvigionamento di combustibili fossili in questo settore.
Il progetto in tedesco si chiama “Energiewende”, la cui traduzione in italiano suona come transizione o “conversione energetica” ed è il proposito economico, ma anche culturale, con cui Berlino sta cercando di arginare i problemi derivanti dal cambiamento climatico connessi all’emissione di Co2 nell’atmosfera e di compensare, nello stesso tempo, la perdita nel proprio bilancio energetico derivato dal piano di dismissione del nucleare (il cui completamento, iniziato nel 2011 a seguito del disastro di Fukushima in Giappone, è previsto nel 2022) che due anni fa ammontava a quasi il 20% del fabbisogno nazionale.
Il piano di investimenti, co-finanziato in parte dai fondi dell’Unione europea, è imponente, ma secondo i dati diffusi da uno dei più innovativi centri di ricerca di questo settore, il Fraunhover Institute, la scala di sviluppo nel settore delle rinnovabili (vedi grafico) porterà già nel 2016 ad una parità di costi per kilowatt fra fonti tradizionali (petrolio e nucleare) ed energia generata con l’eolico onshore, ed entro il 2030 ad un quasi pareggio con quello prodotto da altre rinnovabili (eolico offshore e fotovoltaico in primis).
Il processo proposto dall’Energiewende è molto articolato ed include, unitamente alla conversione alle fonti alternative, anche una programmazione accorta sia per ottenere una significativa riduzione degli sprechi sia per razionalizzare attentamente l’utilizzo energetico in ogni settore. Insieme a tutto questo vi è poi l’ambizioso obiettivo di trasformare tutti i consumatori tedeschi di energia, in produttori. Un piano che coinvolge non solo le grandi multinazionali del settore, ma anche le imprese di piccole e medie dimensioni e che soprattutto viene proposto come intento a tutti i cittadini, invitati a produrre energia, magari consorziandosi per raggiungere più facilmente l’obiettivo.
A tal fine l’Energiewende offre particolari garanzie ai piccoli produttori, assicurandoli e tutelandoli nei confronti dei grandi distributori. Quest’approccio, sul territorio tedesco, sta di fatto favorendo lo sviluppo di piccole unità di produzione in grado di soddisfare le comunità locali, offrendo insieme nuove prospettive economiche per tutto l’indotto coinvolto nel processo di produzione.
A livello generale, l’approccio della Germania è stato quello di evitare il sistema delle quote e di incentivare al massimo la produzione di energia attraverso le tariffe feed-in, o tariffe onnicomprensive, garantendo ai produttori da fonti rinnovabili un prezzo di acquisto fisso sul mercato energetico nel lungo periodo. Un meccanismo che ha permesso di parcellizzare gli interventi necessari nel settore, rendendolo conveniente soprattutto per i piccoli investitori, e garantendo una maggiore democraticità nella proprietà di un comparto in genere esclusiva delle grandi multinazionali.
Un’azione simile è stata scelta a suo tempo anche dall’Italia, ma l’istituzione di un bonus extra agli autoproduttori, da parte dell’allora Governo, ha innescato nel nostro Paese una corsa agli investimenti in questo settore da parte di grosse società di capitali, per via degli ottimi extraprofitti che si presentavano, tagliando fuori dai giochi la maggior parte dei cittadini.
In Germania una politica più accorta ha invece permesso proprio ai piccoli produttori, soprattutto singoli cittadini, di detenere il 47% del totale dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Gli ultimi progetti sviluppati sul territorio mirano poi a rendere le comunità locali del tutto autosufficienti in termini energetici, cercando di favorire uno sviluppo combinato nei vari settori (biomasse, eolico, fotovoltaico, geotermico).
Un esempio di pianificazione così integrata ha preso vita nel distretto di Gottingen, a Jühnde, dove i cittadini hanno accettato di collegarsi ad una centrale di teleriscaldamento alimentata a biomassa con gli scarti delle coltivazioni di mais degli agricoltori della zona. Oltre ad un consistente risparmio generale, (circa 750 euro a famiglia), adesso gli abitanti di Jühnde, invece di comprare petrolio destinano la spesa necessaria al rifornimento energetico al lavoro degli agricoltori locali, con un automatico miglioramento di tutti i parametri economici e sociali della zona.
Lo stesso avviene grazie al sistema di cooperative tedesche con cui viene favorita l’istallazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici: consorziandosi in questo modo le richieste di investimento possono essere talmente esigue (a volte solo 100 euro) da poter essere affrontate non solo dai proprietari, ma dagli stessi inquilini.
La realtà italiana è ovviamente molto diversa. La Germania è da sempre un Paese esportatore di energia, grazie anche alla razionalizzazione estrema di questo settore strategico per la sua economia. Anche in Italia (lo si auspica ormai da decenni, ma senza costrutto) un maggior impegno politico in questo settore potrebbe contribuire a offrire maggiore competitività alle nostre imprese, riuscendo a garantire nuova vitalità anche a quei comparti che, seppur eccellenti, vengono considerati come energivori e non più in linea con le effettive possibilità del nostro Paese.