“Quando i buoi tiravano il carro”
Presentato al Museo della Civiltà Contadina di Anguillara, dall’Associazione Sabate, il volume di Enzo Ramella, edito dalla piccola casa editrice locale Tuga. Una fotografia dell’agro braccianese, visto con l’occhio del padrone, prima della grande riforma agraria
di Barbara Civinini
Una fotografia dell’agro braccianese, quando i signorotti del posto decisero di innovare cambiando l’organizzazione del lavoro con nuove macchine e sementi. La propone Enzo Ramella nel suo “Quando i buoi tiravano il carro” pubblicato dalla piccola casa editrice locale Tuga. Il volume è stato presentato al Museo della Civiltà Contadina e della Cultura Popolare “Augusto Montori”, nella splendida cornice del Torrione Orsini di Anguillara che lo ospita. Il museo è gestito dell’Associazione Culturale “Sabate” che da sempre si dedica a queste tematiche, collaborando con il Comune di Anguillara, la Provincia di Roma, la Regione Lazio, il Parco Regionale di Bracciano-Martignano e il Consorzio Lago di Bracciano. Il volume ripropone due scritti dell’epoca che descrivevano le aziende modello del territorio. Si tratta delle relazioni degli agronomi Stanislao Di Lorenzo per il principe Baldassarre Odescalchi III e di Francesco De Sanctis per la Tenuta di Boccalupo di Giuseppe Giacomini. Ramella ha integrato questi testi con alcuni interessanti saggi e un dettagliato corredo di note. Ne esce un affresco molto curato, quasi internazionalista, con il vino Castel Bracciano, ad esempio, che compare oltreoceano nella carta dei vini dei ristoranti di New York. Una campagna vista dall’occhio del padrone, in un’epoca in cui – come scrive Stefano Jacini nell’inchiesta agraria decretata per legge nel 1877 – malgrado le buone condizioni naturali, prevale ovunque la coltura estensiva. Le lotte agrarie sono ancora di là da venire, come la Riforma Agraria, con la nascita anche nei territori di Bracciano e Anguillara dell’Ente Maremma, che arriverà solo negli anni 50 del Novecento. L’inchiesta parlamentare, più nota come Inchiesta Jacini, esaminò le condizioni dell’agricoltura nel Paese dal 1877 al 1886, tracciandone un quadro impietoso, senza produrre però alcuna riforma. L’Italia ufficiale così conobbe le piaghe della malnutrizione, della malaria e della pellagra, dei tuguri e dell’analfabetismo, come ebbe e a ricordare Giuseppe Villani.
Il senatore Stefano Jacini denunciò il disinteresse dei vari governi che avevano guidato il Paese nei confronti dell’agricoltura, che pure forniva allo Stato la maggior parte del reddito nazionale, senza ricevere in cambio né capitali, né stimoli o incentivi per il suo sviluppo. L’indagine rilevava come a vent’anni dall’unificazione permanessero diverse realtà ambientali e produttive, da nord a sud, legate a consuetudini, usi e culture diverse. Insomma, un volume che offre spunti di dibattito interessanti e costituisce un’ottima base per nuove ricerche che possano indagare meglio il passaggio, che non fu indolore, dal latifondo alla piccola proprietà contadina. Alla presentazione hanno partecipato oltre all’autore, l’editore, Gianluca Galletti, la presidente dell’Associazione Culturale Sabate, Graziosa Villani e l’attore Fabio Del Croce che ha letto alcuni canti legati al mondo contadino nel territorio laziale