venerdì, Novembre 1, 2024
Ambiente

WWF: pericoli e soluzioni per il nostro futuro

Un “sistema in pericolo”: il nostro pianeta si avvicina sempre più a punti di non ritorno pericolosi ed irreversibili causati dalla perdita di natura e dal cambiamento climatico. Per tale ragione, ciò che accadrà nei prossimi cinque anni sarà cruciale per il futuro della vita sulla Terra. Abbiamo però ancora il potere – e l’opportunità- di invertire la rotta, con uno sforzo collettivo che superi la crisi climatica e biologica che stiamo attraversando.

Questo il messaggio del LPR-Living Planet Report 2024, il rapporto biennale pubblicato dal WWF in collaborazione con la ZLS – Zoological Society of London, giunto alla sua 15^ edizione: uno studio molto dettagliato sulle tendenze della biodiversità globale e sullo stato di salute del pianeta. Questa panoramica scientifica sullo stato della natura mette in evidenza i suoi stretti legami con la crisi climatica e con i fattori umani che la causano. Misurare come e perché la natura sta cambiando, infatti, è fondamentale se si vogliono affrontare in modo efficace le minacce ai nostri sistemi vitali.

Qualche dato contenuto nel LPR 2024, che sintetizza le peggiori minacce alla biodiversità:

  • I combustibili fossili contribuiscono per circa il 70% alle emissioni di gas serra;
  • la produzione alimentare è la principale causa di perdita di habitat ed è responsabile del 70% del consumo di acqua;
  • In soli 50 anni (1970-2020) c’è stato un calo del 73% della dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici oggetto di monitoraggio; 
  • Questo calo raggiunge il 95% in America Latina e nei Caraibi, a causa del cambiamento climatico

Il Report propone però anche soluzioni per una trasformazione dei sistemi più impattanti a livello globale, in particolare quello energetico e quello alimentare, che sono i principali motori del cambiamento climatico e del declino della natura. 

Un punto chiave toccato nel Report è la richiesta alle nazioni di azioni coraggiose e di piani nazionali per il clima e la natura più ambiziosi, che riconoscano la centralità di questa sfida che riguarda il futuro di tutti.

Il Rapporto mira quindi ad indicare ai governi, alle comunità, alle imprese ed alle organizzazioni la via per prendere decisioni a supporto della natura e delle persone, della loro sopravvivenza e del loro benessere: un’opportunità per ripristinare la nostra relazione interrotta con il mondo naturale e offrire un futuro più sano e sostenibile per tutti. 

Ne sono un esempio due esempi di popolazioni animali che, grazie agli interventi di conservazione, appaiono stabilizzate o sono aumentate, come è accaduto per la sottopopolazione di gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei), prima in forte calo per il bracconaggio e la perdita di habitat e poi aumentata di circa il 3% all’anno tra il 2010 e il 2016 all’interno del massiccio del Virunga nell’Africa orientale; o per il bisonte europeo (Bison bonasus), che ha visto un ritorno delle popolazioni in Europa centrale.

I “punti di non ritorno” 

Si chiamano “tipping points”, punti critici, o “punti di non ritorno globali”, e si verificano quando un ecosistema viene spinto oltre una soglia critica, determinando un cambiamento sostanziale e potenzialmente irreversibile.

Ce ne sono alcuni che possono poi creare onde d’urto che andrebbero ben oltre l’area interessata, provocando un impatto sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza. 

«E’ la natura che sta lanciando un vero e proprio SOS – sottolinea Kirsten Schuijt, direttrice generale del WWF Internazionale – Le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti, con pericolosi punti di non ritorno globali che minacciano di danneggiare i sistemi che supportano la vita sulla Terra e di destabilizzare le società. Le conseguenze catastrofiche della perdita di alcuni dei nostri ecosistemi più preziosi, come la foresta amazzonica e le barriere coralline, colpirebbero le persone e la natura di tutto il mondo». 

Il calo delle popolazioni di specie selvatiche è un indicatore di allerta precoce del crescente rischio di estinzione e della potenziale perdita di ecosistemi sani. Quando gli ecosistemi vengono danneggiati, infatti, cessano di fornire all’umanità i benefici da cui essa dipende – acqua e terreni sani per il cibo, aria pulita per respirare – e possono diventare più vulnerabili e sempre più vicini al punto di non ritorno.  

Parola d’ordine: trasformazione

Secondo Alessandra Prampolini, direttrice generale del WWF Italia, «la parola chiave è trasformazione: dobbiamo cambiare il modo in cui tuteliamo la natura, trasformare il sistema energetico, il sistema alimentare – uno dei motori principali della perdita di biodiversità globale – e il sistema finanziario, indirizzandolo verso investimenti più equi e inclusivi». 

Il WWF chiede in particolare ai Paesi di predisporre e attuare strategie nazionali per la natura e il clima più ambiziosi, che includano misure per ridurre i consumi in eccesso a livello globale, arrestare e invertire la perdita di biodiversità – sia nazionale che importata – e ridurre le emissioni, tutto in modo equo. 

Per questo, ritiene, è necessario sbloccare maggiori finanziamenti pubblici e privati ​​e consentire azioni su larga scala, che allineino meglio le politiche e le azioni dei governi su clima, natura e sviluppo sostenibile. Sia i governi che le imprese dovrebbero agire per eliminare rapidamente le attività con impatti negativi sulla biodiversità e sul clima e reindirizzare i finanziamenti dalle attività dannose verso attività che consentano di raggiungere gli obiettivi globali.   

I prossimi vertici su biodiversità e clima 

Le nazioni del mondo hanno fissato, in incontri successivi, degli obiettivi ambiziosi per arrestare e invertire la perdita di natura (Global Biodiversity Framework), limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C (Accordo di Parigi) ed eradicare la povertà (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite). Ma il LPR avverte che gli impegni nazionali e le azioni sul campo sono ben al di sotto di quanto necessario per raggiungere i nostri obiettivi entro il 2030 ed evitare pericolosi punti di non ritorno.   

I prossimi vertici internazionali sulla biodiversità e sul clima – COP16 (21 ottobre a Cali, in Colombia)  e COP29 (11 novembre a Baku, in Azerbajan) – rappresentano un’opportunità fondamentale per i governi per  mettere in campo azioni adeguate alla portata della sfida.

«Nonostante la situazione sia disperata, non abbiamo ancora superato il punto di non ritorno. Disponiamo di accordi e soluzioni globali per portare entro il 2030 la natura sul percorso di ripresa». Sono ancora parole di Kirsten Schuijt, che continua: «Le decisioni e le azioni intraprese nei prossimi cinque anni saranno cruciali per il futuro della vita sulla Terra. Abbiamo nelle nostre mani il potere – e l’opportunità – di cambiare la rotta. Se agiamo ora, possiamo rigenerare il nostro pianeta vivente». 

Autore

  • Silvia Gravili

    Nata nell’81, dopo la laurea magistrale conseguita con lode e un dottorato di ricerca su sviluppo territoriale, turismo, sostenibilità e valorizzazione dei prodotti tipici delle filiere agroalimentari e artigianali, si è specializzata in Social media management. Esperta di comunicazione istituzionale, relazioni pubbliche e comunicazione di sostenibilità, attualmente svolge la sua attività al CIHEAM, l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari.

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