giovedì, Novembre 21, 2024
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Vino: più export, ma anche più import, per la Francia

Nel 2015 l’export di vino francese ha raggiunto 8,3 miliardi di euro, il 54% in più di quanto messo a segno dall’Italia. Ma la Francia non è solo il top exporter mondiale: nel mercato degli sfusi rappresenta il secondo importatore dopo la Germania, con quasi 6 milioni di ettolitri acquistati dall’estero

 Vini francesi

Oltre a segnare un record per l’export di vino italiano, il 2015 ha consolidato il primato francese nella classifica dei vini più commercializzati al mondo: 14,1 milioni di ettolitri per un controvalore di 8,3 miliardi di euro, quasi il 7% in più rispetto all’anno precedente. Il divario con le performance dei vini italiani all’estero rimane ampio: 54% sul fronte dei valori, mentre dal lato dei volumi il rapporto di forza si ribalta, visto che noi esportiamo 20 milioni di ettolitri e cioè il 41% in più dei francesi. Da qui si spiega anche il diverso prezzo medio all’export: 5,84 €/litro dei cugini d’oltralpe contro i 2,67 €/litro dei nostri vini, valori che diventano pari a 16,87€ contro 3,52€ nel caso degli sparkling dove lo strapotere dello Champagne non lascia spazio a molti commenti, sebbene ci si possa consolare con il fatto che nel 2015 i produttori italiani hanno venduto nel mondo 2,8 milioni di ettolitri di spumante rispetto agli 1,8 milioni esportati dai francesi.

Per quanto riguarda invece i vini fermi imbottigliati, il confronto evidenzia nuovamente un valore medio più elevato per i vini transalpini, pari 4,92 €/litro contro 3,28€ di quelli italiani, frutto di posizionamenti diversi che si riscontrano palesemente nella comparazione tra i principali e più famosi vini Dop. Basti pensare che mentre i rossi bordolesi escono dal paese mediamente a 9,6€/litro e quelli della Borgogna a 10,2€/litro, i nostri piemontesi o toscani si posizionano rispettivamente a 8,1 e 6,1 €/litro.

Il divario nel valore complessivo che separa l’export di vino francese da quello italiano non è però immutabile.

“Occorre infatti sottolineare che fino a dieci anni fa questo distacco era molto più alto” afferma Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor di Nomisma. “Nel 2006, la differenza era pari al 96%, praticamente l’export francese valeva il doppio di quello italiano quando già allora esportavamo il 23% di quantità in più. Poi negli anni lo scarto si è ridotto, tanto che nel caso dei vini fermi questo divario è passato dal 42% al 25%, evidenziando sia un aumento dei volumi ma soprattutto una riqualificazione dei prodotti esportati”.

In effetti, oggi il nostro export vinicolo in quantità è composto per il 14% dagli sparkling, per il 61% dai vini fermi imbottigliati e per il rimanente 25% dagli sfusi.

“Dieci anni fa, il peso dei vini venduti in cisterna” continua Pantinisuperava il 35%, mentre gli spumanti incidevano per appena il 6%. Il cambio di passo nelle strategie produttive e commerciali delle imprese italiane è stato evidente”.

Parlando di cisterne, in questa comparazione vinicola tra i due principali produttori ed esportatori mondiali non possiamo dimenticare come la Francia si distingua anche sul fronte dell’import, rappresentando nel panorama internazionale il secondo acquirente di vino sfuso, alle spalle della Germania. Con quasi 6 milioni di ettolitri importati nel 2015 contro i 9 milioni dei tedeschi, si evince un’ulteriore diversità del modello produttivo e distributivo transalpino rispetto al nostro.

Se infatti sono ormai un lontano ricordo gli anni ’80, quelli della “guerra del vino” tra Italia e Francia, quando cioè i “vignerons” bloccavano alla frontiera le autobotti cariche di vino italiano destinate a fornire “corpo” e colore a vini meno strutturati, oggi le importazioni di sfuso – benché ancora agli stessi livelli quantitativi di allora- trovano principalmente destinazione nei vini a private label delle catene della Distribuzione Moderna che in Francia detengono una quota nel mercato domestico pari al 35% (in Italia il peso è appena pari al 10% dei consumi interni). E se oggi non corriamo il rischio di veder bloccato il vino italiano alla frontiera francese è soprattutto perché quello spagnolo ha preso il nostro posto (dei 6 milioni di ettolitri di vino sfuso importato l’83% proviene dalla Spagna) sostanzialmente per ragioni di convenienza economica, dato che nel 2015 lo sfuso iberico è entrato in Francia con un prezzo medio più basso del 36% rispetto a quello dei nostri produttori.

 

Autore

  • Roberto Ambrogi

    Giornalista professionista, specializzato nel settore economico-finanziario con pluridecennale esperienza maturata attraverso tutti i tipi di media (agenzie di stampa, quotidiani e periodici, radio, tv e web). Esperto di comunicazione, effettuata in vari settori economici (per conto di società finanziarie, industrie agroalimentari, aziende commerciali e turistiche) e politici (Responsabile rapporti con la Stampa di Partiti e Gruppi Parlamentari). Attualmente Presidente di ARGA Lazio (Gruppo di specializzazione dell'Associazione Stampa Romana) e Vicepresidente di UNARGA (l'Unione delle varie ARGA regionali), Tesoriere del Gruppo Romano Corrispondenti e del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati.

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