sabato, Novembre 23, 2024
Agricoltura

Una fotografia in bianco-nero: il mercato del latte in Italia

Un comparto, quello delle aziende che producono latte e derivati  nel nostro Paese, profondamente condizionato dalla presenza di pochi grandi acquirenti che determinano una forte volatilità  delle quotazioni del prodotto,  ma che nell’insieme si presenta fondamentalmente in buona salute, pronto a sostenere senza eccessivi traumi il passaggio al libero mercato determinato dalla fine del regime delle quote latte. E’ il quadro d’insieme presentato oggi a Roma, presso il Ministero delle Politiche agricole, dall’Osservatorio sul Mercato dei prodotti zootecnici, insieme con l’Associazione Italiana Allevatori.

IMG_0595Un mercato che, sia a livello nazionale sia internazionale, per le ragioni prima accennate risulta condizionato dalle forti variazioni dei guadagni attesi dai produttori che di conseguenza spesso influenza tutti gli investimenti di medio e lungo termine. Ciò nonostante, nell’ultimo quinquennio l’Ue ha visto aumentare la produzione di latte complessivamente del 4,9%, l’Asia del 18, 8%, ma anche  Africa, (+ 15,7%, concentrata soprattutto in pochi Paesi come Sud Africa, Sudan ) e Oceania (+ 17,7%) hanno mantenuto questo trend.   Un segno negativo lo registrano invece i Paesi dell’Est europeo, con un  – 4,1% . Questo fa sì che Russia, Bielorussia e Ucraina continuino a rappresentare – sanzioni a parte –  un’importante area di attrazione per tutta la produzione Ue.
A livello nazionale,  nel periodo 1996-2014 il comparto ha registrato un consistente aumento della produzione, sia di latte  che di prodotti trasformati,  ma ha visto ridursi a quasi un terzo le imprese attive nel settore. Da quasi centomila aziende nel 1996, siamo scesi alle poco più di trentamila di oggi.

Con un’analisi più approfondita  si evidenzia che il 34% delle imprese produce il 90% di latte, ma più in particolare è solo il 18%  di queste che copre oltre il 70% della produzione.  Gli indicatori evidenziano che nel corso di questi anni si sono consolidate le aziende che producevano in media circa 500 tonnellate di latte l’anno, che hanno rappresentato un modello di efficienza.IMG_0582
Se si osserva poi la localizzazione delle imprese e la ripartizione percentuale di produzione del latte si rileva che in 4 regioni si produce il 76,6% del latte italiano (Lombardia  in testa con il 41%, Emilia Romagna 17%, Veneto 9,8%, Piemonte 8,7%).  Va poi aggiunto che le aziende in utile rappresentano il 34,7% del totale, dove il restante 63% non è comunque in difficoltà o in stato fallimentare, quanto piuttosto sceglie di sopravvivere perché sacrifica alcune  voci di costo legate al profitto,  facendo a meno della remunerazione del compenso aggiuntivo imprenditoriale o dei profitti sugli investimenti di capitale.

Di fatto la dimensione elevata è un requisito per fare profitto: quasi l’80% delle aziende in utile sono infatti  di elevate dimensioni, anche se questo non è l’unico elemento a determinare il successo.

È  invece evidente che Il futuro del latte si giocherà principalmente sulla competitività , come  ha dichiarato  Pietro Salcuni,  IMG_0587presidente di AIA, associazione che raccoglie l’81% delle stalle italiane. Una sfida che il comparto è pronto a sostenere anche attraverso l’utilizzo della genomica: una migliore selezione genetica che permette di controllare il progresso degli animali con maggiore precisione, introducendo anche innovazioni che permettono una zootecnia sempre più sostenibile sotto il profilo economico, ambientale ed etico.

Con il proposito – da tutti condiviso – di avere in stalla animali sempre più sani, resistenti alle malattie e qualitativamente migliori, anche sotto il profilo alimentare.

di Cristiana Persia

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