sabato, Settembre 21, 2024
Agricoltura

Un fungo australiano killer delle nostre castagne

di Gianluca De Angelis

Non c’è davvero pace per i castagneti italiani: dopo 10 anni di lotta per debellare l’invasiva mosca cinipede calligeno, che depositava uova nei gusci compromettendo così l’integrità del frutto, questa volta la minaccia ha un nome ben preciso: Gnomoniopsis Discula Pascoe, un fungo che arriva direttamente dall’Australia e che provoca un deterioramento rapidissimo del guscio, facendo marcire il frutto all’interno.

Quella che si sta scatenando in questi giorni è una vera e propria epidemia che rischia di distruggere gran parte dei raccolti di quest’anno: l’emergenza è su scala nazionale, tanto che le principali industrie hanno bloccato i ritiri a partire dal 21 settembre scorso. Chiaramente, questo porta ad un grosso impatto sui produttori, con conseguenti innalzamenti dei prezzi che stanno mettendo a soqquadro il rapporto di domanda-offerta.

L’invasione di quest’anno è particolarmente seria perché la diffusione del fungo è stata molto vasta a causa del clima umido della scorsa estate: uno dei problemi principali è, infatti, la difficoltà nel debellare il pericolo fungino anche a causa della diffusione ad ampio raggio delle spore, che arrivano a compromettere interi castagneti. Non esistono ancora, oltretutto, test rapidi che consentano di rilevarne la presenza: tutt’ora, l’unico modo è ancora quello di aprire le castagne per rilevare l’eventuale alone color crema all’interno. Infine, anche il trattamento che potrebbe prevenire la contaminazione non è esattamente economico: stiamo parlando di circa 150 euro all’ettaro, prezzo alto ma che in fondo potrebbe essere compensato dal salvataggio dell’intera produzione.

Senza dubbio una delle soluzioni chieste a gran voce dai produttori che potrebbe prevenire in maniera permanente la diffusione di epidemie e di batteri dannosi per le piante potrebbe essere la creazione di un istituto nazionale centralizzato che studi proprio questo tipo di insetti e microrganismi nuovi e alieni. In questo modo si potrebbe avere una mappatura chiara di questi elementi estranei ai nostri ecosistemi, con un piano di azione chiaro sulla base del quale prendere provvedimenti di stagione in stagione.

 

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