sabato, Febbraio 1, 2025
Agricoltura

Un decreto per i boschi delle nostre montagne

Al via, fra molte polemiche,  il nuovo Testo Unico sulle Foreste e le sue filiere

L’intenzione come cita l’introduzione al nuovo provvedimento è quella di riorganizzare – semplificandola attraverso un Testo Unico – tutta la normativa che riguarda il nostro patrimonio forestale nazionale. Questo per permettere di raggiungere, attraverso azioni delegate sul territorio a Comuni e Regioni,  obiettivi per valorizzare  sia sul profilo della biodiversità, quanto su quello economico, l’immenso patrimonio rappresentato dalle nostre foreste, cercando nel contempo di contrastare quello spopolamento delle aree montane che ne sta compromettendo visibilmente lo stato di salute.

Tuttavia il provvedimento, approvato in Consiglio dei ministri dall’ormai dimissionario Premier Gentiloni, ha sollevato un vespaio infinito di polemiche, soprattutto da parte di quelle associazioni come WWF e Greenpeace che da anni cercano di sensibilizzare opinione pubblica istituzioni e stakeholder sulla necessità di definire questo patrimonio soprattutto sotto il profilo della protezione ambientale che ricopre, piuttosto che come elemento economico.

Il testo che incide su quasi 12 milioni di ettari di territorio nazionale ancora coperto da manto boschivo, prevede quella che viene definita una corretta gestione attiva,  propedeutica alla tutela dei valori ambientali, paesaggistici, socio-culturali ed economici del patrimonio boschivo, nonché al recupero ecologico e produttivo dei terreni degradati ed abbandonati, alla sicurezza idrogeologica, alla prevenzione degli incendi boschivi ed allo sviluppo socioeconomico ed occupazionale delle aree montane e delle filiere produttive.

Inoltre viene disposta la predisposizione di un Piano strategico nazionale, di durata ventennale, per coordinare e ottimizzare gli interventi locali.

Ed è proprio su questo ultimo proposito che si sono concentrate le maggiori critiche delle associazioni ambientaliste. In particolare il WWF, pur apprezzando lo sforzo per intervenire in un settore a lungo trascurato dalle precedenti legislature,  ha sottolineato  che l’intero testo è condizionato da una visione prevalentemente produttivistica delle foreste italiane.  Viene infatti evidenziato che questa impostazione allontana il nostro Paese da quanto invece richiesto  dalla Strategia Forestale Europea (SFE) sul miglioramento dei servizi ecosistemici forestali. Solo preservando l’intero habitat che si sviluppa sotto i canopi, secondo il WWF,  è infatti possibile assicurare quella funzione ambientale che proprio il Testo Unico si propone di tutelare e che rimane invece così troppo indefinito per avere una sostanziale efficacia.

Una carenza che secondo tutte le associazioni green mina la funzione primaria dei nostri boschi: quella di poter  contrastare i cambiamenti climatici ed essere in grado di arginare i processi di dissestamento del territorio e di progressiva desertificazione a cui stiamo ormai assistendo quasi immobili da molti anni.

Di diversa opinione invece le principali confederazioni agricole che plaudono al provvedimento, indicato da Coldiretti ad esempio come capace di sviluppare nel tempo fino a 35 mila posti di lavoro in più.

Fra l’altro la federazione diretta da Roberto Moncalvo, sottolinea come il patrimonio boschivo sia riuscito a svilupparsi correttamente solo in quei Paesi che hanno adottato una gestione sostenibile di questa risorsa, tutelandone contemporaneamente sia il valore ambientale, ma anche che quello economico.

Il Testo Unico, aggiunge Coldiretti,  ad esempio consentirà anche al settore di poter affrontare la situazione che vede oggi il nostro Paese importare l’80% del legno da altre nazioni, con gli arrivi che nel 2017 hanno raggiunto la quantità di 11,8 miliardi di chili, mentre ogni anno in Italia si utilizza appena il 25% della nuova superficie boschiva. Ciò vuol dire che per 100 nuovi alberi che nascono se ne tagliano appena 25 mentre in Europa si preleva, in media, il 60% della nuova biomassa e in Paesi come l’Austria si supera il 90%. Vi sono dunque ampi margini di prelievo per ridurre la dipendenza dall’estero senza intaccare il patrimonio nazionale e rimediare a un paradosso che, secondo Coldiretti,  vede oggi l’industria italiana del legno leader in Europa, ma con la materia prima che arriva da altri Paesi  come Austria, Francia, Svizzera e Germania.

Cristiana Persia

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