martedì, Dicembre 3, 2024
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Pronto un varco anomalo per il CETA

Al ritorno dal G20 Agricoltura il ministro Centinaio pensa ad accordi integrativi diretti per concedere il via libera all’intesa con i canadesi

di Cristiana Persia

Sembra aprirsi un varco per l’approvazione del CETA (il Comprehensive Economic and Trade Agreement), accordo di libero scambio fra Ue e Canada siglato lo scorso anno fra Bruxelles e lo Stato nordamericano, ora in attesa di essere ratificato dai vari Paesi membri per entrare in vigore.

L’Italia, inizialmente favorevole all’intesa con Montreal, dopo le elezioni del 4 marzo ha cambiato radicalmente posizione.  Il nuovo ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio, ha infatti immediatamente sollevato più di una critica sui concreti benefici che il nostro Paese potrebbe trarre da questo accordo e – forte di una indiscussa maggioranza – ha minacciato di rigettarlo quando si presenterà, per la sua conferma, alle Camere.

Intervenuto però ieri mattina ad “Agorà Estate” su Rai 3, Centinaio ha invece parlato con entusiasmo degli incontri bilaterali (fra cui anche quello con il Canada) tenutisi a margine del G20 Agricoltura che si è concluso sabato scorso a Buenos Aires in Argentina.

“Importantissimi” sono stati definiti i confronti in tal senso.  “È stato significativo – ha detto Centinaio – il chiarimento con il ministro canadese con cui abbiamo deciso che fra le varie soluzioni migliorative del CETA potrebbero esserci accordi diretti fra i nostri due Paesi. Per l’Italia questo permetterebbe di tutelare ad esempio i prodotti lasciati fuori da quanto precedentemente siglato”. Una manovra indipendente di aggiustamento, insomma, quella proposta dal ministro Centinaio, che sembra applicare anche alla politica estera quei cambiamenti radicali delle tecniche di spoil system utilizzate per l’amministrazione interna.   Un atteggiamento che se da un lato sembra poter portare – come in questo caso – immediati vantaggi concreti al nostro Paese, dall’altro nasconde l’insidia di sminuire il valore dell’Unione europea come interlocutore affidabile nelle grandi trattative internazionali.  Come nazione, infatti, possiamo anche tentare di inseguire la linea trumpiana o putiniana  degli accordi diretti fra Stati (superando così tutti i compromessi e le concertazioni sfiancanti dei confronti ai tavoli preparatori  di Bruxelles),  ma la nostra vera capacità contrattuale – una volta privata di quello scudo offerto dai 27 membri dell’Unione  –  davanti a ben più grandi giganti potrebbe presto rivelarsi alquanto fallace, come d’altronde la storia ha già dimostrato.

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