Per i Pfas, in Veneto, al via test su 100.000 persone
Una delibera della Regione Veneto ampia lo screening sulla popolazione per individuare eventuali concentrazione anomale delle sostanze perfluoro alchiliche
Sostanze perfluoro alchiliche è il termine esteso con cui si fa riferimento ai Pfas, un composto chimico dalle importanti capacità impermeabilizzanti ed oleose e che rappresenta oggi uno degli scarti più ingombranti del processo di lavorazione industriale di molti comparti. Utilizzati da oltre 50 anni nella filiera della concia del pellame, ma anche in quella della produzione degli imballaggi di carta alimentare, nonché dall’industria tessile e come rivestimento antiaderente di molte pentole, è adesso al centro di una delle maggiori emergenze sanitarie e ambientali con cui la Regione Veneto si deve confrontare. Un imponente studio effettuato dall’Arpa veneto fra il 2013 e il 2016 ha infatti evidenziato contaminazioni preoccupanti di queste sostanze sia nei fiumi che nelle falde acquifere di una vasta area compresa fra le provincie di Padova, Vicenza e Verona. Una situazione che aveva già portato la Regione ad effettuare un primo screening su un campione di popolazione ( 480 persone di cui 120 agricoltori) per individuare la presenza di queste sostanze nel sangue dei soggetti attenzionati , con risultati che avevano evidenziato concentrazioni drasticamente superiori (per alcune sostanze fino a 40 volte superiori rispetto ai limiti considerati accettabili) rispetto a coloro che vivevano in aree non inquinate.
Questo ha portato la Regione a varare quindi adesso un nuovo screening, stavolta più esteso, sulla popolazione. Secondo la Delibera in questione ( n. 851 del 13 giugno 2017) il campione verrà infatti ampliato a 84.795 soggetti, con l’obiettivo di estendere a chi risulterà in situazioni di criticità le garanzie già offerte dal piano sanitario nazionale per la diagnosi tempestiva di eventuali patologie croniche correlate all’esposizione a PFAS e le terapie di volta in volta considerate idonee.
La delibera offre purtroppo già alcune indicazioni sull’allarmante dimensione della problematica. Con l’intento di circoscrivere la situazione nella delibera si legge infatti che ipotizzando un’adesione del campione pari al 70%, ( circa 60mila persone) e che, prevedendo che il 50% dei soggetti valutati (circa 30 mila) abbia i PFAS elevati e che fra questi il 30% presenti alterati valori pressori e/o lipidici, la dimensione della popolazione da valutare e seguire a livello sanitario potrebbe essere di circa 9 mila individui.
Numeri veramente critici, ancora di più se si considera che le sostanze perfluoroalchiliche tendono a rimanere a lungo immutate nell’organismo umano.
Mentre gli studi sugli effettivi danni alla salute sono ancora in fase di definizione, molte ricerche già evidenziano che una sovraesposizione a questi elementi porti a gravi disfunzioni del sistema endocrino, con serie conseguenze gravi sul sistema di accrescimento per i bambini e su quello della fertilità in fase adulta. Più complessa sembra invece la loro correlazione con una eventuale maggiore incidenza di tumori. E’ stata invece associata ad una loro alta concentrazione nel sangue la presenza di patologie come diabete, aumento del colesterolo, ipertensione arteriosa, dell’acido urico, colite ulcerosa e malattie della tiroide.
Cristiana Persia