giovedì, Settembre 19, 2024
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No all’abbattimento dei pini a Lido di Savio

È in programma per domani, domenica 25 agosto, dalle 9.30 alle 10.30 sul lungomare di Lido di Savio, la mega manifestazione a salvaguardia dei 61 pini che da 70 anni ombreggiano il viale Romagna, cuore della località balneare in provincia di Ravenna.

La manifestazione, organizzata dai numerosi cittadini associatisi nel locale gruppo “Salviamo i pini a Lido di Savio e Ravenna”, vuole richiamare ancora una volta l’attenzione su un progetto – voluto dal Comune ravennate – che rischia di stravolgere la fisionomia dell’intero centro balneare con ripercussioni gravissime non solo sul paesaggio, ma soprattutto sulla situazione ambientale.

Gli abbattimenti previsti a Lido di Savio fanno parte del progetto denominato “Parco Marittimo”, finanziato con fondi PNRR, che coinvolge, con interventi di differente natura, il litorale Ravennate fino a Casalborsetti. Altri abbattimenti sono previsti nella stessa Ravenna, in via Maggiore.

I pochi residenti e la moltitudine di villeggianti che ogni estate affollano Lido di Savio sono insorti contro la decisione del Comune di Ravenna: nel febbraio scorso è già iniziata una prima fase dei lavori con l’abbattimento di una decina di pini maestosi e ad ottobre dovrebbe riprendere il taglio degli alberi.

Le motivazioni del Comune sono di operare un restyling del celebre viale Romagna, ripristinando interamente il manto stradale, il marciapiedi e la pista ciclabile che, secondo l’amministrazione, è stata eccessivamente danneggiata dalle invadenti radici dei pini in questione. L’alternativa proposta è quella di sostituire i 61 pini cinquantennali con frassini di pochi anni di vita: il che – secondo il Gruppo di cittadini di Lido – provocherebbe un autentico danno ambientale ed economico oltre che estetico.

Lo si è visto con quello che è avvenuto nella parte dove i pini sono già stati sostituiti: tra l’altro i frassini sono stati piantati in giugno, cioè nel periodo peggiore, quando è risaputo anche dai profani che non si piantano alberi in piena estate. Inoltre, si tratta di alberi di appena 2 metri d’altezza, che necessitano comunque di almeno 50 litri d’acqua ogni 2-3 giorni; alberi che nelle attuali condizioni climatiche e senza approvvigionamento idrico adeguato stenteranno a sopravvivere, come è accaduto in molte città italiane dove tali esempi purtroppo sono frequenti.

Il gruppo di liberi cittadini, che si è unito in nome dell’ideale comune del valore che possiede un albero adulto, visto non come un disagio ma come un contributo di valore inestimabile negli ambienti urbani, chiede a grande voce un ripensamento e una rivalutazione del progetto originario, una risistemazione sì del viale e del suo manto stradale, ma mantenendo le alberature esistenti!

Proprio a questo scopo si sono rivolti a Gian Pietro Cantiani, dottore forestale e socio fondatore della Società Italiana di Arboricoltura, forse la massima autorità in materia di studio degli alberi in ambito urbano, tra i maggiori esperti nello studio dell’apparato radicale dei pini, autore di numerosi e importanti progetti per la tutela dei viali alberati storici di pino domestico. Oltre a due eventi pubblici, ai quali è stata invitata tutta la cittadinanza, l’Amministrazione Comunale, le forze politiche e gli enti competenti, dal titolo “Sistemi innovativi per il consolidamento delle radici dei pini e per l’aumento del fattore di sicurezza degli alberi”, è stato organizzato un incontro in Comune con l’assessora ai lavori pubblici Del Conte, proprio per illustrare nel dettaglio le tecniche alternative messe a punto da Cantiani e dal suo gruppo, denominato “Alle radici dell’albero”.

Il metodo proposto, non più sperimentale ma ormai consolidato dopo i successi di Lignano Sabbiadoro (dove il gruppo di Dottori Forestali ha salvato dall’abbattimento 300 pini del litorale), di Roma, e di molte altre realtà italiane, utilizza tecniche innovative che hanno consentito al gruppo di ricevere prestigiosi premi nazionali e internazionali per l’innovazione tecnologica, ed hanno ricevuto il brevetto nel 2022, riconosciuto da 150 Paesi del mondo.

Dopo una verifica di fattibilità degli interventi, il metodo prevede la potatura delle radici laterali esploratrici, la disinfezione dei tagli (per evitare che penetrino funghi e batteri in grado di minare la salute della pianta), la posa in opera di una barriera radicale per evitare nuovamente che le radici si espandono causando i tipici danneggiamenti al manto stradale. Tale tecnica garantisce il mantenimento ottimale del manto stradale per almeno 25 anni.

In caso di rilevata instabilità strutturale le tecniche messe a punto dal gruppo consistono in ancoraggi radicali, che permettono il consolidamento della zolla radicale, e aumentano il fattore di stabilità dell’albero da 1 (in condizioni standard) a 3 (stabilità aumentata grazie all’ancoraggio predisposto).

Tutto ciò permette di conservare numerosi soggetti arborei e salvare gli alberi adulti dall’abbattimento e allo stesso tempo consente il rifacimento dei manti asfaltati e delle pavimentazioni che restituiscono sicurezza ai mezzi e alle persone in transito.

Queste tecniche innovative sono state dettagliatamente illustrate durante l’incontro in comune con l’assessora Del Conte, gli ingegneri e i tecnici che hanno messo mano al progetto, in modo da renderli edotti sulle possibili e valide alternative all’abbattimento, che non può più essere considerata la prima possibilità in materia di gestione del verde urbano.

È stato inoltre chiarito come la messa in opera di tali tecnologie conservative, consenta un notevole risparmio economico, quantificato in una riduzione dei costi (cioè, di soldi pubblici) di cinque volte inferiore rispetto ad abbattimento-rimozione zolla radicale-reimpianto di nuovi alberi-manutenzione di questi con approvvigionamento di acqua costante per i primi 5 anni dall’impianto.

Insomma, i componenti del gruppo cittadino che si oppone al progetto comunale sostengono a spada tratta la soluzione conservativa proposta dal tecnico Cantiani, già applicata con duraturo successo in molte parti d’Italia grazie alle amministrazioni che si prefiggono come obiettivo principale di tutelare quanti più alberi adulti presenti in città, e di ricorrere agli abbattimenti solo come ultima soluzione.

Esattamente il contrario di quanto accade a Ravenna e sul litorale, in cui addirittura si decide l’eliminazione di un intero viale di pini di cinquant’anni come se si trattasse di oggetti d’arredo di cui disfarsi (ripiantandone la metà con alberelli a foglia caduca), e in cui si manomette il viale principale di accesso alla città (via Maggiore), che vanta pini di oltre 70 anni, senza prevedere ripristini, ma solo gettate di cemento.

Sarebbero oltre 50 gli alberi pian piano abbattuti ogni anno in via Maggiore, e i risultati si vedono. Un viale, lo ricordiamo, ad altissima percorrenza: basandosi sui dati ARPAE della stazione di monitoraggio della vicina via Zalamella, si rileva lo sforamento dei valori di PM10 di ben 26 volte da inizio 2024, dove il limite annuale fissato per gli sforamenti è di 35 volte. Inoltre, ad esempio, nella sezione dedicata al rischio calore, per l’area urbana di Ravenna, ARPAE rileva alla data del 10 agosto “un forte “disagio bioclimatico”’, mentre “il disagio persiste da oltre 10 giorni”.

Perché, si chiedono i ravennati, tanta ostinazione da parte del Comune nel perseguire tale progetto soprattutto nel momento in cui la situazione ambientale climatica peggiora di anno in anno?

Il pino domestico, secondo i dati pubblicati dal gruppo di specialisti “Alle radici dell’albero”, produce fino a 20/30 litri di ossigeno al giorno per un esemplare di 50/60 anni di età, mitiga l’effetto “isola di calore” con una diminuzione media compresa fra i 2°e 4° C e, in 30 anni, stocca oltre 5 quintali di CO2, oltre un kg di NO2 (biossido di azoto, molto tossico) e quasi un etto delle temibili polveri finissime PM 2.5, risultando tra gli alberi a più alto grado di assorbimento di tali polveri.

Eppure, tra i capoluoghi più inquinati d’Italia, c’è proprio Ravenna, la città nel cui stemma campeggia da mezzo millennio il pino domestico. Lo testimonia un documento datato 25 agosto 1509: una data simbolica, dunque, il 25 agosto, più che adatta per una manifestazione in grado di ricordare a tutti – e soprattutto all’amministrazione ravennate – che il pino è un simbolo della storia cittadina, che rappresenta forza, accoglienza, prosperità ed eternità. Un pregio ed un valore per la salute, il turismo e il patrimonio millenario di Ravenna e di tutto il suo litorale.

Autore

  • Claudia Lanzillotti

    La passione per la letteratura e la filosofia si accompagna da anni al suo impegno per la salvaguardia ambientale. Da vent'anni volontaria di associazioni animaliste e ambientaliste, l'obiettivo principale cui punta nella vita lavorativa è il giornalismo: un percorso che ha il suo inizio nella collaborazione con mediaquattro.it

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