giovedì, Novembre 21, 2024
Agricoltura

Martina: agricoltura in prima linea contro il caporalato

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“Siamo tornati a Rosarno insieme a istituzioni, sindacati e organizzazioni agricole per ribadire che l’agricoltura è in prima linea contro il caporalato”. Queste le prime dichiarazioni di Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, intervenuto al convegno sull’agricoltura organizzato nell’auditorium del comune in provincia di Reggio Calabria e nel quale ha presentato la nuova legge contro il caporalato approvata la settimana scorsa alla Camera.
“La legge che il Parlamento ha approvato senza voti contrari è un passaggio fondamentale – ha aggiunto il titolare del dicastero dell’agricoltura – Tuteliamo i diritti di migliaia di persone e difendiamo le aziende agricole oneste dalla concorrenza sleale di chi sfrutta i lavoratori. In questi mesi abbiamo fatto scelte concrete per difendere il reddito di chi vive di agricoltura, diminuendo le tasse come mai era stato prima. Con l’abolizione di Imu, Irap e azzerando l’Irpef abbiamo dato un segnale chiaro di sostegno al settore primario. Allo stesso tempo abbiamo aumentato i controlli nei campi del 60% e i risultati iniziano ad essere evidenti. Nel secondo trimestre del 2016 – ha proseguito Martina – abbiamo registrato un aumento di 53mila occupati in agricoltura, con un incremento di 30 milioni di ore lavorate. Numeri che parlano anche della lotta al lavoro nero. E nello stesso solco va la legge contro il caporalato, perché la battaglia per la legalità deve coinvolgere tutti. Questo perché diritti dei lavoratori e difesa del reddito degli agricoltori per noi sono parte della stessa battaglia”.
Tra le novità introdotte nella nuova regolamentazione c’è un inasprimento degli strumenti penali per i caporali, indennizzi per le vittime, rafforzamento della rete del lavoro agricolo di qualità e un piano di interventi per l’accoglienza dei lavoratori agricoli stagionali.
In particolare la legge vuole colpire chiunque recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori – e pure chi utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di caporali, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno – punendo i colpevoli con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

Positivi i commenti sulla nuova legge

“Lo Stato risponde in maniera netta e unita contro il caporalato con questa nuova legge attesa da almeno cinque anni”, aveva sottolineato Martina subito dopo l’approvazione della legge. “ C’è tanto lavoro da fare e una legge da sola non basta, ma la direzione che abbiamo tracciato è inequivocabile. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi”.
I sindacati hanno accolto con favore il nuovo impianto legislativo, commentato così dal segretario generale della Cgil Susanna Camusso: “Finalmente una legge buona e giusta che ci aiuterà nella difesa dei lavoratori italiani e stranieri sfruttati da imprenditori privi di scrupoli o da caporali che lucrano sulla loro povertà”.
Anche il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, non ha nascosto la sua soddisfazione dopo l’approvazione definitiva alla Camera della legge. Un risultato storico, una bella pagina di civiltà e di giustizia, un colpo deciso all’illegalità e al sopruso oltre a un riconoscimento dei diritti dei più deboli” ha dichiarato il titolare del dicastero di Via Flavia.
Preoccupazione è stata invece espressa dal coordinamento tra Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative agroalimentari, che hanno accolto favorevolmente la legge, ma hanno anche fatto notare che si è persa l’occasione di fare un provvedimento più soddisfacente in quanto nel testo della normativa, nella parte in cui si individuano gli indici di sfruttamento del lavoro, non si è operata la dovuta distinzione tra reati gravi e violazioni, anche solo meramente formali, della legislazione e della contrattazione collettiva. Ciò determinerà, secondo il parere delle confederazioni di settore, una totale discrezionalità da parte di chi è deputato all’applicazione della legge, in primis gli ispettori del lavoro e a un secondo livello la stessa magistratura, considerata la mole importante di contenzioso che presumibilmente si andrà a produrre.

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