Le cinque professioni del turismo enogastronomico di domani
Competenze, visione e cultura del territorio: queste le chiavi per liberare il potenziale della filiera agroalimentare italiana
Oltre quattro milioni di persone che ci lavorano, 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, più di 330mila realtà della ristorazione, 230mila punti vendita al dettaglio e oltre 600 miliardi di euro generati: sono questi i numeri della filiera agroalimentare italiana oggi (fonte: Coldiretti).
Una filiera che, con la sua attenzione alla qualità, alla sostenibilità, alla cura del territorio e all’impiego intelligente di nuove tecnologie e metodi tradizionali, spesso tramandati di generazione in generazione, genera un valore aggiunto pari al 15% del Prodotti Interno Lordo (PIL) nazionale (fonte: Confagricoltura).

Non è un caso quindi che proprio oggi, giornata in cui nella serra del Palazzo delle Esposizioni si sono celebrati i 25 anni dalla prima pubblicazione dell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), vogliamo guardare al futuro, riflettendo sulle professioni maggiormente in grado di valorizzarli e di trasformarli in un’esperienza turistica unica e indimenticabile.
Che cosa sono i PAT
I PAT sono prodotti agroalimentari «ottenuti con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni». Prodotti di nicchia e di eccellenza, quindi, indissolubilmente legati a un territorio e alla sua storia, che ne detta le tecniche di produzione.
Questi prodotti sono inclusi in un elenco, istituito presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (MASAF), che viene aggiornato ogni anno o su iniziativa delle Regioni e delle Province autonome o dietro richiesta di soggetti pubblici o privati; da questo elenco nazionale vengono eliminate le denominazioni DOP o IGP che hanno ottenuto la registrazione ai sensi del Regolamento (UE) n. 1151/2012.
Scorrendo questa ricchissima lista, che è suddivisa per Regioni e categorie, si incontrano tanti prodotti tipici della dieta mediterranea, riconosciuta dell’Unesco nel 2010 come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. E son prodotti intorno ai quali ruota, anche, il turismo enogastronomico: uno degli ambiti più dinamici del turismo italiano e un vero e proprio motore dello sviluppo territoriale.
Le cinque professioni del futuro
Secondo Libro bianco “Le professioni del turismo enogastronomico” pubblicato di recente, infatti, le imprese agroalimentari soffrono per la mancanza di un numero adeguato di figure professionali capaci di valorizzare il turismo del gusto e rendere indimenticabile l’esperienza del turista nei luoghi in cui i nostri prodotti tipici vengono coltivati e lavorati.
Una sofferenza tale da costringerle ad aprire le loro porte ai visitatori solo parzialmente, rinunciando in parte a guadagni che, nel complesso, sono stimati in oltre 40 miliardi di euro.
«Il turismo enogastronomico, e più in generale il turismo rurale, rappresentano una frontiera molto importante nello sviluppo delle politiche agricole ed economiche dell’UE», afferma l’On. Dario Nardella, Europarlamentare e coordinatore del gruppo S&D Commissione AGRI, che continua: «L’Italia è una delle mete europee privilegiate per questo tipo di turismo che incrocia la complessità della filiera alimentare e della tutela paesaggistica. Occorrono competenze ed esperienze perché l’offerta sia qualificata e attendibile. Mancano però scuole e centri di alta formazione adeguati e sufficienti per rispondere a questa esigenza. Dunque, le istituzioni sia europee che nazionali devono concentrarsi sulle risorse e gli strumenti da mettere a disposizione per queste finalità».
Cinque i profili-chiave individuati: il product manager, l’hospitaly manager, l’addetto alle visite, il consulente di turismo enogastronomico e il curatore di esperienze enogastronomiche.

Il product manager
La prima figura professionale è quella del product manager per il turismo enogastronomico: una figura chiave da inserire non nelle realtà produttive, ma nelle DMO (Destination Management Organization) o nei consorzi di promozione turistica. A questo professionista sarà affidato il compito di attivare, nel territorio di appartenenza, le connessioni necessarie a sviluppare il prodotto turistico enogastronomico: dovrà, quindi, mettere in rete le imprese, affinché il turista possa sentirsi accolto e coccolato sin da prima del suo arrivo. Ci sono realtà che già si stanno muovendo in questa direzione: esempi di product manager si trovano, infatti, nella DMO della Val di Chiana senese, in Promoturismo FVG, in Trentino Marketing, nel Consorzio del Parmigiano.
L’hospitality manager
Una figura cruciale per lo sviluppo di aziende produttrici come le cantine, i frantoi e i caseifici è l’hospitality manager: una figura che si occupa di pianificare, organizzare e gestire i servizi turistici, dalla promozione verso i mercati nazionali e internazionali al coordinamento del personale, fino alla vendita diretta.
Si tratta di attività che, di fatto, oggi sono svolte direttamente dalla proprietà (nel 73% dei casi, nelle microimprese), con figure spesso impiegate part-time e non dedicate in modo esclusivo al turismo. Anche nelle realtà di dimensioni maggiori prevale la gestione diretta (62% nelle imprese con 1.001–5.000 visitatori annui e 57% in quelle con oltre 5.000), ma cresce la quota di aziende che si affidano a professionisti specializzati: il 43% delle imprese con oltre 5.000 visitatori annui, infatti, ha creato con una Business Unit dedicata, dotata di un proprio manager di riferimento e di un budget specifico.
«L’investimento in questa figura professionale – dichiara Roberta Garibaldi, presidente dell’ Associazione Italiana Turismo Enogastronomico (AITE) – potrà determinare un numero particolarmente alto di assunzioni nei prossimi anni: le intenzioni delle aziende oscillano infatti tra il 33% ed il 71% in base alla loro dimensione. È comunque necessario definire le precise competenze, anche per rafforzare i percorsi formativi collegati».
L’addetto alle visite
A fianco a lui nelle aziende più grandi lavorerà l’addetto alle visite, una figura preposta ad accogliere e accompagnare il visitatore nel corso delle attività turistiche organizzate in azienda agricola. A diretto contatto con l’utente finale, dovrà ascoltare le sue necessità e offrire assistenza personalizzata, illustrando con competenza la realtà produttiva. Sarà anche esperto della cultura e dello stile di vita locale, come delle attrazioni e le proposte del territorio, che presenterà attraverso gli strumenti digitali.
Il consulente di turismo enogastronomico
Il consulente di turismo enogastronomico è un professionista indipendente o un collaboratore di DMO o consorzi chiamato a supportare le imprese nella strutturazione dell’esperienza e nella gestione di tutte le fasi del processo turistico, dal CRM al revenue management alla vendita multicanale. Per l’imprenditore agricolo, con competenze sulla parte produttiva, questa parte può essere più ostica. È una figura innovativa ma che sarà cruciale in un settore che con l’intelligenza artificiale è in profondo cambiamento. Come si ha la consulenza dell’enologo, si può avere la consulenza di un esperto che aiuta ad ottimizzare il processo a chiamata. Trentino marketing e l’ATL delle Langhe hanno già attivato questo tipo di supporto per le proprie imprese.
Il curatore di esperienze enogastronomiche
L’altro profilo fondamentale è quello del curatore di esperienze enogastronomiche. Sarà una figura di supporto alle aziende produttive in momenti chiave delle attività stagionali, come la vendemmia o la raccolta delle olive. I compiti di questo libero professionista sono: l’organizzazione di esperienze enogastronomiche da realizzare quando l’imprenditore e il suo staff sono impegnati in attività produttive; la creazione e la conduzione di itinerari turistici integrati tra realtà produttive o food-tour urbani; l’accompagnamento nelle differenti esperienze enogastronomiche, distinguendosi per la specificità della sua competenza nel settore enogastronomico. In pratica, un ponte tra il turismo stesso e l’enogastronomia: un profilo perfetto per valorizzare il potenziale dei laureati in Scienze Gastronomiche, dei sommelier, degli esperti di formaggi o dei ristoratori.
In un contesto in cui l’Intelligenza Artificiale sta aumentando in modo esponenziale la possibilità di personalizzare le esperienze turistiche, la risorsa umana continuare a giocare un ruolo fondamentale: solo lei è in grado di accogliere, coinvolgere e educare chi desidera scoprire e vivere un territorio attraverso il suo patrimonio enogastronomico.