La grappa all’inseguimento dei giovani consumatori
Dibattito nel quarantennale dell’Alambicco d’Oro: l’innovazione si impone, nonostante i tradizionalisti a oltranza
“E’ necessario rinnovare la Grappa, bisogna proporla in versioni aggiornate che possano imporsi sull’attuale mercato evoluto e piacere ai giovani consumatori”.
“No, la Grappa è la nostra acquavite di bandiera, non dobbiamo stravolgere la tradizione del nostro glorioso distillato di vinaccia! Non macchiamo la sua anima!”
L’annoso dibattito si è ripresentato in occasione della festa della 40° edizione del concorso Alambicco d’Oro, un evento annuale organizzato dall’ANAG (Associazione Nazionale Assaggiatori Grappa) che stavolta ha costretto tutti a constatare quanto profondamente sono cambiate le grappe premiate dalle giurie tecniche dell’ANAG nel corso dei quattro decenni, e a prendere atto del fatto che, in realtà, la Grappa si è sempre evoluta, e che oggi è diversa: la nostra acquavite di bandiera è cambiata nel tempo proprio perché ha seguito i cambiamenti socio-economici della nazione di cui è la bandiera.
Sono state più vivaci le voci degli innovatori, al convegno convocato dall’ANAG per il quarantennale, ospitato il mese scorso dalla festa del vino della Douja d’Or di Asti. Ma è stato emozionante riavvolgere il filo della memoria e ripercorrere il cammino.
Sì, la Grappa è diversa, ma non è solo questione della qualità, che oggi è incomparabilmente più alta rispetto a 40 anni fa: le grappe premiate quest’anno dalla giuria dei degustatori selezionati dall’ANAG sono prodotte da distillatori di alta cultura tecnico-scientifica e sono difficilmente paragonabili a quelle che la giuria dell’ANAG si trovava a giudicare nei primi tempi del concorso, quando – gli anziani se lo ricorderanno – si esaltava ancora “la grappa del contadino”, o la grappa dell’Alpino con la sua retorica delle sorsate trangugiate prima di andare all’assalto per non pensare che si andava a morire ammazzati. La Grappa di oggi fa venir voglia di vivere e godersi la vita, si è femminilizzata e – come testimoniato sempre dai prodotti premiati quest’anno dall’Alambicco d’Oro – offre una gamma molto ampia di raffinati distillati per consumatori esigenti.
Fu una prima svolta importante l’affermarsi della grappa invecchiata, che fu un grande successo nel meridione dove piacque subito la morbida gradevolezza mediterranea che stemperava l’austerità della grappa dell’arco alpino, dove si vantava la primogenitura (in realtà, la distillazione della vinaccia si è sempre fatta in tutte le regioni vinicole d’Italia, fino alla Sicilia e alla Sardegna: ricordate il filu ‘e ferro?).
Un’altra svolta cruciale fu l’adozione di bottiglie artistiche: erano gli anni ’70-’80, e la grappa era in profonda crisi perché sembrava un distillato vecchio e obsoleto. A quel punto, imbottigliarla in vetri bellissimi, di alta qualità artistica, fu un colpo di genio: il prezzo di acquisto della bottiglia di grappa schizzò alle stelle (anche se accadde pure che talora il valore del vetro arrivò a superare quello della grappa che conteneva). Del resto, trattandosi di un prodotto edonistico, la seduzione dell’arte non poteva che essere vincente. Questo è vero ancora oggi: nelle ultime due edizioni del concorso, l’Alambicco d’Oro ha inserito un premio per la categoria “Il vestito della Grappa”, che viene assegnato alla bottiglia più bella selezionata da una giuria di architetti, grafici e giornalisti specializzati.
Al successo e all’evoluzione della Grappa dettero un contributo importantissimo anche gli scienziati enologi: poiché i profumi dell’uva si producono nella buccia, si riuscì ad estrarne il meglio con metodi perfezionati grazie a sperimentazioni di alto livello scientifico nei laboratori di ricerca. E il consumatore se ne accorge benissimo, e apprezzato molto.
L’ultimo sviluppo del mercato della Grappa è tutt’ora in atto, e secondo alcuni sociologi dei consumi è stato accelerato dalla recente pandemia e dalle solitudini cui ha costretto i consumatori, i quali – esclusi dai loro bar preferiti – si sarebbero improvvisati “mixologi” domestici dandosi a creare cocktail di loro invenzione. E ci avrebbero preso gusto, tanto che questa moda perdura.
E la Grappa come si inserisce in questa nuova tendenza? Da qui nasce il riaccendersi del forte dibattito sulla proposta della Grappa come spirito da miscelazione, nel confronto che ha animato il convegno astigiano dell’ANAG. La discussione è già viva, anche perché l’utilizzo della Grappa per produrre cocktail presuppone inevitabili modifiche della sua personalità, a partire dalla necessità di stemperare la tracotanza della sua forza aromatica che tende a sovrastare gli altri componenti della miscela. Si tratta di una svolta epocale nel modo di consumare la Grappa, e già fioriscono svariate iniziative intese a proporre con varie modalità il nostro distillato nazionale come ingrediente da cocktail. C’è anche chi propone di servirla ghiacciata. Purché se ne venda di più…