Il cibo bio è “affare nazionale” in Danimarca
Il governo punta ad una quota del 60% sulle tavole dei danesi. Lanciato un piano pubblico per lo sviluppo dell’”organic food” con l’appoggio dell’industria alimentare. Una ‘mission’ che piace anche agli chef stellati
di Cristina Latessa
Il cibo biologico in Danimarca è una questione nazionale. Già, perché lo sviluppo dell’”organic food” è diventato un target di azione del governo, con tanto di “Organic Action Plan” che ha già portato il Paese a essere leader mondiale del consumo di cibo biologico, con una quota sulle tavole nazionali del 10,5%. E l’obiettivo dichiarato del governo è arrivare a un 60% di consumi bio, grazie anche all’appoggio ricevuto in questa ‘mission’ dalla locale industria alimentare e dai più noti chef danesi. Negli ultimi dieci anni la Danimarca è diventata il Paese gourmet dell’area nordica, con una schiera di chef stellati (26 i ristoranti insigniti del riconoscimento Michelin, per un totale di 31 stelle) che valorizza i prodotti autoctoni tramite le tecniche di cottura tradizionali nordiche.
Come spiega Food Nation, la Federalimentare danese, per accompagnare il Paese in uno sviluppo più sostenibile, si è attivata tutta la filiera alimentare, dai produttori agricoli all’industria, alle big del commercio. Colossi del settore come Carlsberg e Royal Greenland sono in prima linea nel mostrare come si può tendere la mano all’ambiente migliorando i profitti e l’immagine aziendale.
La big della birra ha lanciato il piano “Togheter towards zero” che si propone di arrivare nel 2030 a zero emissioni di anidride carbonica nelle birrerie, al 50% di riduzione di acqua nella produzione di birra, al miglioramento in tutti i mercati di riferimento della cultura che scoraggia la guida irresponsabile per arrivare, di conseguenza, ad azzerare i possibili incidenti sulla strada dovuti allo stato di ebbrezza.
Royal Greenland, colosso del pesce surgelato, opera con la sua flotta nelle acque della costiera groenlandese con lo scopo dichiarato di voler rispettare l’ambiente e sostenere lo sviluppo economico della comunità locale, coinvolgendo anche un migliaio di piccoli pescatori in attività di lavorazione giornaliera. L’azienda – che porta i gamberi d’acqua fredda e l’halibut (pesce piatto e dalla morbida polpa bianca simile a quella del rombo) sulle tavole di tutto il mondo – ha adottato reti speciali che evitano la cattura indiscriminata di pesce, trattenendo solo le specie che interessano.
Anche la lotta allo spreco alimentare è tema sentito dall’industria danese e dalla popolazione in genere. La catena “Too Good to go” ha ideato un’app che consente al consumatore di ordinare a buon prezzo da negozi e grossisti il cibo in eccedenza rimasto invenduto e ritirarlo presso un punto di consegna. L’app antispreco sta avendo un gran successo e il network già opera in nove Paesi, con il programma di sbarcare a breve in Italia. La sensibilità antispreco è molto forte in Danimarca, tanto che dal 2006 i danesi hanno ridotto del 25% gli sprechi di cibo.
L’industria danese, come la nuova cucina nordica esaltata dagli chef danesi, vuole avere i suoi tratti distintivi e per questo è impegnata a ricercare proposte originali, magari ispirate alla tradizione, che possano però catturare il gusto e l’attenzione del consumatore moderno. Così sono nate per esempio le birre Jacobsen invecchiate in botte e chiuse in bottiglie di champagne o la linea di distillati a certificazione biologica lanciata da Henrik Brinks e dalla sua Copenhagen distillery che con nuovi aromi ha rivitalizzato la tradizione dei gin, snaps (grappe) e acquaviti danesi. Nella sua distilleria cittadina, Brinks, avvocato diventato distillatore dopo un viaggio ‘folgoratore’ in Scozia alla ricerca del miglior whisky, organizza anche eventi culturali e gastronomici per ‘spingere’ l’abbinamento dei distillati alle varie portate, e non relegarli a bicchierino fine pasto. La Copenhagen distillery in poco tempo si è conquistata apprezzamento anche all’estero e ora cerca di espandersi in nuovi mercati. “E l’impresa è certamente facilitata – osserva Brinks – dal fatto che la gastronomia danese è ormai guardata con interesse in tutto il mondo”.