Parchi urbani, servizi essenziali per la città
Il covid-19 sta assestando uno scrollone alle fondamenta della nostra società, ci spinge con un’accelerazione mai vista prima verso nuove forme di organizzazione e di convivenza e ci mette di fronte alle contraddizioni del modello di sviluppo nato dalla rivoluzione industriale. Nolenti o volenti stiamo vivendo una fase di trasformazione che si prospetta radicale e l’ambiente sarà uno dei centri focali di questo mutamento.
Un ruolo fondamentale nella salvaguardia dell’ambiente naturale in questi anni è stato svolto dai grandi parchi nazionali che hanno tutelato oltre 1.600.000 ettari di territorio, circa il 5,3% del suolo italiano e importante è stato quello svolto dalle aree verdi, dalle ville storiche e dai parchi urbani. Luoghi di prossimità che permettono una più facile e frequente fruizione da parte dei cittadini e che le restrizioni imposte dalla pandemia hanno reso zone di relax molto più utilizzate che in precedenza.
Per approfondire il ruolo dei parchi urbani durante i lockdown e di quello che potranno avere nella transizione ecologica, ne abbiamo parlato con Maurizio Gubbiotti, il presidente di Roma Natura, ente della Regione Lazio attivo fin dal 1997 per la gestione del sistema delle aree naturali protette nel Comune di Roma che attualmente ha una estensione di circa 16.000 ettari complessivi.
Nei giorni scorsi in occasione della Giornata Mondiale di Azione per il Clima si è svolta una manifestazione nel Parco del Pineto a Roma, gestito da Roma Natura, per la piantumazione di 500 alberature di varia natura. Un’azione importante per l’ambiente e per il clima nata nell’ambito della campagna Inspiring World 2019 della Laudes Foundation e di C&A, un progetto virtuoso di tutela dell’ambiente del Comitato Parchi per Kyoto, costituito da Federparchi – Europarc Italia, Kyoto Club e Legambiente. Il nostro colloquio con Guidotti parte da lì.
La lotta al cambiamento climatico passa anche attraverso tanti apparentemente piccoli passi: è questo il senso della vostra iniziativa di piantare 500 alberature nel Parco del Pineto?
“Si. Per noi è stato un atto molto significativo ed è inserito in una strategia di piantumazione e riforestazione in atto da molto tempo. Ne abbiamo molte altre in programma. Intervento significativo perché i parchi oggi oltre a fare conservazione e protezione della natura e creazione e protezione della biodiversità debbono raccogliere anche le sfide sociali, essere più vicini ai bisogni delle persone, essere più aperti e anche più consapevoli del fatto che le politiche ambientali devono rendere le città sempre più verdi per rispondere alle crisi con le quali ci misuriamo”.
Il presidente Gubbiotti ci introduce così nel tema e non manca uno sguardo globale.
“La crisi climatica e ambientale è più forte per tutti nel mondo non solo nel nostro paese, nella nostra città. Studi internazionali ci dicono che sono centinaia di milioni le persone che sono già diventate profughi ambientali o rischiano di diventarli, persone che perdono tutto nel loro paese perché i mutamenti climatici non permettono più di coltivare o perché gli eventi meteorologici sempre più intensi colpiscono territori già molto fragili – poi prosegue – è una crisi che mette insieme l’ambiente e le questioni sociali, rispetto a questo i parchi non svolgono più solo una azione da polmoni verdi ma diventano dei fornitori di servizi eco-sistemici ai cittadini. Avere aree boscate sempre più grandi in città vuol dire che se c’è un evento meteorologico particolarmente intenso gli alberi aiuteranno a far defluire le acque nella maniera più corretta e diminuiranno gli smottamenti di terreno”. “Al Parco del Pineto – continua Gubbiotti – abbiamo voluto cogliere la disponibilità di aziende che s’impegnano nella lotta ai cambiamenti climatici e grazie alla collaborazione che abbiamo da tempo con le associazioni e i comitati di Valle dell’Inferno, i cittadini che sono in quella porzione di territorio e se ne prendono cura, abbiamo potuto fare la nuova piantumazione”.
Nel vostro modello di gestione i parchi sono centri di aggregazione curati anche da associazioni di cittadini attivi. Cosa serve perché i parchi urbani soddisfino queste nuove esigenze?
“Da parte delle istituzioni ci vuole una convinzione più forte che i parchi oggi rappresentano davvero uno degli elementi centrali per rilanciare un modello di sviluppo sostenibile. I parchi fanno parte di quel patrimonio naturale, di quel capitale naturale che è una delle forze più importanti di questo paese”.
Gubbiotti parla con passione e trasporto. Da sempre impegnato nell’ambientalismo, Legambiente prima, Forum Terzo Settore, Federparchi, poi, in Roma Natura dal 2013 ne è presidente dal 2017. Ambientalista di lungo corso e si sente.
“I nostri parchi hanno due caratteristiche sulle quali bisognerebbe davvero investire di più. L’intreccio tra il loro grande capitale naturale e la presenza di piccoli borghi storici al loro interno. Sono un unicum e il governo centrale, le regioni e i comuni devono crederci di più. Così si trovano le risorse economiche e le persone. Dobbiamo chiedere che chi lavora nei parchi sia sempre più formato in campo ambientale, professionalizzato e anche appassionato. Da quando sono presidente del sistema dei parchi Roma Natura avrò firmato due o trecento protocolli d’intesa con associazioni del territorio proprio perché penso che siano un valore aggiunto. E’ una cosa che funziona benissimo e ci sta potenziando ma le associazioni ci devono credere e mettere risorse”.
I lockdown hanno evidenziato la necessità di spazi aperti fruibili agevolmente dalle persone?
“Assolutamente sì e oggi ancora di più. E’ proprio in questo periodo di sofferenza e di ristrettezze che abbiamo il luogo naturale per riaprire e tornare a un po’ di socialità. Un parco è un’area protetta in cui stai all’aperto, hai un distanziamento abbastanza naturale e puoi governare la fruizione cercando di rispettare tutte le norme anti contagio”.
Da più parti è stato proposto di utilizzare parchi, aree verdi e comunque luoghi all’aperto per riprendere la didattica in un modo sicuro in alternativa o contemporaneamente alla tradizionale in aula. Avete avuto qualche riscontro da parte delle scuole su questa idea?
“Si abbiamo avuto tantissimi riscontri. Come Roma Natura abbiamo lanciato La Scuola nel Bosco per la fascia più piccola già da diversi anni. Da tempo le associazioni realizzano per Roma Natura La Scuola nel Bosco che vuol dire alcuni giorni la didattica dei più piccoli è svolta direttamente in mezzo a parchi, aree boscate, a prati. In questo periodo particolare abbiamo avuto un incremento della richiesta da parte delle scuole. Credo si svilupperà ancora di più quando questa pandemia sarà sotto controllo”.
Voi avete un punto di vista privilegiato. Facendo un grande sforzo e volendo essere ottimisti potremmo dire che la pandemia un effetto positivo l’ha avuto ha risvegliato una nuova e più diffusa consapevolezza dell’ambiente che ci ospita. Secondo voi è così?
“Si si assolutamente si. Ha evidenziato l’insostenibilità di molte delle pratiche che erano in campo prima e contemporaneamente ha aumentato la sensibilità delle persone nei confronti dei temi ambientali. Noi abbiamo avuto grosse presenze. Persone che magari non frequentavano il parco normalmente ma che in questa situazione quando potevano frequentarlo lo facevano quasi fosse una forma liberatoria”.
Il Recovery Plan che annuncia quasi una rivoluzione verde ha il suo fulcro proprio nella transizione ecologica. E’ previsto un ruolo per le aree verdi urbane come quelle che gestisce Roma Natura?
“Si è previsto un ruolo. Però penso che non sia così importante come dovrebbe essere. Dalle prime cose che riusciamo a capire non c’è quell’attenzione che sarebbe giusto avere anche in questo campo. E’ evidente che ci sono risorse che riguarderanno i parchi ma c’è ancora un approccio del governo centrale nei confronti dei parchi che è un po’ scollegato dalla realtà. Non è ancora passato invece il concetto che il rilancio ambientale deve avere uno degli elementi più forti nei parchi urbani e periurbani, questa consapevolezza non c’è ancora”.
Oltre la consapevolezza della politica e quella dei cittadini che in questo momento sono più sensibili a questo tema non più lasciato solo agli esperti, in che modo il sistema dei parchi può trovare la strada per mettersi al centro di questa trasformazione?
“Cercando di essere più protagonisti, mostrando di più le cose che già si fanno e puntando di più sul rapporto con le persone. Uno dei valori di quei protocolli d’intesa con le associazioni sono il fatto che quelle persone diventano più tifose dei parchi. I parchi devono essere più protagonisti, aperti e anche più coraggiosi.” Puntualizza “Bisogna puntare sulla fruizione come elemento centrale. I parchi si sono occupati più della loro protezione che del farli fruire agli altri. Credo che sia una chiave molto importante. Se fai vivere i parchi valorizzi quello che c’è dentro. Ad esempio. Penso che l’agricoltura e la zootecnia nei parchi rappresentino un valore aggiunto e i parchi devono essere capaci di coesistere. Se un agricoltore decide di stare dentro un parco produce rispettando i disciplinari del parco e lo fa in maniera più sostenibile. Ci rimette forse un po’ dal punto di vista della quantità ma ci guadagna nel rapporto con il consumatore e nel posizionamento nel mercato. Questo rapporto non è scontato. Dobbiamo dargli più attenzione”.
Se potessimo riassumere in un flash cosa potremmo dire?
“I parchi per contare di più devono puntare sulla fruizione, valorizzare, aumentare e arricchire i servizi che offrono, aprirsi alle attività che ne aumentino l’utilizzo da parte dei cittadini”.