I fischietti di Rutigliano: una tradizione sospesa nel tempo, tra arte e magia
Un borgo della Puglia custodisce un tesoro fatto di suoni e di colori, frutto di una tradizione artigiana che si perde nel tempo, in cui si mischiano valenze magiche, rituali religiosi e miti popolari.
Rutigliano è cittadina di origine medievale nata intorno ad un castello normanno sulle prime balze delle Murge baresi; non è l’unica della zona, ma è l’unica ad avere una caratteristica molto particolare: cresce su un sottosuolo ricco di un tipo di argilla dalle sfumature rossicce (la «terra rossa») e a questa argilla Rutigliano ha legato la sua fortuna.
Fin da epoca neolitica (parliamo di 8.000 anni fa), infatti, gli abitanti hanno utilizzato questo materiale per creare utensili da fuoco o contenitori per cereali, come testimoniano importanti scavi archeologici nelle necropoli della zona, che hanno restituito contenitori decorati ad impressioni a crudo.
La produzione di vasi, tegami, pignatte, anfore, che dura ancora oggi grazie alle sapienti mani di pochi artigiani che utilizzano fornaci vecchie di secoli, permetteva un fiorente commercio. La cittadina era celebre anche per la cottura di tegole, suppellettili e mattoni maiolicati, come quelli ordinati nel 1279 da Federico II per la cappella del castello di Bari o le maioliche realizzate a metà del 1500 per la cripta della basilica di San Nicola in Bari.
Accanto alla produzione di vasi, tegole, suppellettili e stoviglie di uso domestico, i figuli (dal latino “figulus”, vasaio) di Rutigliano hanno però da sempre prodotto anche degli oggetti molto particolari e misteriosi: dei fischietti. Per quale motivo? Nati come giochi per bambini (i “giocattoli rompitimpani”, si chiamavano), si sono venuti trasformando in raffigurazioni di animali con una simbologia propiziatoria, dalle valenze quasi magiche: il soggetto preferito era il gallo (il più antico trovato, con tanto di zufolo, risale al XIV secolo), tipico simbolo di fecondità tra sacro e profano.
La valenza porta-fortuna di questi oggetti divenne così forte che già nel Medioevo si diffuse l’usanza locale che gli uomini regalassero proprio un “gallo fischietto” alle loro donne, come pegno d’amore, nel giorno della festa di Sant’Antonio Abate. E fu a questo punto che la produzione dei fischietti, con relativa festa, venne associata alla celebrazione del santo, che si commemora il 17 gennaio. Un santo legato alla cultura contadina perché – raccontano a Rutigliano – si prendeva cura degli animali domestici ed era a lui attribuito il potere di scacciare il Maligno (imprigionato nel maialino che si vede spesso ai suoi piedi): per tali capacità i contadini, gli artigiani, il mondo rurale, iniziarono a legare a lui la propria devozione.
Un’altra ragione per cui la festa del fischietto si celebra proprio il giorno di Sant’Antonio Abate è che, sin da epoca medievale, essa ha sempre coinciso con l’inizio del Carnevale, giorno in cui diventava lecito sovvertire l’ordine costituito e rovesciare i ruoli, fino a poter sbeffeggiare i “padroni”, i potenti, l’autorità costituita: e lo facevano (lo fanno ancora) attraverso i fischietti, realizzati con le fattezze dell’arciprete, del podestà (oggi del sindaco), delle “forze dell’ordine”, strumenti per eccellenza attraverso cui prendersi gioco di loro.
Trentacinque anni fa, poi, la tradizionale festa del fischietto venne “rafforzata” istituendo la “Fiera del fischietto”: un evento molto particolare, che consiste nell’esporre per le vie di Rutigliano i prodotti dei pochi artigiani rimasti che realizzano sì ancora padelle e pentole in terracotta, ma soprattutto creano coloratissimi fischietti rappresentanti personaggi diversi e spesso attuali (un po’ come la fiera di Santa Lucia dei pupi del presepe o delle statuette di terracotta a Lecce, o come la fiera dei pupi del presepe di San Gregorio Armeno a Napoli).
Ma soprattutto alla fiera si è abbinato il “Concorso nazionale del fischietto in terracotta”, una competizione artistica, unica nel suo genere in Italia, che vede la partecipazione di tanti artisti italiani della terracotta, e che premia i fischietti più belli. L’edizione 2024, che aveva come tema “R-Accogliere: Ponti di dialogo”, ha visto la partecipazione di 30 concorrenti provenienti da diverse regioni italiane. Erano previsti anche alcuni riconoscimenti speciali: il “Fischietto Giovane” (selezionato tra le opere di autori under 30), il “Fischietto Satirico” (il fischietto più ironico), e il “Fischietto Popolare” (scelto dai visitatori della mostra attraverso una regolare votazione).
Tutte le opere vincitrici di questo concorso e dei concorsi precedenti vanno ad arricchire l’esposizione del “Museo civico del Fischietto in terracotta”, un’altra istituzione correlata all’evento avviata nel 2004 ed ospitata nel “Palazzo San Domenico”, ex convento cinquecentesco. Sono oltre 700 i fischietti esposti, tutti fotografati e catalogati.
Dal 2003 i fischietti realizzati dagli artigiani di Rutigliano hanno anche ottenuto il marchio di riconoscimento De.Co. (Denominazione Comunale di Origine) per la tutela e la valorizzazione di un’arte profondamente radicata nella storia di questa città.
Ma soprattutto, di recente accanto al Museo Civico è sorto un altro Museo: il Museo a Cielo Aperto, che porta fuori dalle botteghe questa antichissima tradizione e per collocarla nel cuore della città. Ne è nata Galloforie, una mappa in cui ad ogni pezzo esposto è abbinata una storia, per viaggiare nel tempo e immergersi in una delle tradizioni più suggestive della Puglia.
Autore
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Nata nell’81, dopo la laurea magistrale conseguita con lode e un dottorato di ricerca su sviluppo territoriale, turismo, sostenibilità e valorizzazione dei prodotti tipici delle filiere agroalimentari e artigianali, si è specializzata in Social media management. Esperta di comunicazione istituzionale, relazioni pubbliche e comunicazione di sostenibilità, attualmente svolge la sua attività al CIHEAM, l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari.
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