Giornata Mondiale dell’Ambiente. Intervista a Enrico Giovannini
Negli occhi e nella memoria abbiamo ancora le immagini straordinarie della natura che si riprende gli spazi sottratti dall’uomo. Le frenetiche attività digitali di questi mesi di quarantena hanno moltiplicato l’impatto di video e foto che ci mostravano città, luoghi, località e ambiente come mai visti prima. Se dovessimo raccontare il lockdown con immagini queste avrebbero un ruolo da protagonista insieme a quelle arrivate dagli ospedali. La natura recuperava il terreno che l’umanità era costretta a cedere sotto l’impatto del coronavirus. Come dimenticare l’erba cresciuta tra le fessure dei sampietrini di piazza Navona a Roma libera dal calpestio e dal passaggio delle auto? La natura ci ha mostrato la sua potente resilienza.
Il 5 giugno di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU il 15 dicembre 1972. La data fu scelta per ricordare la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente tenuta a Stoccolma dal 5 al 16 giugno del 1972. Proprio in quella occasione venne adottata la Dichiarazione di Stoccolma che definì i 26 principi sui diritti e le responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente. La Giornata si celebra dal 1974, ogni volta con una impostazione diversa, lo slogan della prima edizione fu “Only One Earth”, quest’anno è “Time For Nature”. Lo scopo della Giornata è far crescere la consapevolezza globale dei cittadini sui temi legati alla natura e influire sui governi, le istituzioni, la società civile e sulle persone perché sviluppino azioni concrete per arrestare e invertire la tendenza.
Per approfondire l’argomento ne abbiamo parlato con il professor Enrico Giovannini, economista e accademico con prestigiosi incarichi in università internazionali e nazionali, che ha ricoperto ruoli determinanti in autorevoli istituzioni tra cui l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), è stato presidente dell’ISTAT, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nel Governo Letta e oggi è impegnato nella Task Force di esperti per la fase 2 nominata dal Governo Conte. Nel 2016 ha fondato l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS,) per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitarli allo scopo di realizzarne gli obiettivi.
Nonostante i molti impegni il professor Giovannini trova il tempo e volentieri si presta al nostro colloquio. Grazie anche alla tecnologia che ci mette in relazione, cominciamo.
Sempre più spesso sentiamo parlare di sviluppo sostenibile ma con un lampo sintetico, cosa s’intende?
“E’ quello sviluppo che consente alla generazione attuale di soddisfare i propri bisogni senza pregiudicare il fatto che le generazioni successive possano fare altrettanto. Fondamentalmente è un tema di giustizia tra generazioni che poi si declina nelle dimensioni economiche, sociali, ambientali e istituzionali, i quattro pilastri dell’Agenda 2030 firmata da tutti i paesi del mondo nel settembre del 2015. Con l’Agenda 2030 si supera definitivamente l’idea che la sostenibilità sia un problema unicamente ambientale, anche se naturalmente la componente ambientale è molto rilevante, ma che l’instabilità e l’insostenibilità di un processo di sviluppo possa derivare anche da problemi economici, sociali o addirittura istituzionali”. Il nostro interlocutore ci introduce così nell’argomento.
Possiamo considerare lo sviluppo sostenibile come un presupposto della salvaguardia ambientale?
“La ricomprende in qualche modo. Tutto si basa sull’idea che lo sviluppo si fondi su quattro forme di capitale; il capitale economico, il capitale umano, il capitale sociale e naturalmente il capitale naturale. Se una generazione passa alla generazione successiva una dotazione di capitale depauperata è chiaro che continuando così lo sviluppo è impossibile e appunto insostenibile” più nello specifico “In questo senso l’attualità del capitale naturale è una condizione assolutamente rilevante ma la stessa cosa è se le infrastrutture non vengono adeguate, il capitale umano in termini di competenze non viene continuamente aggiornato e accresciuto e se la mancanza di capitale sociale, quindi relazioni positive tra i diversi membri della società e determinano il blocco della società stessa, la perdita della fiducia. La dimensione ambientale è assolutamente fondamentale per la nozione di sviluppo sostenibile insieme alle altre”.
Il professore parla con calma e intensità, traspare la passione per quello che fa.
Celebriamo la Giornata Mondiale della Terra, queste ricorrenze sono utili?
“Certamente si! Ce ne sono tante, dobbiamo dirlo, quasi ogni giorno ormai è la giornata di qualcosa. Per la dimensione ambientale ce n’è più di una come è giusto che sia. C’è la giornata mondiale dell’ambiente ma poi c’è la giornata dell’acqua, la giornata della terra, insomma è evidente che cercare di far crescere l’attenzione alle questioni ambientali è non solo indispensabile ma richiede ancora tanto lavoro culturale“ prosegue “Come Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ci stiamo battendo perché la ripartenza economica, quindi le politiche che stimolano la ripresa economica, non siano realizzate all’insegna dei vecchi paradigmi del tipo, lasciateci le mani libere poi dopo all’ambiente ci penseremo, come in qualche modo è stato fatto dopo la crisi del 2008/2009 e come alcuni hanno sostenuto anche nelle settimane scorse. Per fortuna da questo punto di vista sia la politica europea che la politica italiana sembrano invece orientate a tenere la barra dritta” poi approfondisce “Anche il nuovo fondo Next Generation EU dice chiaramente che le direttrici verso cui può essere investito sono digitalizzazione, innovazione, green new deal, formazione del capitale umano e le parole resilienza, sostenibilità e equità sono al centro della road map approvata dal Consiglio Europeo. Il Presidente del Consiglio italiano e il Ministro dell’Economia hanno confermato in recenti interventi su diversi media che anche l’Italia vuole andare verso questa direzione”.
Pandemia, lockdown, le ripercussioni sul’economia, sul lavoro, una crisi dai contorni incerti, emergenze sanitarie e sociali, rischiano di mettere in secondo ordine i temi legati all’ambiente?
“Il rischio c’è ma rispetto all’inizio della crisi vedo dei segnali di maggiore attenzione. Come ASVIS abbiamo fatto un’analisi sugli oltre cento indicatori che utilizziamo per misurare la dinamica italiana, europea e delle regioni per l’attuazione dell’Agenda 2030. L’analisi mostra chiaramente che la crisi non fa bene allo sviluppo sostenibile perché colpisce gli obiettivi 1 sulla povertà, 3 sulla salute, 4 sull’istruzione, 8 e 9 sull’occupazione, le imprese, l’innovazione. Spetta a tutti spingere per politiche innovative e non semplicemente la ripetizione dell’aiuto all’imprese pur che sia per mantenere l’occupazione o per creare nuova occupazione in settori ormai morti dal punto di vista delle prospettive future. Questa è la partita che si sta giocando ed è complessa e non è detto che sia vinta. Poiché i fondi sono disponibili e l’Europa vincola la loro destinazione proprio alla trasformazione ecologica del modello di sviluppo, sono più ottimista rispetto all’inizio della crisi”.
Papa Francesco ci ha richiamato ”Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla” ha detto. Forse insieme alla ricostruzione quello che sembra necessario è anche una rigenerazione ma ci vogliono grandi investimenti economici e una trasformazione radicale. C’è la possibilità di questa svolta, vede consapevolezza nella classe dirigente italiana?
“Vedo una maggiore consapevolezza ma non sufficiente. Basta vedere la discussione che è partita sui possibili e più o meno fantasiosi utilizzo dei fondi europei “ continua “Molte persone anche in posizione di potere e di responsabilità sono state formate nel vecchio paradigma, quello della crescita che poi avrebbe risolto sia le disuguaglianze che i danni ambientali, cosa che non è avvenuta, naturalmente” continua “Non a caso quando nel 1972 fu presentato il rapporto del Club di Roma sui limiti alla crescita, da parte dell’establishment economico e politico si disse ma no il sistema è in grado di aggiustarsi attraverso l’innovazione e l’evoluzione dei prezzi relativi, quindi che problema c’è? Ecco purtroppo non è andata così. Il modo in cui è stata insegnata e come è stata interpretata l’economia negli ultimi quarant’anni è stato un modo assolutamente sbagliato. Una visione neoliberista estrema su questi aspetti ha fatto si che si desse fiducia al mercato in modo eccessivo, mercato che ha dimostrato da un lato certamente di fornire e di produrre risultati molto importanti, abbiamo tirato fuori dalla povertà assoluta miliardi di persone con la globalizzazione, dall’altro i problemi di ambiente e di disuguaglianza che non sono stati risolti”
Ci sono segnali che qualcosa si stia muovendo, c’è un aumento della coscienza ambientale?
“Si non c’è dubbio. Sia l’enciclica di papa Francesco “Laudato si” di cui celebriamo il quinto anniversario in questi giorni, sia il movimento dei giovani Fridays For Future hanno cambiato molto significativamente la percezione collettiva e la necessità di affrontare i problemi. Un passo avanti importante nell’opinione pubblica. Però serve una reazione più forte da parte della politica perché una parte, almeno, è ancora ferma”.
Innovazione, digitalizzazione, sviluppo, termini che evocano un cambiamento e che stanno diventando comuni, fanno vedere aspetti che a volte lasciano un po’ interdetti. Pensa che ci debba essere una riflessione su quanto si può fare?
“Il mondo evolve ed è straordinariamente evoluto nel corso dei secoli, dei millenni grazie all’innovazione e pensare di poter fermare l’innovazione sarebbe come uccidere lo spirito umano” dice il professor Giovannini con decisione “Questo non vuol dire però che non sia possibile gestire questa innovazione in modo più giusto da un punto di vista sia ambientale che sociale. Come Commissione Globale sul Futuro del Lavoro dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, l’anno scorso abbiamo pubblicato un rapporto nel quale diciamo che bisogna introdurre negli ordinamenti giuridici il concetto di diritto soggettivo alla formazione permanente quindi non semplicemente politiche in questa direzione ma un vero e proprio diritto soggettivo esigibile. Cosa che per esempio è stata introdotta in alcuni contratti collettivi anche in Italia. Poi, però, bisogna passare dalle parole ai fatti anche in questo caso”.
Andiamo verso la conclusione.
Per celebrare nel nostro micro personale la Giornata Mondiale dell’Ambiente c’è un’azione concreta che ognuno di noi può fare per l’occasione?
“Beh ci sono tante associazioni ambientaliste che suggeriscono di ricordarci di più dell’ambiente magari attraverso il risparmio energetico, quello dell’acqua, di carburanti andando a piedi piuttosto che usando la macchina” poi Giovannini precisa “Se ne possono fare molte ma credo che in questo momento storico la riflessione più importante che possiamo realizzare noi come individui e come società è ricordare in modo permanente il fatto che anche questa crisi, questa pandemia, deriva in gran parte da una distruzione dell’ambiente, dalla distruzione degli ecosistemi, da un’eccessiva contiguità tra ambienti e dunque c’è bisogno di questa presa di coscienza per non dimenticare”.
Il tempo è corso via veloce, ci sarebbero ancora molte cose di cui parlare ma li lasciamo argomenti per una prossima occasione.