Frutta e verdura più cari, ma non per i produttori
La Cia commenta i dati diffusi dall’Istat: sui campi le quotazioni restano non remunerative e spesso non coprono neanche i costi di produzione. Urgente trasferire la tendenza positiva dei prezzi al consumo sulle fasi a monte della filiera.
A incidere sul carrello della spesa di settembre sono soprattutto i prezzi di verdura e frutta fresca (rispettivamente +13,5% e +5% tendenziale). Ma gli agricoltori non traggono alcun vantaggio da questa “fiammata” dei prezzi al consumo, perché sui campi le quotazioni restano “a terra” tanto che sempre più spesso non si riescono neppure a coprire i costi di produzione. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati sull’inflazione diffusi oggi dall’Istat.
Con l’aumento dei prodotti alimentari (+1,5% su base annua) si allontana lo spettro della deflazione, che per tanto tempo ha relegato l’economia italiana in un angusto spazio in cui la domanda interna si è tradotta in un calo costante e verticale dei consumi, a partire da quelli essenziali come il cibo -evidenzia la Cia-. Una crescita equilibrata dei prezzi può derivare innanzitutto da un ritrovato potere d’acquisto delle famiglie.
Accanto a questo, però, è urgente che la tendenza positiva dei prezzi alimentari sia velocemente trasferita sulle fasi a monte della filiera. Sono sempre di più i casi e i settori in cui le aziende agricole con le loro vendite non riescono a remunerare i costi di produzione. Solo nel secondo trimestre dell’anno, infatti, i prezzi dei prodotti venduti dagli agricoltori hanno perso oltre il 4% del loro valore rispetto a inizio 2015, con un crollo drastico proprio per l’ortofrutta (-11%). Ecco perché -conclude la Cia- ora è necessario mettere in campo iniziative e strumenti necessari a trasformare in reddito i segnali di ripresa che giungono dai prezzi al consumo.