giovedì, Novembre 21, 2024
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Frutta e verdura: anche se “brutta”, perché sprecarla?

di Gianluca De Angelis

Una nuova analisi del Boston Consulting Group (BCG) ha fatto emergere come lo spreco di cibo globale potrebbe incrementare di più del 30% entro il 2030, se non si riuscisse a prendere iniziative per contenerlo entro tempi brevi. Parlarne in questi termini, facendo previsioni vaghe, però, non ha molto significato se non si citano immediatamente nell’analisi le cifre che riescono a dare un quadro immediato e definito della drammatica situazione. Stiamo parlando, infatti, di più di 2.1 miliardi di tonnellate di cibo che verranno gettate via o, in caso di alimenti naturali, si deperiranno: la quantità, esattamente, ammonterebbe all’inimmaginabile cifra di 66 tonnellate al secondo.

Ma, al momento, a quanto ammonta lo spreco di cibo? Ogni anno la popolazione mondiale butta via 1.6 miliardi di tonnellate di derrate alimentari, ovvero l’equivalente di 1.2 triliardi di dollari: nonostante la progressiva consapevolezza generale della situazione, tuttavia, le iniziative per ridurre gli sprechi non stanno facendo affatto progressi significativi in merito. Le iniziative, anzi, rimangono isolate e frammentarie, e non riescono a dare una risposta efficace che riesca a contenere anche in minima parte la magnitudo del problema.

Dopotutto, con la progressiva industrializzazione globale, il problema tenderà ad aumentare di pari passo diventando sempre più significativo, come ha fatto notare anche Shalini Unnikrishnan, direttore generale del BCG.

Un’altra analisi strettamente interconnessa alla prima che potrebbe dare un’idea ancora più chiara della situazione (pubblicata questa volta sul Journal of Cleaner Production) proviene dall’Università di Edimburgo e riguarda uno degli sprechi di cibo più impressionanti in assoluto: stiamo parlando delle 50 milioni di tonnellate di frutta e di verdura che vengono gettate in Europa, oltre un terzo della produzione complessiva di frutta e verdura europea.

Ma qual è la causa di questo grosso spreco? Semplicemente, esse non raggiungono gli scaffali dei supermercati perché non corrispondono ai criteri estetici richiesti dai regolamenti europei e dagli standard fissati dalla grande distribuzione. La conseguenza, chiaramente, è la necessità per gli agricoltori con un contratto di fornitura con i supermercati di coltivare più cibo, calcolando automaticamente la percentuale che non sarà ritenuta idonea.

La soluzione sarebbe in realtà semplice, anche se non altrettanto semplice da raggiungere: diffondere una maggiore consapevolezza su queste tematiche nei consumatori, che potrebbero quindi essi stessi incoraggiare la vendita di verdura e frutta “brutta” (magari in forma lavorata o spezzettata). Ridurre questo tipo di spreco è un passo fondamentale per intraprendere poi altri step successivi che potrebbero poi ridurre in maniera netta lo spreco di cibo generale. E questo non è certo un capriccio di fronte al problema della fame nel mondo, ma una necessità.

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