Fine dell’era del petrolio. Legambiente lancia il Green Act che serve all’Italia.
I carichi inquinanti dell’anidride carbonica e la scarsità della risorsa petrolio hanno di fatto imposto a tutta la comunità internazionale di procedere velocemente ad una drastica conversione del proprio sistema di approvvigionamento energetico per evitare la catastrofe ambientale globale. Anche l’Italia è chiamata ad adeguarsi a questo processo di cambiamento e deve farlo molto in fretta: i protocolli firmati il 23 ottobre dello scorso anno a Parigi impongono infatti a tutti i Paesi Ue di ridurre di almeno il 40% le emissioni di Co2 entro il 2030. Coefficiente che viene ripartito a livello nazionale e che ha una natura giuridica vincolante. Il non raggiungimento di tali limiti farà scattare automaticamente le sanzioni.
Un obiettivo che si presenta di difficile esecuzione ma che per un Paese come il nostro, in cui il petrolio ha sempre inciso in maniera profondamente negativa su ogni voce di conto della bilancia commerciale, si presenta come una sfida che potrebbe trasformarsi in una vera occasione e rimettere in moto la nostra economia, con la creazione di nuove filiere e nuovi posti di lavoro.
Un proposito che è stato fatto proprio dal Premier Matteo Renzi, il quale all’inizio di quest’anno comunicava con un Tweet la volontà del Governo di promulgare nel 2015 il Green Act, cioè un insieme di normative in grado di riformare profondamente il settore ambiente.
Quell’annuncio è stato accolto favorevolmente da Legambiente che, per focalizzare l’attenzione di tutti sulle tematiche ritenute più importanti in questo settore, ha elaborato un rapporto estremamente dettagliato: “Il Green Act che serve all’Italia”, presentato oggi a Roma in una affollata conferenza a cui hanno preso parte numerosissimi esponenti del mondo politico, sindacale, professionale ed associativo.
Undici i temi trattati: fiscalità ambientale, città, bonifiche, energia, rifiuti, mobilità nuova, trasporti, dissesto idrogeologico, natura, turismo, fondi strutturali, con altrettante proposte di strumenti operativi utili a sanare le distorsioni o a creare possibili occasioni di rilancio per lo sviluppo economico del Paese.
Il proposito centrale di Legambiente è stato quello di creare i presupposti per una condivisione e un confronto su questi temi con il Governo, anche attraverso un coordinamento fra i vari soggetti interessati, (erano infatti presenti i rappresentanti di molte sigle sindacali: Paolo Acciai, per Filca Cisl, Riccardo Sanna per CGIL, Maurizio Marcelli per FIOM, oltre a Gaetano Maccaferri, vice presidente di Confindustria).
Un chiaro appello alla concertazione che è stato fatto proprio immediatamente dal Sottosegretario alla Presidenza Graziano Del Rio, che ha ribadito la chiara volontà del Governo di istaurare per il Green Act – come già è stato fatto per la scuola – un confronto che sia il più ampio possibile.
Le norme a protezione dell’ambiente – ha sottolineato il Sottosegretario – non devono più essere percepite come antagoniste al comparto produttivo, ma devono configurarsi come pilastri a fondamento di un’economia innovativa, più stabile e duratura. Essenziale per ottenere questo obiettivo anche il coordinamento con quanto già in cantiere a Montecitorio, oltre a garantire il massimo dell’incisività ai provvedimenti che costituiranno il futuro dell’Ambiente in Italia. Questo per non cadere in quello che Del Rio ha definito un vero e proprio “vizio” italiano: quello di legiferare su alcune problematiche con decreti multipli, spesso sovrapponibili con quanto fatto in passato, senza poi provvedere mai ad alcun monitoraggio su una loro effettiva applicazione.
D’altra parte, come ricordato dal Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, è ormai tempo che l’Italia affronti le tematiche di questo settore, svincolandosi il più possibile da quella logica dell’urgenza che ha condizionato tutte le politiche del passato. Un’occasione storica quella che può essere offerta dal Green Act, con cui si potrà strutturare una pianificazione dell’Italia che parta da una visione futura: “dobbiamo immaginare come saranno le nostre città, la nostra economia nel 2030 per poter intervenire correttamente oggi” ha sottolineato il Ministro, magari aggiornando e ridefinendo i piani d’intervento ogni tre anni per essere certi di mantenere in asse l’obiettivo finale.
Saranno infatti solo tre – ha ricordato il Ministro Galletti – gli elementi che nel futuro creeranno la differenziazione fra i Paesi più avanzati. La loro capacità innovativa, frutto di adeguati investimenti nel campo della Ricerca; l’istruzione e la formazione professionale raggiunta dalla popolazione del Paese e le politiche ambientali adottate per la conservazione e la rigenerazione del suo territorio.
Sull’importanza dell’assoluta urgenza della tutela del Paesaggio, inteso come elemento identificativo ed identificante del territorio nazionale, è intervenuta anche il Sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali, Ilaria Borletti Buitoni. Una materia che il Sottosegretario auspica ritorni ad essere di esclusiva competenza statale, superando le deleghe concesse agli enti locali che, oltre a creare confusione ed incertezza normativa ( quello che è valido in una Provincia non è valido in un’altra) hanno di fatto strutturato per il nostro Paese un tasso di abusivismo edilizio che non ha confronti con nessun altro Stato europeo.
Come ricordato dal Presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, il prossimo Green Act deve riuscire a formulare una normativa in grado di aggredire i problemi ambientali irrisolti lasciati in eredità dalla logica industriale del ‘900 e nello stesso tempo a veicolare una nuova consapevolezza culturale che veda nel recupero, nella conservazione, nella valorizzazione e in un nuovo modo di utilizzo del territorio gli elementi fondamentali per un futuro più prospero, sostenibile e in grado di offrire una migliore qualità di vita per tutti.