Figli d’arte o nuovi imprenditori?
Per tutte le imprese prima o poi arriva il momento del passaggio generazionale. E se per il commercio e l’industria si assiste sempre più al “salto” da parte dei figli, anche l’agricoltura non è più un “affare di famiglia”. Se in campagna un tempo ci si nasceva e il mestiere si ereditava dai genitori, oggi cresce sempre di più il numero di chi sceglie la vita nei campi pur provenendo da esperienze e formazioni diverse. Ed è così che delle 158 mila aziende “under 4o” presenti in Italia, il 39 per cento è guidato da ”new entry” del settore, che hanno deciso di scommettere sull’agricoltura pur non essendo “figli d’arte”. Uno su tre ha una laurea in tasca e solo il 43 per cento ha studiato Agraria . Questi i risultati di un sondaggio effettuato sul territorio nazionale dall’Agia, l’associazione dei Giovani Imprenditori della Cia, come ci racconta il presidente Luca Brunelli.
Alla base del fenomeno per cui giovani laureati o professionisti di altri settori che decidono di mollar tutto e cambiar vita si dedicano all’agricoltura, ci sono vari fattori. Quasi il 45 % degli imprenditori “young” decide di investire nel settore dopo esperienze negative nei comparti più vicini alla propria preparazione. Il 33 per cento dichiara di aver scelto l’agricoltura più per la qualità della vita in campagna che per le reali prospettive offerte dal settore. Mentre il restante 22 per cento è stato coinvolto nella scelta da amici e conoscenti con cui ha poi cominciato l’esperienza lavorativa in azienda. Un fenomeno che inItalia sta avendo spazio solo negli ultimi anni, ma che nel resto d’Europa può dirsi ormai consolidato. Anche se, come fa notare Matteo Bartolini, da poco nominato presidente del Consiglio europeo dei giovani agricoltori (un italiano!) differenze sostanziali ancora esistono e si fatica a trovare una linea comune per lo sviluppo agricolo all’interno dell’Ue.