Favorire l’aggregazione fra le cooperative dell’agroalimentare
In Italia sono ancora “tante e piccole”, in totale 4.722, con un fatturato di 35 miliardi di euro, un quarto di tutto il settore nazionale. La cooperazione francese raggiunge 86 miliardi, più della metà del totale del paese, con solo 2.600 aziende, rappresentative di tutte le filiere. Un comparto che nel nostro Paese può ancora crescere. L’Europa dovrebbe incentivare le aggregazioni
Italia e Francia sono ancora troppo distanti in fatto di cooperazione agroalimentare: quelle italiane sono ancora “tante e piccole” e hanno bisogno più che mai di “crescere e stare insieme per poter lavorare meglio e diventare utili e distintive”, come ha ben sintetizzato Giovanni Luppi, in rappresentanza della Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, nel corso della tavola rotonda conclusiva di una due giorni di studi internazionali organizzate dall’Accademia dei Georgofili e da Agrinsieme sulla cooperazione agroalimentare.
Nel corso dell’iniziativa, alla quale hanno preso parte accademici e imprenditori italiani e francesi, è emerso come la Francia, con 2.600 cooperative, si collochi al sesto posto per reddito prodotto dalle cooperative, pari a 86 miliardi di euro (oltre il 55% del totale francese), mentre l’Italia solo al 13°.
In Francia un brand alimentare su 3 è cooperativo. Tra il 1995 e il 2015 le cooperative francesi sono diminuite come numero ma hanno accresciuto il loro peso economico. Una specificità francese nella costituzione di cooperative è inoltre la circoscrizione territoriale definita per statuto, per creare e rafforzare i legami sociali. Altra caratteristica è la eterogeneità: sono cioè presenti in tutte le filiere.
In Italia le cooperative agroalimentari sono 4.722 (fonte: Osservatorio della cooperazione, 2016) e hanno una dimensione media di 7,4 milioni di euro di fatturato. Complessivamente fatturano 34,8 miliardi di euro (pari a più di un terzo del valore dell’agroalimentare italiano). Le filiere più rappresentative sono le carni (9,2 miliardi), l’ortofrutta (8,4), il lattiero-caseario (6,4) e il vino (4,3).
Che la cooperazione agroalimentare sia un modello che ha dimostrato negli anni di essere uno strumento virtuoso è stato evidenziato dai vari interventi delle organizzazioni aderenti ad Agrinsieme. La vice Presidente della Cia Cinzia Pagni ha sottolineato come “tanta vulnerabilità del comparto produttivo italiano risieda proprio nella scarsa propensione ad aggregarsi. Le nostre aziende hanno necessità di rafforzarsi per poter vivere in uno scenario economico sempre più competitivo: la cooperazione è in grado in tal senso di dare buone risposte ai nostri produttori, ma occorre una coesione territoriale e un patto tra i diversi attori di filiera”. Anche il presidente di Copagri Franco Verrascina ha ricordato che “il modello cooperativo ha saputo evolversi senza perdere affatto il suo spirito delle origini ed oggi è in grado di dare risposte ancora valide alla principale criticità che ci troviamo ad affrontare, ossia quella di garantire una giusta ed equa redditività agli agricoltori”.
Sulla scia delle tre case history italiane presentate, Terre dell’Etruria, Granarolo e Cantina Mezzacorona, il coordinatore di Agrinsieme Giorgio Mercuri ha evidenziato come la cooperazione sia “uno strumento in cui il produttore era e resta protagonista”, uno strumento “che ha dimostrato di sapersi evolversi, catalizzando attività innovative e mantenendo un approccio di tipo territoriale, in virtù del forte legame che la cooperativa intrattiene con i propri soci”.
“Stante la validità del modello cooperativo, in Italia come in Francia e in tanti altri paesi europei – ha concluso Mercuri – non abbiamo bisogno che vengano creati altri strumenti giuridici per rappresentare il produttore”. E sulla necessità di “ragionare su cosa si può fare per rafforzare la cooperazione”, ha evidenziato come sia quanto mai opportuno che “l’Europa incentivi sempre di più lo strumento cooperativo”. È quanto mai opportuno, ha concluso, “operare una revisione della attuale Pac, orientandola in maniera da poter dare risposte concrete e opportunità di crescita alle aziende, anche a quelle grandi, perché solo così le aziende possono essere davvero stimolate a mettersi insieme. Perché se cresce la cooperazione agroalimentare, cresce l’agricoltura, come era ben sintetizzato nel titolo del convegno dell’Accademia”.
Gli accademici Alessandro Pacciani e Daniela Toccaceli hanno sottolineato come “dal convegno sono emersi due Stati con tipologie organizzative diverse ma entrambi fortemente tesi ad innovare il modello cooperativo, utilizzando gli strumenti della PAC. I numeri in Italia e Francia sono molto diversi ma il modello cooperativo risulta vincente e quindi meritevole di essere sostenuto ed incentivato dalle scelte politiche”.